Io c'ero

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

(Differenze fra le revisioni)
(ALESSANDRO GHIANDAI)
(ALESSANDRO GHIANDAI)
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Leggendolo ho ripercorso idealmente quei giorni. Mia figlia, 14 anni, dopo averlo letto mi ha fatto un sacco di domande su quei giorni e ha portato l’impresa dell’Apollo 11 come tesina all’esame di terza media. Paree poco... visto che alcuni anni
Leggendolo ho ripercorso idealmente quei giorni. Mia figlia, 14 anni, dopo averlo letto mi ha fatto un sacco di domande su quei giorni e ha portato l’impresa dell’Apollo 11 come tesina all’esame di terza media. Paree poco... visto che alcuni anni
fa, dopo averla stressata da buon padre astrofilo, mi aveva detto queste precise parole: “Babbo, ma che palle queste stelle…”
fa, dopo averla stressata da buon padre astrofilo, mi aveva detto queste precise parole: “Babbo, ma che palle queste stelle…”
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==RENZO DEL ROSSO==
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Ero poco più che dodicenne ma avevo seguito l’astronautica sin dai primi suoi passi, da quando cominciai a leggere e scrivere e mi facevo spiegare da mio nonno come facevano ad andare nello spazio.
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La sera della discesa del Lem ero solo in casa con mio fratello (più piccolo di me) in quanto mia madre era stata ricoverata d’urgenza in ospedale e mio padre era con lei. Mi ero ripromesso di seguire tutta la diretta ma non ce la feci. Dopo che ebbero toccato il suolo lunare (mitico il battibecco fra Ruggero Orlando e Tito Stagno sull’istante dell’allunaggio!) seguii ancora per un po’ la trasmissione poi il sonno mi prese e andai a letto, convinto di svegliarmi presto per seguire i primi passi sulla Luna. Non ce la feci. Mi svegliai la mattina (o meglio mi svegliò mio padre che mi tranquillizzò sulle condizioni della mamma) e corsi davanti alla televisione dove seppi che gli astronauti erano scesi sulla Luna ed erano rientrati sul Lem per riposare.
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E mi guardai le registrazioni che mandarono in onda in seguito.
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Ci fu una cosa che allora mi colpì. Se non ricordo male fu una frase di Tito Stagno che diceva che i rischi all’atterraggio erano non
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solo di rompere una zampa del Lem su una roccia ma di non trovare una zona piana perché sarebbero bastati pochi gradi di pendenza per impedire il decollo.
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Mi rimase impressa perché al momento avevo in mente la luna, pur avendo visto molte foto delle sonde Ranger e Surveyor, come un luogo pieno di crateri e molto scosceso per cui mi chiesi dove avrebbero potuto atterrare.
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Ero un bambino, che, a quei tempi, come molti altri, sognava da grande di fare l’astronauta.
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Versione delle 13:27, 21 lug 2019

IO C'ERO

Image:Orma_luna.jpg Speciale 2019

Indice

GIANCARLO FAGIOLI

Questa è la Luna del 20 luglio 1969, immagine ripresa da Stellarium.



Un'immagine realizzata da Via del Chiasso, a Pistoia, usando un telescopio (si fa per dire) auto costruito. Lo foto fu scattata tra le 21 e le 22, poco prima che la Luna tramontasse dietro i monti di Sarripoli. Alla TV era in onda la diretta condotta da Tito Stagno . Per pochi minuti ancora la Luna sarebbe stata un luogo inesplorato

Giancarlo Fagioli ha anche raccolto le prime pagine dei giornali dell'epoca. La copertina



GIORGIO BIANCIARDI

Io, quattordicenne, ero andato a letto dopo l’allunaggio (ma quando escono…? le ore passavano…), lasciando mio padre a vegliare davanti alla tele.

Alle 5 e qualcosa del mattino, mio padre mi butta giù dal letto: “sono sbarcati!” – mi dice mio padre, eccitato. Mi alzo rincoglionito dal sonno e vedo quelle immagini sfumate in un bianco nero bruttissimo e la mia domanda scema “ma che sono, cartoni animati?”, e, mio padre “no, no, sono loro…”. “E perché non mi hai svegliato prima?” (erano già in due gli astronauti sulla superficie lunare e si vedeva uno dei due che balzellava a mo’ di canguro) - brontolo a mio padre - ero già un adolescente rompi balle evidentemente. Rimango lì, affascinato fino al rientro sul LEM e poi mi guardo in registrata - che dettero subito dopo - tutte e due le ore di passeggiata lunare. Indimenticabili immagini.

Ecco un link, che fa rivivere gli ultimi 15 minuti (l'ho intenzionalmente messo al quarto minuto per saltare la parte introduttiva del filmato e focalizzare su quegli ultimi momenti).

Meno di un minuto di carburante, impossibilitati a tornare indietro, o atterravano o non sarebbero più rientrati, il computer di bordo che mandava segnali di allarme privi di senso, il battito del cuore del "freddo" Neil Armstrong che batteva a 130 al minuto, le continue interruzioni di trasmissione.. ma ce la fecero.

https://www.youtube.com/watch?v=xc1SzgGhMKc&feature=youtu.be&t=253


PASQUA GANDOLFI

Quella notte feci da sentinella.

Faceva caldo; la città, ancora sconosciuta per me, vista dall’alto era silenziosa.

Mio marito e due ospiti, la sorella e un’amica fraterna, cedettero al sonno, con l’intesa che li avrei svegliati. E li svegliai al momento opportuno.

Insieme guardammo quelle immagini da un altro mondo. (Ho ancora alcuni giornali: Epoca, L’Europeo). Avevo 22 anni.

Da bambina uscivo di corsa da casa per guardare il treno che sbuffava vapore in fondo al viottolo di campagna.

Sono arrivata a vedere l’uomo sulla Luna, ed ero giovane, e ne ho viste in seguito di cose…

Seguivamo da tempo gli eventi lunari. Con un cannocchiale molto semplice, (che poi si ruppe) a volte la sera guardavamo la Luna, facendo sporgere lo strumento dal tettuccio apribile della gloriosa 500, spesso dagli argini del Po. Comprammo in seguito un poster della Luna su cui mettevamo le bandierine, come facevano i militari durante le grandi battaglie.

Continuammo a seguire le partenze delle missioni con emozione, quasi in atteggiamento di spinta, con il pensiero che partiva insieme con quei mostri urlanti. Intorno a noi è cresciuta una certa indifferenza, ma io guardo ancora le partenze dei veicoli spaziali con emozione, e gli astronauti sono ancora degli eroi.



EMILIANO RICCI

Posso dire: “Io c’ero”. Avevo poco più di 5 anni e dormito tutto il pomeriggio per passare la nottata alla televisionE (ero già esaltato per l’astronomia!).

Ero in vacanza al mare a Ischia, ricordo nitidamente il luogo, la disposizione dei mobili della sala, le persone che erano con me (mio padre, un mio zio paterno, il mio nonno materno), tutti esaltatissimi per questa grande avventura umana. Persino gli odori provenienti dall’orto, che entravano dalla porta finestra della terrazza (eravamo al primo piano). Aperta per il caldo e per non far addensare troppo le emozioni. Io giocherellavo con una barchetta di plastica e dei soldatini (ricordo anche i colori di quella barchetta!), e intanto ascoltavo e guardavo e cercavo di capire, e chiedevo spiegazioni ai grandi.

Io, bambino, più che la divertente disputa fra Tito Stagno e Ruggero Orlando su chi avesse udito per primo il contatto del LEM con il suolo lunare, avrò sempre impresso negli occhi quello schermo bombato, con gli spigoli stondati, che mi mostrava Armstrong fare quel suo “piccolo passo”... che in un certo senso tracciò anche il mio successivo percorso formativo. E quel giorno era il 21 luglio.

Per tutti noi italiani, fu quello il giorno trascorso a parlare e discutere e a ripensare e a riguardare quell’unico telegiornale che ci mostrava fantastiche immagini di un mondo lontano, diventato incredibilmente vicinissimo. Per me la Luna è legata indissolubilmente al 21 luglio. Data che credo sia ormai nell’immaginario collettivo di tutti gli europei.




MARCO DONATI

Avevo solo 4 anni ma rimangono ancora nella mia mentele immagini della discesa del LEM e la telecronaca di Tito Stagno. Non posso ricordare se mi riferisco alla diretta oppure alle repliche,comunque rimasi senz’altro colpito in qualche maniera molto profonda dalle immagini dei crateri in avvicinamento.

Evidentemente già a quell’età nella mia mente covava la passione per lo spazio e per l’astronomia.

Pochi anni dopo avrei seguito con sempre maggior interesse i telefilm di spazio 1999, la missione del Mariner 10 su Mercurio e quelle dei Viking su Marte con le trasmissioni di Mino D’Amato e Carl Sagan.



ALDO PUCCIARELLI

Diciassettenne, fu per me una cosa che non ho mai cancellato dalla memoria. Strabiliante il cronista della RAI, Tito Stagno, che si cozzava con l’altro cronista italiano, Ruggero Orlando. Quest’ultimo sosteneva che gli astronauti americani Erano in compagnia, non erano soli… in realtà si capì dopo che si parlava di un mezzo meccanico mandato sulla Luna dai Sovietici… La cosa detta in diretta metteva comunque ansia, ma, poi, chiarito il tutto, l’affascinante visione dell’allunaggio, e la famosa frase: “hanno toccato…”


ALESSANDRO GHIANDAI

Per un quasi-adolescente (avrei compiuto 10 anni il 23 luglio 1969) appassionato di razzi e stelle l’impresa dell’Apollo 11 (ed ancor prima quella dell’Apollo 8 nel dicembre 1968) furono una esplosione di emozioni che difficilmente avrei poi vissuto nel prosieguo degli anni.

I ritagli di giornale (originali) che ancora gelosamente conservo stanno ancora a ricordarmi quella serata che avrei passato nella casa di campagna da amici di famiglia: la preparazione all’evento (nel pomeriggio partirono non so quanti razzi di carta dal centro spaziale allestito in giardino ....), la lunga attesa, la diretta, la lotta con la stanchezza poi vinta dall’evolversi degli eventi. Un giorno, per dirla alla Homer Simpson, MIIITICO!!!!

Un solo dubbio non sono riuscito ancora a dissipare: ma negli intervalli della diretta la RAI trasmetteva gli episodi della serie americana “Ai confini della realtà” oppure è un mio abbaglio??

Comunque per chi c’era ed ha vissuto l’evento con gli occhi di adolescente la settimana dell’Apollo 11 ha segnato molte vite... Ho avuto occasioni per ritornare a quei giorni.

Due libri: il primo, scritto da un giornalista inglese, ripercorre l’epopea dell’Apollo attraverso le vicissitudini di chi ha raggiunto la Luna e ne è tornato indietro cambiato... si intitola “Polvere di Luna” di A. Smith (2006) molto bello perchè contestualizzato a quanto avveniva nella società dell’epoca. E vi assicuro che astronauti sani da lassù ne sono tornati pochi... il secondo è un racconto di uno scrittore italiano, all’epoca dei fatti adolescente, che ripercorre la settimana dell’Apollo “miscelando” sapientemente i suoi ricordi (i protagonisti sono adolescenti) e inserendoli in un storia “noir” che è anche uno spaccato dell’Italia rurale dell’epoca.

Il titolo del libro è “Quell’estate di sangue e di Luna” di Eraldo Baldini.

Leggendolo ho ripercorso idealmente quei giorni. Mia figlia, 14 anni, dopo averlo letto mi ha fatto un sacco di domande su quei giorni e ha portato l’impresa dell’Apollo 11 come tesina all’esame di terza media. Paree poco... visto che alcuni anni fa, dopo averla stressata da buon padre astrofilo, mi aveva detto queste precise parole: “Babbo, ma che palle queste stelle…”



RENZO DEL ROSSO

Ero poco più che dodicenne ma avevo seguito l’astronautica sin dai primi suoi passi, da quando cominciai a leggere e scrivere e mi facevo spiegare da mio nonno come facevano ad andare nello spazio.

La sera della discesa del Lem ero solo in casa con mio fratello (più piccolo di me) in quanto mia madre era stata ricoverata d’urgenza in ospedale e mio padre era con lei. Mi ero ripromesso di seguire tutta la diretta ma non ce la feci. Dopo che ebbero toccato il suolo lunare (mitico il battibecco fra Ruggero Orlando e Tito Stagno sull’istante dell’allunaggio!) seguii ancora per un po’ la trasmissione poi il sonno mi prese e andai a letto, convinto di svegliarmi presto per seguire i primi passi sulla Luna. Non ce la feci. Mi svegliai la mattina (o meglio mi svegliò mio padre che mi tranquillizzò sulle condizioni della mamma) e corsi davanti alla televisione dove seppi che gli astronauti erano scesi sulla Luna ed erano rientrati sul Lem per riposare.

E mi guardai le registrazioni che mandarono in onda in seguito.

Ci fu una cosa che allora mi colpì. Se non ricordo male fu una frase di Tito Stagno che diceva che i rischi all’atterraggio erano non solo di rompere una zampa del Lem su una roccia ma di non trovare una zona piana perché sarebbero bastati pochi gradi di pendenza per impedire il decollo.

Mi rimase impressa perché al momento avevo in mente la luna, pur avendo visto molte foto delle sonde Ranger e Surveyor, come un luogo pieno di crateri e molto scosceso per cui mi chiesi dove avrebbero potuto atterrare.

Ero un bambino, che, a quei tempi, come molti altri, sognava da grande di fare l’astronauta.



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