I veri abitanti della Luna

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

Riportiamo fedelmente un paragrafo, dal titolo "I veri abitanti della Luna" tratto dal libro "Chi vive sulle stelle?" a firma di Desiderius Papp. La copia in nostro possesso è edita da Bompiani, è la II edizione, ed è datata 1934. Difficile stabilire chi fu Desiderius Papp, non ci sono notizie in rete e i pochi accenni fanno riferimento a siti web di fantascienza o di astrobiologia "border line". Sappiamo che Papp scriveva in tedesco (sono riportati crediti al prof. A. Treves per la traduzione dal tedesco) e che scrisse anche, nella stessa collana, il libro "Avvenire e fine del mondo".



"La luna è un astro senz'aria e senz'acqua, un mondo irrigidito da gran tempo nel sonno della morte: tale è la sentenza che la scienza odierna pronunzia sulla fedele compagna della Terra. Ma noi non possiamo accettare del tutto questa sentenza, poiché non mancano indizi capaci di gettare il dubbio sulla sua esattezza. Già la testimonianza della Terra, quei microbi che per il loro processo vitale non hanno bisogno né dell'acqua né dell'aria, parlano contro la concezione che il mondo lunare, quand'anche sia totalmente privo di acqua e di aria, debba mancare di ogni organismo vivente.

Senza alcun dubbio la Luna (su ciò gli astronomi sono concordi, tranne qualche scarsa eccezione) è figlia della Terra. Quando il nostro globo era ancora liquido e incandescente, e viveva la sua prima giovinezza, dal suo corpo si staccò una massa e fu scagliata nello spazio. Quella massa, più tardi, prese forma d'una sfera, e fu la luna. Il giovane satellite, costretto dalla legge di gravità a girare attorno alla Terra, in tempi remotissimi possedeva acqua e aria, come la Terra. In conseguenza della sua massa assai più piccola, non poté però trattenere molto a lungo l'atmosfera che l'avvolgeva, e quest' atmosfera svanì a poco a poco nel vuoto spazio cosmico. Con essa svaporò anche l'acqua.

La vita che un giorno, come sulla nostra Terra, fioriva rigogliosa anche nel mondo lunare, perdette i più importanti elementi della sua nutrizione e cominciò a deperire. Si svolse una disperata lotta per l'esistenza: piante ed animali (nella loro struttura e nelle loro forme affini ai terrestri) si batterono per l'ultima goccia del liquido vivificante, in un mondo che di giorno si inaridiva per il torrido calore e di notte si irrigidiva in freddi siberiani. L'atmosfera lunare non poteva più offrire agli abitanti del nostro satellite gli elementi necessari alla vita.

Inimmaginabili scene d' orrore debbono avere accompagnata l'agonia di milioni di creature viventi, in quel mondo infernale condannato alla morte. Indescrivibile deve essere stata l'atrocità di quella immensa lotta mortale. Gli organismi superiori andarono perduti senza rimedio. Fra gli animali e le piante inferiori, quelli che non poterono adattarsi in tempo alle nuove parche condizioni di vita, perirono miseramente. Perciò la luna diventò un mondo silenzioso, un'enorme tomba dei suoi antichi abitatori.

Se un giorno una spedizione di scienziati terrestri approderà sulla luna, vi troverà i documenti di quella vita scomparsa. Gli scheletri fossili di mille esseri diversi, simili a creature favolose, daranno certezza della vita spenta di cui la luna è diventata l'enorme bara cosmica. Eppure, l'argenteo satellite è qualcosa di più d'un semplice cimitero d'un'antica vita, errante per lo spazio. Piccoli resti del perduto tesoro d'acqua e d'aria possono essere rimasti nell'interno dei crateri o nelle basse pianure. Per quanto esigui, questi residui bastano a conservare una modesta vita vegetale e animale di organismi inferiori. Gli attuali abitanti della luna, rari inquilini d'un astro morente, sono esseri viventi per meta senz' aria, aventi sede nelle superficie interne dei crateri. Il celebre astronomo americano W. H. Pickering, che frugò centinaia di volte con forti telescopi i dintorni del grande cratere di Eratostene, fu più volte testimonio oculare di enigmatici avvenimenti, che rendono verosimile l'ipotesi che vi sia ancora vita sulla luna. Quello strano cratere, nel cui orlo potrebbero trovar posto parecchie città della grandezza di Londra, si trova a sud degli Appennini lunari, dell'enorme naso dell' « uomo della luna ». Nell'interno del cratere, lo scienziato americano vide un singolare giuoco d’ombre, che dapprima non riuscì a spiegare.

Non prestava quasi fede ai suoi occhi: oscure macchie di tutte le forme possibili guizzavano sul fondo del cratere, senza mai varcare il roccioso muro di cinta dell'immenso burrone. Queste vaganti macchie d'ombra erano così spettrali, che Pickering le scambiò per un'illusione dei suoi occhi troppo affaticati. Attese con impazienza la notte successiva e quasi non poté dominare la sua emozione quando, pieno di curiosità, guardò di nuovo, col telescopio, nella gola del cratere, per constatare se le misteriose ombre si mostrassero di nuovo. Passarono ore di tormentosa aspettazione. Ad un tratto, le macchie nere comparvero sul suolo del cratere, proprio come la notte precedente: guizzarono nell'interno della cinta, poi, a lenti passi, con cautela, tornarono indietro nella direzione opposta. A partire da quella notte, Pickering vide ancora spesso le ombre vaganti. Negli spazii profondi, nel gigantesco antro del cratere lunare Eratostene, il cielo dava ad un abitante della Terra un misterioso segno che questi, dapprima, non seppe interpretare! Che erano quelle ombre che, in fondo al cratere, si movevano quelle notti? Semplice giuoco di luce e di tenebre, prodotto dalle ombre delle rocce che nella sera lunare a poco a poco si allungavano? Non poteva darsi che fosse così, altrimenti le ombre, ad ogni rivoluzione della Luna, avrebbero dovuto mostrare la stessa forma e serbare la stessa posizione, senza variare costantemente davanti agli occhi dello scienziato, come qui avveniva. Il vagare delle macchie d'ombra doveva avere un'altra causa. Ciò che l' Americano aveva visto per tante notti col suo telescopio poteva benissimo essere l' ombra di creature moventisi nell'interno del cratere d'Eratostene in gruppi grossi e fitti, al sorgere del Sole. La probabile soluzione dell' enigma fu presto trovata: nell'interno del cratere, grossi sciami di esseri simili ad insetti debbono muoversi, volare. Le macchie spostantisi lentamente sono le ombre dei gruppi d'insetti volanti,che non abbandonano mai il cratere perché nel fondo di esso si debbono ancora trovare piccoli resti d'aria e di umidità. Quando il Sole levante comincia a riscaldare il suolo della luna, quelle minuscole creature guizzano fuori dalle loro uova e iniziano in grandi schiere il loro viaggio di scoperta nel cratere nativo, in cerca di aria e di acqua. Quando poi scende la notte lunare, si irrigidiscono in una specie di sonno di morte, finché i primi raggi solari, vincendo il gelo notturno, le richiamano a nuova vita. Senza dubbio questa spiegazione delle strane macchie del cratere Eratostene è tanto semplice quanto convincente. Resta dubbio se quegli esseri i cui sciami svolazzano entro il cratere nella luce solare abbiano forma d'insetti simili o almeno affini ai terrestri. Si potrebbe pure ammettere che fossero schiere di creature simili ad uccelli, che, diversamente dagli uccelli terrestri, non avessero un calore interno e fossero soggetti ai cambiamenti delle temperature. Dopo la giornata lunare cadrebbero in torpore, per risorgere alla nuova aurora. Comunque sia, certo è che questi abitanti della Luna sono creature volanti, modesti animali viventi in un mondo che agonizza per vecchiaia. Creature, la cui esistenza (che forse si limita ad una danza quasi inconsapevole) scorre, dall'alba al tramonto, in un ritmo sempre uniforme, press'a poco come l'esistenza di certi minuscoIi esseri terrestri che si addormentano sul loro granello di polvere quando manca loro la necessaria gocciolina d'acqua e risuscitano solo sotto la vivificante influenza dell'umidità. Vi sono anche piante sulla Luna? Non è cosa impossibile. E’ lecito supporre che accanto alle creaturine animali ora descritte sussistano vegetali di organizzazione affine. Numerose osservazioni confermano questa ipotesi. Già l'astronomo di Monaco, Gruithuisen, le cui notevoli scoperte destarono a suo tempo grande emozione, fece la sorprendente constatazione che il fondo di numerose pianure lunari mostra, nel corso del giorno lunare lungo quanto 14 dei nostri, enigmatiche variazioni di colore. Subito dopo il levar del Sole, queste vaste superficie emergono tutte bianche dalle tenebre notturne. Di mano in mano che il Sole monta in cielo, diventano più scure; il Ioro colore trapassa dal grigio chiaro ad un grigio scuro che spesso ha una sfumatura di verde. A mezzogiorno, i raggi solari illuminano una superficie del tutto scura, che, sopratutto nelle regioni equatoriali della luna, si avvicina al nero profondo. Questo singolare giuoco di colori fu osservato più tardi da altri astronomi, come Schmiek, Ebert e Klein: molte e molte volte. Ma l'americano Pickering, sotto il chiaro limpido cielo dell'osservatorio di Arequipa nel Perù, potè osservare con maggiore esattezza il misterioso fenomeno e trovarne la spiegazione. Anche stavolta, il graduale oscuramento della superficie lunare non poteva essere soltanto effetto dell'ombra gettata da oggetti bassi: perché appariva più evidente quando, a mezzogiorno, il Sole stava più alto sulla regione osservata, ossia in un momento in cui gli oggetti non gettano ombra.



La causa della variazione di colore doveva piuttosto trovarsi in un reale mutamento del suolo lunare. Ciò posto, si offriva naturale la soluzione dell'enigma: si tratta di piante che, dopo il sorgere del Sole, sotto il bacio vivificante dei raggi sbocciano dall'avaro suolo, e fino al tramonto, si godono il calore e la luce. La loro fioritura raggiunge il sommo nelle ore meridiane; perciò, in queste ore, il suolo lunare appare più oscuro all'osservatore terrestre che lo guarda col telescopio. Quando il giorno declina e il Sole s'appressa all'orizzonte, il breve spettacolo di vita finisce e le piante cominciano a morire. La gelida notte appresta loro una fredda tomba. Quando spunta l'alba, il paesaggio senza piante emerge chiaro, e allorchè cominciano a spuntare le erbe si fa oscuro. E come se l'alternarsi delle stagioni si compisse sulla luna nel corso di un giorno e di una notte lunare.

Il mattino lunare è la primavera di quel nostro satellite, e col suo mite calore desta dal loro sonno di morte gli abitanti animali e vegetali di quel mondo: il mezzogiorno lunare apporta, col suo calore, l'estate. Allora le piante, adattate ad una temperatura torrida, possono prosperare bene, e in fondo al cratere gli sciami degli esseri volanti iniziano le loro migrazioni. Con la sera lunare sopraggiunge l'autunno; fa più freddo, i raggi solari perdono la loro forza, il tappeto di piante comincia ad avvizzire presentendo il gelido soffio che a poco a poco si avvicina, e le volanti creature che hanno sede nel cratere si paralizzano. Con la notte lunare irrompe l'inverno e tutti gli esseri s'immergono nelle fredde tenebre e si addormentano. Primavera, estate e autunno, tutto ciò, in quel mondo non terrestre, si svolge nel breve spazio di 14 giorni terrestri, e poi cede il posto ad un mortale inverno, che dura anch'esso 14 giorni. Tale é la vita nella luna: un breve svolazzare di insetti o di animali simili ad uccelli nella luce solare, un rapide fiorire di piante analoghe al muschio o alle alghe, finché le tenebre, col loro gelido soffio tombale, mettono rapido termine al breve gioco della vita!"

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