“Ma è vero che non siamo mai
andati sulla Luna, che è tutto un inganno?”
Questa è una domanda che viene rivolta spesso
agli astrofili in occasione di serate o osservazioni
pubbliche, e vengono spesso citate a supporto trasmissioni
televisive che si occupano di misteri.
In questo tipo di spettacoli televisivi di
solito si vuol far credere al pubblico che i misteri rimangono tali perché “il sistema”
ci vuole tenere all’oscuro di qualcosa di molto grave
(esistenza degli UFO, degli ectoplasmi, macchine del
tempo, porte inter-dimensionali, cure miracolose per
le malattie, sbarchi sulla Luna mai avvenuti o avvenuti
addirituttura negli anni ’30 …) – e spesso si dà voce
a oscuri paladini della verità che si battono da anni
perché “la gente deve sapere” ...
Sullo
specifico dello sbarco sulla Luna, è difficile sintetizzare
meglio i termini del problema di quanto non abbia fatto
Piero Bianucci in un suo breve saggio compreso nel libro
“Il Piccolo Cielo”, che riportiamo parzialmente nel
seguito.
Ringraziamo
a tal proposito l’editore Simonelli per
la gentile autorizzazione.
“Sì. L’abbiamo
fatto.”
Il
18 febbraio 2001 la Nasa emise un comunicato dal titolo
“Yes, we did”, sì l’abbiamo fatto.
Era
la risposta a un documentario mandato in onda dalla
Fox Network in cui si sosteneva che lo sbarco sulla
Luna in realtà non sarebbe mai avvenuto.
I
passi esitanti di Armstrong e Aldrin nel Mare della
Tranquillità, visti in diretta tv da 600 milioni di
persone il 20 luglio 1969, sarebbero stati soltanto
una truffa organizzata dai servizi segreti per dare
prestigio agli Stati Uniti in anni di guerra fredda
con l’Unione Sovietica.
Le
prove?
Ombre
e riflessi contradditori nelle fotografie degli astronauti,
la mancanza di un cratere prodotto dalla discesa del
modulo lunare, incongruenza nelle immagini in cui si
vede la polvere sollevata dalle ruote del fuoristrada
in dotazione agli astronauti delle missioni Apollo 15,
16 e 17, stranezze nella linea dell’orizzonte, che risulterebbe
sempre più o meno uguale, come se si trattasse di un
set cinematografico.
Del
resto Kubrik non aveva appena finito di girare “2001:
Odissea nello spazio”?
Un
film famoso come “Capricorn One” non racconta la storia
di un falso del tutto simile, cambiando soltanto la
Luna con Marte?
E
poi come potevano gli astronauti cavarsela con i rudimentali
computer della fine degli Anni 60, rispetto ai quali
i nostri portatili sono cento volte più potenti?
Perché
negli ultimi trent’anni nessuno è più sbarcato sulla
Luna?
Appena terminato il documentario, i centralini
della Nasa furono assediati da migliaia di telefonate
di cittadini americani indignati, increduli, dubbiosi.
Gente che voleva chiarimenti. Gente che desiderava essere
rassicurata. Gente che insultava. E la Nasa decise di
controbattere punto per punto. Dopo un lungo silenzio:
perché i dubbi sulla conquista della Luna risalgono
già ai primi Anni 70 e negli ultimi tempi si sono moltiplicati
i siti Internet dove le fotografie delle missioni Apollo
sono sottoposte ad analisi minuziose per dimostrare
che si tratta di falsificazioni.
Un caposaldo della storia è la pubblicazione di un
libro dal titolo “Non siamo mai andati sulla Luna”.
Negli Stati Uniti uscì intorno al 1985, in Italia è
arrivato nel 1998.
L’autore
è Bill Kaysing, un ex dipendente della Rocketdyne Research,
di cui curò le pubblicazioni tecniche fino all’inizio
degli Anni 60, quando fu licenziato per la sua inaffidabilità.
Da allora Kaysing è stato mosso da un solo desiderio:
screditare quel mondo che lo aveva allontanato, un atteggiamento
divenuto a poco a poco maniacale. Paradossalmente, è
lui stesso a dichiarare il proprio pregiudizio fin dalle
prime pagine, dove scrive: “Non ho mai guardato nessuno
degli allunaggi, né ho mai prestato attenzione alle
presentazioni stampate sui giornali e trasmesse dagli
altri mezzi di informazione”; e poi ancora: “Sembrava
che in qualche modo, avessi percepito che il programma
Apollo era diventato una farsa colossale e che nessuno
stava lasciando la Terra per andare sulla Luna, certamente
non nel luglio 1969. Premonizione, intuizione, telepatia
inconscia, informazione attraverso qualche misterioso
ed oscuro canale di comunicazione … Ma in breve divenne
una vera convinzione”.
La
tesi di Kaysing ha avuto qualche successo, se è vero
che i dollari ricavati dal libro gli hanno quanto meno
permesso di far fronte alla disoccupazione e che parecchi
sembrano disposti a credergli (il 14% degli americani,
secondo i dati riportati sulla copertina del libro).
Non
dobbiamo stupirci troppo. Esistono ancora persone che
negano la realtà storica dello sterminio degli ebrei
da parte del nazismo e considerano falsi fotografici
le immagini dei forni crematori e dei mucchi di cadaveri.
Non solo: il mondo è pieno di leggende metropolitane
secondo cui ragazze morte fanno l’autostop o Elvis Presley
sarebbe ancora vivo.
[…
omissis ...]
…
è possibile conservare il segreto su una simulazione
così colossale? La risposta è quasi certamente no. Al
programma Apollo collaborarono 500.000 persone tra scienziati
e tecnici a vari livelli. Sappiamo quanto sia difficile
mantenere un segreto anche soltanto tra due fratelli,
tra marito e moglie o tra fidanzati. Figuriamoci tra
mezzo milione di persone: se anche fossero stati al
corrente della simulazione solo gli astronauti coinvolti,
alcuni dirigenti della Cia, i vertici della Casa Bianca
e i vertici della Nasa, l’inganno sarebbe già stato
noto a decine di persone e in poche settimane – “da
amico fidato ad amico fidato”, come scriveva il Manzoni
– sarebbe diventato il segreto di Pulcinella,
Se
poi si fosse riusciti a mantenere il segreto intorno
alla simulazione del primo sbarco sulla Luna, perché
rischiare simulando altri cinque sbarchi, più la missione
Apollo 13, che fallì per un guasto al serbatoio della
capsula spaziale? Ad ogni replica della sceneggiata
(l’ultimo sbarco è del dicembre 1972) il pericolo di
essere smascherati sarebbe aumentato enormemente. D’altra
parte, è pensabile che la Cia, dopo aver falsificato
tutto così bene, sbagli proprio la cosa più facile,
cioè le ombre delle fotografie di Armstrong sulla Luna?
Ancora: non solo gli astronauti salivano nell’astronave
in cima al razzo Saturno 5, decollavano e tornavano
al suolo davanti a decine di migliaia di persone, ma
durante la prima missione di sbarco sulla Luna era in
orbita attorno al nostro satellite anche una navicella
sovietica senza equipaggio, che documentò l’impresa
americana.
Nel
1990, al tramonto dell’impero sovietico, Vassily P.
Michine, che diresse il programma russo per la conquista
della Luna, spiegò in un libro perché, dopo aver visto
il successo degli Stati Uniti, il Cremino rinunciò alla
conquista lunare.
Il
libro di Vassily Michine, non disponibile in Italia
ma tradotto in francese, documenta come gli scienziati
russi seguissero passo dopo passo il Progetto Apollo,
del quale conoscevano e verificavano ogni minimo particolare.
E’ facile immaginare quale straordinaria arma propagandistica
sarebbe stata per Mosca smascherare la “bugia” degli
avversari.
E
infine non dimentichiamo che i segnali radiotelevisivi
delle varie missioni Apollo venivano captati puntando
le antenne paraboliche verso la Luna. Per ottenere questo
risultato, la Cia avrebbe dovuto inviare sul nostro
satellite una stazione trasmittente con tutti i nastri
audio e video preregistrati, e poi dalla Terra telecomandare
la puntuale messa in onda, con una perfetta sincronia
fra le frasi che arrivavano di lassù e le frasi che
invece venivano dal Centro di controllo di Houston in
Texas.
Più
semplice mandare gli astronauti …