Il cielo dei navigatori - Note 2

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

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Versione delle 14:12, 28 nov 2010

Indice

Dicembre


Dicembre: Non c'è più molto da fare nei campi. l'unica attività all'aperto è la caccia. È stata catturata una grossa preda: un cinghiale.

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Didascalia delle nostre cartine

Quando si osserva il cielo, specie se l'orizzonte è sgombro, si ha la sensazione di essere al di sotto di una cupola semisferica, poggiata sul grande circolo dell'orizzonte. Le cartine la rappresentano divisa in due parti, ognuna centrata nel punto cardinale indicato al centro del disegno in basso. Da una parte e dall'altra gli altri due punti cardinali ed in alto lo Zenit. Nel disegno sono presenti, sullo sfondo, talvolta il reticolato delle coordinate alto-azimutali, con i cerchi di altezza di 20° in 20° e quelli di azimut di 30° in 30°, talvolta il reticolato delle coordinate equatoriali con i cerchi di declinazione di 20° in 20° e quelli di angolo orario di 2 ore in due ore. L'altezza è misurata dall'orizzonte allo zenit da 0° a 90° e l'azimut da Nord verso Est, in senso orario, da 0° a 360°. La graduazione di altezza ed azimut è indicata lungo il bordo delle cartine. Le stelle sono rappresentate con 5 simboli decrescenti al crescere della magnitudine, cioè al diminuire della luminosità apparente. Non sono rappresentate tutte le stelle conosciute, nè tutte quelle visibili ad occhio nudo, ma solo quelle più luminose della magnitudine 4.5 che è la magnitudine limite delle cartine. Il riquadro in alto a destra riporta il numero delle stelle visibili, cioè sopra l'orizzonte e quindi presenti nei due quarti di sfera che rappresentano tutto il cielo. Sono state disegnate schematicamente le costellazioni secondo la tradizione iconografica più diffusa. I loro nomi, abbreviati con la sigla in uso nei cataloghi stellari, sono qui sotto riportati per esteso:


AQR Acquarius

APS Apus

ARI Aries

CAE Caelum

Canes Venatici

CAP Capricornus

CEN Centaurus

CHA Chamaeleon

COM Coma Berenices

CRV Corvus

CYG Cygnus

DRA Draco

FOR Fornax

HER Hercules

HYI Hydrus

LEO Leo

LIB Libra

LYR Lyra

NOR Norma

ORI Orion

PER Perseus

PSC Pisces

PYX Pyxis

SGR Sagittarius

SCT Scutum

TAU Taurus

TRA Triangulum Australe

UMI Ursa Minor

VOL Volans

AND Andromeda

AQL Aquila

AUR Auriga

CAM Camelopardus

CMA Canis Major

CAR Carina

CEP Cepheus

CIR Circinus

CRA Corona Austrina

CRT Crater

DEL Delphinus

EQU Equuleus

GEM Gemini

HOR Horologium

IND Indus

LMI Leo Minor

LUP Lupus

MON Monoceros

OCT Octans

PAV Pavo

PHE Phoenix

PSA Piscis Austrinus

RET Reticulum

SCO Scorpius

SER Serpens

TEL Telescopium

TUC Tucana

VEL Vela

VUL Vulpecola

ANT Antlia

ARA Ara

BOO Bootesp

CNC Cancer

CMI Canis Minor

CAS Cassiopea

CET Cetus

COL Columba

CRB Corona Borealis

CRU Crux

DOR Dorado

ERI Eridanus

GRU Grus

HYA Hydra

 LAC Lacerta

LEP Lepus

LYN Lynx

MUS Musca

OPH Ophiuchus

PEG Pegasus

PIC Pictor

PUP Puppis

SGE Sagitta

SCL Sculptor

SEX Sextans

TRI Triangulum

UMA Ursa Major

VIR Virgo

Il cerchio puntinato rappresenta l'equatore celeste, l'altro tratteggiato in rosso l'eclittica, cioè il cammino apparente annuo del Sole tra le stelle. Lungo l'eclittica la Luna, la cui fase è indicata nel riquadro in alto a destra, ed i pianeti, disegnati con i vecchi simboli secondo la legenda in alto a sinistra, che considera "visibili" i pianeti presenti nella cartina cui si riferisce. Completano la cartina l'indicazione della latitudine e della longitudine del luogo, del tempo civile, di quello solare medio locale e di quello siderale locale. Questi argomenti possono essere approfonditi presso i seguenti siti della rete:

Il cielo mese per mese Le costellazioni negli antichi atlanti celesti

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Testimonianze astronomiche in Toscana: il grande gnomone della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze

Il Duomo di Firenze ospita, fin dalla sua costruzione, un grande strumento astronomico, uno gnomone che, con i suoi 90 metri di altezza, e' il piu' grande del suo genere e che, con alterne vicende, e' stato utilizzato in programmi scientifici per oltre 300 anni. Uno gnomone, e' un palo, una colonna, un obelisco la cui ombra permette di misurare la posizione del Sole in cielo. Lo gnomone, nella sua semplicita' tecnologica, e' sicuramente lo strumento astronomico piu' antico e diffuso; con esso si poterono ben presto studiare i due moti apparenti del Sole, quello diurno e quello annuo, dovuti rispettivamente ai moti reali di rotazione e rivoluzione della Terra. Fu ben presto chiaro che l'accuratezza della misura poteva essere aumentata usando pali sempre piu' alti, cioe' aumentando l'altezza dello gnomone. Poiche' il Sole e' una sorgente estesa che sottende un angolo di circa 1/2 grado in cielo, l'ombra del vertice dello gnomone non e' nitida, ma sfuma in una penombra mal definita. Purtroppo il contrasto tra ombra, penonmbra e superficie illuminata diminuisce rapidamente con l'aumentare dell'altezza dello gnomone e pone un serio limite all'accuratezza che, per questa via, si puo' ottenere. Il modo piu' efficace per aumentare il contrasto e' di sostituire l'ombra con la luce e cioe' di usare un foro gnomonico al posto del palo, come e' stato fatto in S. Maria del Fiore e negli altri gnomoni rinascimentali. Se il diametro del foro e' all'incirca 1/1000 dell'altezza dello gnomone si ottiene sul pavimento un'immagine abbastanza nitida del Sole, (immagine stenopeica) molto piu' luminosa della superficie circostante, ma circondata, anche in questo caso, da un alone soffuso di penombra. L'immagine stenopeica, cosi' come il vertice dell'ombra del palo si muovono continuamente da Ovest verso Est a causa del moto apparente diurno del Sole ed a questo movimento regolare si sovrappone un tremolio, sempre presente, dovuto alla turbolenza atmosferica, innescata dalle differenze di temperatura nell'aria a varie altezze, fuori e dentro l'edificio. Non c'e' modo di aumentare ulteriormente nitidezza e contrasto o di eliminare il tremolio dell'immagine se non abbandonando la semplicita' tecnologica della gnomonica e passando al telescopio. Solo nel 1700 i telescopi divengono competitivi con gli strumenti della gnomonica e si chiude allora una pagina gloriosa, iniziata qualche millennio prima; l'ultimo gnomone ad andare in pensione, scientificamente parlando, pare essere prorio quello fiorentino.



La bronzina all'interno della cupola

In S. Maria del Fiore il foro gnomonico e' stato realizzato con una tavoletta di bronzo (la bronzina) recante un'apertura centrale di un paio di centimetri di diametro e posta orizzontalmente all'interno della finestra meridionale del tamburo di cupola, a 90 metri dal pavimento. L'altezza dello gnomone e' tale che i raggi del Sole, passanti per il foro, colpiscono il pavimento della chiesa solo dalla fine di Maggio alla fine di Luglio e per pochi minuti prima e dopo il mezzogiorno. In questo periodo l'immagine solare si forma sul pavimento della Cappella della Croce, a sinistra dell'altare maggiore, dove si trovano, sotto la protezione di lastre di ottone, una linea meridiana finemente graduata e due marmi circolari, uno dentro l'altro, che funzionano da contrassegni solstiziali. Il maggiore, con un diametro di circa 90 centimetri, ha le stesse dimensioni dell'immagine solare al solstizio d'estate.


Spaccato dello Gnomone

Fino a pochi anni fa non esistevano documenti o iscrizioni che indicassero l'autore dello gnomone, la data della sua realizzazione e la problematica astronomica che si intendeva affrontare. La migliore indagine storica è, ancora oggi, quella del gesuita Leonardo Ximenes pubblicata nel 1757 come introduzione al suo volume dedicato appunto allo gnomone fiorentino. Sulla base di considerazioni cronologiche e astronomiche egli individuava in Paolo del Pozzo Toscanelli l'autore e nel 1468 la data più probabile per l'entrata in funzione dello strumento. Nel 1979 l'archivista dell'Opera del Duomo, Enzo Settesoldi, pubblica un breve articolo in cui da notizia del ritrovamento di un documento che conferma l'ipotesi dello Ximenes per quanto riguarda l'autore anche se sposta in avanti di qualche anno l'entrata in funzione. Riportiamo integralmente il documento:

Archivio dell'Opera del Duomo di Firenze Quaderno Cassa, serie VIII-1-61, anno 1475, carta 2v MCCCLXXV Spese d'Opera E adí detto (16 agosto) lire cinque soldi quindici dati a Bartolomeo di Fruosino orafo, sono per il primo modello di bronzo di libbre 23 once 4, fatto per Lui a istanza di maestro Paolo Medicho per mettere in sulla lanterna, per mettere da lato drento di chiesa per vedere il sole a certi dí dell'anno. Lire 5 soldi 15

Per quanto riguarda la problematica, sicuramente lo gnomone dovette servire ad individuare il momento esatto del solstizio e quindi a determinare la durata dell'anno tropico e dai documenti risulta che Paolo Toscanelli propose per questa grandezza un valore piu' accurato di quello usato dai contemporanei. Ma uno gnomone "cosi' smisurato" poteva servire anche per un'indagine piu' ambiziosa: determinare se l'eclittica, cioe' il cammino apparente annuo del Sole tra le stelle, si mantiene costante nel tempo; in termini moderni cio' significa determinare se l'inclinazione dell'asse della Terra, sul piano orbitale, e' costante. Questa problematica era gia' stata posta dall'astronomia araba e, successivamente, era passata a quella europea che, proprio negli anni del Toscanelli, si stava risvegliando da un torpore secolare. La questione e' chiaramente e ripetutamente enunciata a Firenze fin dai primi anni del XVI secolo e nel 1510 viene sicuramente compiuta una nuova misura, come testimonia l'iscrizione riportata sul grande marmo solstiziale. Successivamente a questa data si hanno solo sporadiche e talvolta sconclusionate osservazioni astronomiche, nessuna delle quali basata su chiari obbiettivi scientifici; anzi inizia e si protrae per quasi 250 anni un curioso uso improprio dello strumento: ipotizzando la costanza dell'altezza del Sole al solstizio si cerca di verificare la stabilita' della chiesa, osservando, anno dopo anno, il ritorno dell'immagine solare sul marmo soltiziale.

E' solo nel 1754 che si ritorna a parlare di Astronomia, quando Leonardo Ximenes formula un preciso progetto di ricerca, chiedendo ed ottenendo finanziamenti ed accesso alla chiesa ed allo gnomone. Al tempo dello Ximenes si sapeva gia' che l'asse della Terra e' soggetta ad un'oscillazione periodica con periodo 18 anni, ma non si era ancora riusciti a dimostrare che l'inclinazione dell'asse e' anche soggetta a variazioni a piu' lungo periodo che, nell'arco di un anno, sono estremamente piccole. Ma cio' che e' piccolo e forse non misurabile a distanza di un anno, puo' diventare abbastanza grande e misurabile a distanza di qualche secolo. Egli si propone di misurare questa variazione confrontando l'altezza del Sole al solstizio del 1755 con quella al solstizio del 1510, stabilmente registrata dal grande marmo, sul pavimento della cattedrale. Non e' una misura facile e lui per primo si dichiara consapevole che qualunque risultato va verificato nel tempo, con successive misure da farsi negli anni a venire. Inoltre la misura deve essere svincolata dalla cattedrale e riferita ad un sistema di coordinate, accessibile da qualunque osservatore. Per far cio' deve misurare l'altezza dello gnomone e ci riesce con un errore inferiore a qualche millimetro su 90 metri e tracciare una linea meridiana con la quale si possono apprezzare variazioni dell'altezza del Sole fino al secondo d'arco. Dopo una prima serie di misure nel 1755 e 1756 lo Ximenes torna ad usare lo strumento nel 1764 e poi nel 1782, riuscendo a dimostrare che il fenomeno esiste ed e' misurabile. Muore nel 1786 lasciando i suoi averi all'osservatorio che prendera' da lui il nome di Ximeniano, con la precisa raccomandazione al direttore di continuare le osservazioni solstiziali allo gnomone. Negli 80 anni successivi le misure sono scarse e discontinue e lo gnomone cade nell'oblio. Nel 1864 il direttore della Specola di via Romana, G. B. Donati chiede di usarlo e diventa di pubblico dominio che la bronzina non e' piu' al suo posto, essendo stata rimossa nel 1859 nel corso di alcuni lavori di restaturo. Ne parla la stampa cittadina e se ne interessa il sindaco che fa pressione sull'Opera del Duomo. G. Antonelli, direttore dell'Osservatorio Ximeniano viene incaricato di ricollocare al suo posto la bronzina che, dopo attenta e lunga ricerca, viene ritrovata nei magazzini dell'Opera e rimurata nel novembre del 1865, un po' piu' in alto, rispetto alla posizione originaria ed interrompendo cosi' ogni continuita' e possibilita' di confronto con le precedenti misure dello Ximenes. Antonelli non esegue alcuna misura e bisogna attendere il 1893 per avere una nuova serie di osservazioni (1893-1901), compiute dal nuovo direttore dello Ximeniano, Giovanni Giovannozzi che, preso atto della superiorita' dei tescopi della sua epoca, ripropone, in termini moderni, l'utilizzo delle misure sostiziali allo gnomone per la verifica della stabilita' della costruzione. Il suo successore, Guido Alfani, nel 1927-28, esegue ancora altre misure, con lo stesso scopo, e dimostra che la grande cupola e' soggetta a piccole oscillazioni, stagionali e diurne, di natura termica. Ma ormai anche l'uso ingegneristico dello gnomone viene meno e lo stesso Alfani sperimenta sismografi modificati per sorvegliare, piu' semplicemente e direttamente durante tutto l'anno, ogni piu' piu' piccola oscillazione della costruzione.



L'immagine del Sole sul pavimento di S.Maria del Fiore

Nella consapevolezza che lo gnomone aveva ormai perso ogni sua originaria utilita', Giovannozzi ed Alfani proposero l'estemporanea esecuzione delle misure sostiziali come una cerimonia per conservare nella cultura memoria dell'antico strumento, di chi lo costruì ed usò. È questa un'intuizione moderna che tante volte abbiamo visto verificata: conservazione materiale e culturale vanno di pari passo, non c'e' l'una senza l'altra. Con questo spirito gli autori di questa breve nota hanno chiesto ed ottenuto dall'Opera il permesso di eseguire nuove osservazioni per il solstizio del 1996. Non accadeva piu' dalla meta' degli anni 70 e di nuovo l'immagine del Sole si e' formata sul pavimento della Cappella della Croce ed ha attraversato la linea meridiana dello Ximenes.



  • Questo scritto è stato tratto da un articolo che gli autori, Piero Ranfagni e Alberto Righini, hanno pubblicato nel numero di Ottobre 1996 di La Regione Toscana, periodico mensile della Giunta regionale, interamente dedicato all'Astronomia in Toscana.


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Un'esperienza didattica: calcolo della latitudine e della longitudine

Lo scopo di questa esperienza didattica non è quello di insegnare a navigare, ma quello di chiarire operativamente il calcolo del centro e del raggio dei cerchi di altezza, utilizzando misure reali di due o più stelle, ottenute con niente di più di un goniometro ed un filo a piombo. I cerchi saranno poi disegnati su un normale mappamondo scolastico di 20-30 centimetri di raggio. Latitudine e longitudine saranno così lette direttamente sul mappamondo, con l'errore di un centinaio di chilometri, inaccettabile in mare, ma più che sopportabile nell'ambito di un'esercitazione scolastica, concettualmente rigorosa ed accessibile anche agli studenti della Scuola Media inferiore. Materiale occorrente:

Un quadrante di altezza, realizzabile semplicemente con un goniometro scolastico, una cannuccia ed un filo a piombo. Un orologio con l'ora di Greenwich, cioè un'ora indietro rispetto a quella italiana, due ore quando è in vigore l'ora legale. Un mappamondo con il diametro di almeno 30 centimetri. Un compasso da lavagne per poter tracciare i cerchi di altezza sul mappamondo Un catalogo od un atlante stellare per ottenere le coordinate equatoriali delle stelle Un annuario astronomico per il calcolo del tempo siderale.



Immaginiamo di fare la nostra esperienza il tardo pomeriggio del 20 Novembre 1998. Verso Sud vi sono due stelle facilmente riconoscibili: a Sud-Est la stella Sirrah, della costellazione di Andromeda che definisce il vertice superiore-orientale del quadrilatero del Pegaso (PEG) ed a Sud-Ovest la stella Altair, il vertice meridionale del triangolo estivo, della costellazione dell'Aquila (AQL). Consultando il catalogo o l'atlante stellare otteniamo le loro coordinate equatoriali, Ascensione Retta (AR) e Declinazione (DEC):


Stella/Coordinate AR DEC Altair 19h 50m 41s +8° 51' 47" Sirrah 00h 08m 17s +29° 04' 46"


Misuriamo l'altezza sull'orizzonte di ciascuna stella usando il quadrante d'altezza ed annotando il tempo di Greenwich (Tempo Universale, TU) corrispondente. Per ciascuna di esse dobbiamo ora calcolare le coordinate geografiche del punto substellare. Poichè equatore terrestre e celeste giacciono sullo stesso piano, la latitudine del punto substellare è uguale alla declinazione della stella:


LAT = DEC La stella culmina nel punto substellare poichè si trova al suo zenit ed il suo angolo orario (AO) vale, di conseguenza, 0h. La relazione che lega il Tempo siderale locale (TSL), l'Angolo Orario e l'Ascensione Retta


TSL = AO + AR diventa


TSL = AR Il tempo siderale locale differisce dal tempo siderale a Greenwich di una quantità pari alla longitudine (LONG) che nelle formule seguenti viene considerata positiva ad Ovest e negativa ad Est del meridiano di riferimento.


TSL = TSG - LONG TSG - LONG = AR

LONG = TSG - AR

Il Tempo siderale a Greenwich può essere facilmente calcolato a partire dal suo valore a 0h TU (TSG0h TU) e dal valore del tempo di Greenwich nel momento della misura. TSG0h TU viene fornito dagli annuari astronomici per ogni giorno dell'anno. Potete usare l'annuario dell'Osservatorio di Arcetri.


TSG = TSG0h TU + 1.00273791*TU Ora non resta che tracciare i due cerchi di altezza sul mappamondo, facendo centro nel rispettivo punto substellare e con apertura di compasso pari all'arco che sottende l'angolo al centro uguale alla distanza zenitale (Z), cioè il complemento dell'altezza misurata. L'apertura del compasso può essere ottenuta utilizzando lo stesso mappamondo e le sue graduazioni: l'arco di n gradi corrisponde alla distanza meridiana tra l'equatore e l'ennesimo parallelo. I punti d'incontro dei cerchi forniscono direttamente la latitudine e la longitudine del luogo di osservazione.

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Le eclissi di Luna e la longitudine

Gli astronomi ellenistici (Ipparco e Tolomeo) e quelli medioevali potevano solo ricorrere alle eclissi di Luna per misurare la differenza di longitudine tra due luoghi. Quando si prevedeva che ci sarebbe stata un'eclisse di Luna, veniva organizzata un'osservazione congiunta del fenomeno nei due luoghi di cui si voleva misurare la longitudine. L'osservazione consisteva nel rilevare, con la maggiore precisione possibile, a che distanza dal mezzogiorno locale avveniva il fenomeno del contatto della Luna con l'ombra della Terra, misurando il tempo con orologi ad acqua, o aiutandosi con osservazioni astronomiche.


Alcune fasi dell'eclissi di Luna del 16 Settembre 1997 Dalla differenza tra i tempi locali (tempo solare o siderale) misurati nei due luoghi, si può ricavare la differenza di longitudine. Ovviamente nei due luoghi non solo è diverso il tempo, ma anche la posizione della Luna e di tutti gli altri corpi celesti, rispetto all'orizzonte ed al meridiano locali. Lo si può constatare nelle due cartine seguenti che rappresentano il cielo a Venezia ed alle Isole Fortunate (le Canarie), nel momento in cui la Luna emergeva dall'ombra della Terra il 16 Settembre 1997 (è stato scelto il momento dell'emersione, perchè all'immersione la Luna non era ancora sorta sull'orizzonte delle Canarie e perchè ci è piaciuto riferirsi ad un'eclissi totale e spettacolare che molti hanno potuto osservare). Per meglio leggere e comprendere queste cartine sono disponibili le istruzioni.


Il cielo a Venezia il 16/9/1997, alle ore 20:25 di tempo Universale.


Il cielo alle Isole Canarie il 16/9/1997, alle ore 20:25 di tempo Universale. Il ragionamento è il seguente: supponiamo che a Venezia la Luna si immerga nell'ombra della Terra alla mezzanotte, mentre nelle Isole Fortunate (Isole Canarie) lo stesso fenomeno avvenga alle dieci di sera, siccome il fenomeno in realtà è avvenuto nello stesso tempo, ma i due osservatori lo hanno visto ad una distanza apparente di due ore, questo significa che il Sole, per spostarsi dalla posizione dell mezzogiorno di Venezia a quella del mezzogiorno nelle isole Canarie impiega due ore. Ovvero, supponendo che il Sole se ne stia fermo in cielo (cosa che è vera solo in modo approssimativo), questo vuol dire che la Terra ci ha messo due ore per ruotare da Venezia alle isole Canarie rispetto ad un riferimento fisso, e quindi la differenza di longitudine è di 30 gradi, percorrendo la Terra quindici gradi all'ora nel suo moto di rotazione.

Ci si perdoni questo esempio che può sembrare strano, ma lo abbiamo parafrasato dalle dispense di un grande professore di Astronomia: Galileo Galilei.

Potete ottenere informazioni su le eclissi in rete: L'annuario di Arcetri alla sezione "eclissi" La pagina delle eclissi dell'Osservatorio di Catania L'Osservatorio Astronomico Torre Luciana con tante immagini e spiegazioni e che ci ha fornito l'immagine dell'eclissi di Luna

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Il Sistema Equatoriale assoluto

Definiamo adesso un sistema di riferimento che sia svincolato dall'osservatore e solidale con la sfera celeste. In questo caso si prende come piano fondamentale il piano equatoriale, come cerchio origine quello generato intersecando la sfera con un piano passante per l'asse di rotazione del mondo e il punto equinoziale di Primavera o punto gamma. Non c'è alcun oggetto nel punto gamma, ma esso è facilmente individuabile perchè il Sole, la stella più splendente, si trova in esso all'equinozio di primavera. Il problema di sapere quando cade esattamente l'equinozio, fu risolto già dagli astronomi greci con semplici strumenti, come il cerchio di Ipparco.


Il cerchio giace nel piano dell'equatore celeste dove si trova il Sole nei giorni degli equinozi. In tutti i giorni dell'anno l'ombra del cerchio è un'elliisse, che diventa un segmento solo e soltanto il giorno degli equinozi.

Le coordinate di questo sistema sono l'ascensione retta (AR), di solito indicata anche con la lettera greca alfa, e la declinazione, indicata con la lettera greca delta; quest'ultima è definita nella stessa maniera in cui si definisce nel sistema equatoriale relativo.


L'ascensione retta di un astro è l'angolo diedro formato dai piani del cerchio origine e del cerchio massimo passante per l'astro e per i poli celesti. L'angolo viene contato da Ovest verso Est. In sostanza le coordinate, declinazione ed ascensione retta sulla sfera celeste, sono simili alle coordinate latitudine e longitudine sulla Terra, dove il ruolo del punto equinoziale di Primavera è quello dell'Osservatorio di Greenwich. Poichè le coordinate equatoriali sono completamente svincolate dal tempo e dalla posizione dell'osservatore, sono adatte per il confronto di osservazioni fatte in tempi e luoghi diversi e quindi per la costruzione degli atlanti e cataloghi stellari. In realtà le coordinate equatoriali variano lentamente nel tempo a causa della precessione degli equinozi.

A causa della rivoluzione della Terra, il Sole sembra percorrere la sfera celeste lungo un cammmino che lo riporta ad assumere la stessa posizione dopo un anno. Questo cerchio altro non è che il piano orbitale della Terra e poichè i piani orbitali dei pianeti sono poco inclinati rispetto ad esso, il cammino del Sole risulta essere una sorta di binario seguito da tutti i corpi mobili del cielo: Luna e pianeti. Gli antichi chiamarono questo binario Eclittica, luogo delle eclissi, perchè si accorsero che quando la Luna si trova esattamente su di esso può verificarsi un'eclissi.


Il punto Gamma permette di definire tre grandezze continuamente usate in Astronomia:

Tempo siderale locale (TSL)

È l'angolo orario del punto Gamma che transita in meridiano ogni 23 ore e 56 minuti, il tempo di una rotazione terrestre. Tempo siderale, ascensione retta e angolo orario (HA) di un astro sono legati dalla relazione: TSL = AR + HA </blockquote>

Anno siderale

È il tempo necessario affinchè il Sole si trovi, dopo aver interamente percorso l'eclittica, nella direzione della stessa stella.

Anno tropico

È il tempo necessario affinchè il Sole ritorni a congiungersi con il punto Gamma. A causa della precessione degli equinozi l'anno siderale è leggermete più lungo di quello tropico.

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Il sistema di riferimento equatoriale relativo

In questo sistema si adotta come piano fondamentale il piano equatoriale, definito come il piano perpendicolare alla direzione dell'asse di rotazione terrestre. Il piano meridiano, come nel sistema alto-azimutale è il piano origine; le coordinate sono la declinazione, che spesso si individua con la lettera greca delta, e l' angolo orario, indicato con HA o con t. La declinazione è la distanza angolare tra la direzione dell'astro e il piano equatoriale, mentre l'angolo orario è l'angolo formato tra il piano verticale passante per i punti Nord e Sud dell'orizzonte (piano meridiano) e il piano contenente l'asse polare (NCP, SCP) e passante per l'astro. Nella consuetudine astronomica quest'angolo viene espresso in ore, minuti e secondi di tempo, intendendo che l'angolo di un'ora è l'angolo di cui è ruotata la Terra in un'ora, pari a 15°. Analogamente un minuto di tempo è equivalente a 15' e 1 secondo di tempo equivale a 15".


La figura mostra anche i rapporti geometrici tra le coordinate alto-azimutali e quelle equatoriali relative. Lo zenit (Z), il polo nord celeste (NCP) e la stella individuano un triangolo sferico i cui lati sono:

il complemento della latitudine, NCP-Z il complemento della declinazione, NCP-stella il complemento dell'altezza sull'orizzonte o distanza zenitale, Z-stella Gli angoli sono: l'azimut od il suo esplemento, NCP-Z-stella l'angolo orario, Z-NCP-stella l'angolo parallattico, Z-stella-NCP La risoluzione di questo triangolo corrisponde alla trasformazione delle coordinate alto-azimutali in equatoriali e viceversa, operazione che sta alla base della navigazione astronomica. Per questo motivo questo triangolo prende anche il nome di "triangolo nautico". In questo sistema una coordinata, la declinazione, non cambia al passare del tempo, mentre l'altra aumenta in modo proporzionale ad esso. Ciò non vale per tutti quei corpi che sono dotati di moto proprio rispetto alle stelle, come la Luna, il Sole, i pianeti, le comete ecc.

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Equazione del Tempo e Tempo civile

L'intervallo di tempo tra due culminazioni successive del Sole al meridiano dello stesso luogo (giorno solare vero) non è costante, ma varia di qualche secondo da un giorno all'altro.


Un osservatore in A vede nuovamente culminare il Sole, il giorno successivo, dopo che la Terra ha ruotato di un angolo di (360 + alfa)°. Mentre una rotazione completa della Terra si compie in 23 ore e 56 minuti ed è costante in durata, l'angolo alfa varia di giorno in giorno perchè l'orbita ellittica della rivoluzione terrestre viene percorsa con moto non uniforme. Pertanto, se si definisce il secondo come la 86.400 esima parte del giorno solare vero, avremo che l'unità di tempo in alcuni giorni è più corta ed in altri più lunga. Le esigenze della vita moderna impongono invece che l'unità di tempo sia rigorosamente costante e che la misura civile del tempo mantenga uno stretto rapporto con il Sole vero. Per realizzare ciò, alla fine del XVII secolo, è stato introdotto un artificio astronomico matematico: il Sole Medio.


Il Sole medio percorre l'equatore celeste con moto uniforme e quindi velocità angolare costante pari a (360/365.2422)° al giorno, nello stesso tempo in cui il Sole vero percorre l'intera eclittica nel suo moto apparente annuo. In questo modo il giorno solare medio dura 24 ore esatte. Tra Tempo solare vero (TSV) e tempo solare medio (TSM) vi è dunque una differenza, variabile di giorno in giorno, talvolta positiva, talvolta negativa, secondo che il Sole vero preceda o segua quello medio. Tale differrenza prende il nome di Equazione del tempo:


TSV - TSM = E



Nella figura viene tabulato il valore di E in minuti per i vari giorni dell'anno, raggruppati nei 12 mesi indicati con il numero cardinale arabo.

A causa della sfericità della Terra, il tempo solare medio è una quantità variabile con la posizione dell'osservatore. Per esempio, a S. Giovanni Valdarno che dista pochi chilometri da Firenze, il Sole vero o medio sorge, culmina e tramonta con circa un minuto di anticipo, mentre a Livorno con circa tre minuti di ritardo, sempre rispetto a Firenze. Con l'introduzione delle ferrovie e del telegrafo, già nel secolo scorso, ogni paese ha adottato il Tempo civile (TC) che è un tempo standard, convenzionalmente uguale per tutto un territorio, generalmente largo 15° in longitudine e detto fuso orario. Si definisce tempo civile di un fuso orario il tempo solare medio misurato lungo il meridiano centrale del fuso.


L'Italia si trova nel fuso orario dell'Europa centrale il cui meridiano centrale passa per Catania e si trova a circa 3° 45' ad Est di Firenze. Ne consegue che il Sole culmina a Firenze con circa 15 minuti di ritardo rispetto a Catania.

Indicando con DL la differenza di longitudine tra un luogo ed il meridiano centrale del fuso cui appartiene avremo:


TC = TSV - E + DL

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Feaci

Inizialmente i Feaci dovevano essere delle divinità protettrici dei naviganti, che portavano in salvo i naufraghi. In seguito, secondo la leggenda, Poseidone, il dio del mare, irato perché i Feaci gli sottraevano troppi naufraghi, mise fine alla loro opera meritoria di salvataggio. Secondo Omero vivevano felici in una terra chiamata Scheria, sotto il regno di Alcinoo e la sua consorte Arete, rispettivamente padre e madre di Nausicaa, una delle più belle e delicate figure femminili della poesia greca.

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Febbraio


Febbraio: è inverno nel villaggio di contadini, cè chi si scalda al fuoco, chi taglia la legna ....

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Breve storia dei fusi orari

Nel passato ogni paese aveva un proprio tempo, fondato sul moto apparente del sole. Era misurato con il quadrante solare o la meridiana e quando il Sole passava per il meridiano locale era mezzogiorno. Purtroppo il Sole non è un orologio esatto per la mancanza di regolarità del suo moto apparente lungo l'eclittica e la durata del giorno, definita come l'intervallo tra due passaggi successivi del Sole al meridiano, è variabile. Queste differenze forse erano sfuggite agli antichi, che non avevano strumenti di misura precisi, ma erano ben conosciute dal 1657 in poi, con la scoperta dell'isocronismo delle oscillazioni del pendolo e la sua applicazione agli orologi. Gli orologiai di Parigi avevano adottato il motto: solis mendaces arguit horas per convincere i loro clienti della bontà dei loro orologi, che segnavano un tempo diverso da quello indicato dal Sole. Per ovviare a questo inconveniente fu introdotto un Sole fittizio, capace di muoversi regolarmente. In tale modo si può definire un giorno medio, costante tutto l'anno, e un tempo medio, diverso dal tempo vero. La differenza tra i due mezzogiorni (vero e medio) è compresa tra circa 16 minuti in più e 14 minuti in meno, valori estremi che sono raggiunti solo due volte l'anno; di solito la differenza è compresa entro i 5 minuti (circa 200 giorni) e in 4 giorni i due mezzogiorni coincidono.

La prima città ad usare il tempo medio fu Ginevra nel 1780 con il tocco della grossa campana del Duomo per annunziare il mezzogiorno, naturalmente medio. Londra introdusse il tempo medio nel 1792, Berlino nel 1810 e Parigi nel 1816. A Parigi il prefetto chiese un apposito rapporto al Bureau des Longitudes per rassicurare la popolazione, che temeva che il nuovo tempo potesse portare soprusi nel calcolo delle ore di lavoro (infatti, il mezzogiorno medio divideva in due parti diseguali l'intervallo fra il tramontare e il sorgere del Sole). In Italia il tempo medio fu adottato a Torino nel 1852, a Bologna nel gennaio 1858 e a Milano il 14 febbraio 1860. A Roma il tempo medio fu introdotto nel 1855 informalmente, ossia senza nessun decreto governativo, ma come conseguenza dello sviluppo delle ferrovie e del telegrafo. I conducenti delle vetture postali regolavano ogni mattino il loro orologio alla stazione di partenza, comunicavano poi l'ora al sagrestano e ai postini che la distribuivano alle case.

Tutti i paesi che sono situati su un medesimo meridiano contano, nello stesso istante, lo stesso tempo locale (medio o vero), ma, sempre nello stesso istante, il tempo locale è differente da paese a paese, quando questi non si trovano sullo stesso meridiano. I loro tempi locali differiscono di una quantità costante che è uguale alla differenza di longitudine tra i due luoghi (per ogni grado di longitudine verso ovest il mezzogiorno locale capita quattro minuti più tardi). In genere non si ha idea del modo rapido con cui variano i tempi locali al variare della longitudine; ad esempio, alla nostra latitudine, la variazione del tempo locale è già di un minuto per soli 20 chilometri di distanza in senso est-ovest.

La discordanza dei tempi locali, mentre non era notata nell'ambito della comunità locale, cominciò a creare problemi quando le persone iniziarono a spostarsi facilmente tra città e province diverse, cosa resa possibile dallo sviluppo delle ferrovie. Una volta, solo con viaggi della durata di parecchi giorni, si poteva percorrere una differenza di longitudine di un'ora e nelle relazioni commerciali non si badava ad un'incertezza, nella determinazione del tempo, anche di una frazione d'ora. Le ferrovie (e il telegrafo) imponevano, invece, di tenere conto dei minuti e delle loro frazioni.

Era necessario ripensare il sistema del tempo, soprattutto per le ferrovie che dovevano funzionare con regolarità e sicurezza. All'inizio, infatti, non esistevano che tronchi isolati e l'ora che regolava la loro attività era quella della città principale da cui partiva il tronco. Diventando però la struttura ferroviaria più complessa, si formarono tante ore ferroviarie quante erano le città principali e nelle stazioni di passaggio da un tronco all'altro si passava dal regime di un'ora a quello di un'altra.

Riprendendo un'idea formulata nel 1828 dall'astronomo John Herschel, venne proposta un'unificazione regionale o anche nazionale delle diverse ore ferroviarie, cioè un'ora ferroviaria unica (generalmente quella della capitale o di una città opportuna). Quest'unificazione venne attuata per la prima volta nel 1848 in Gran Bretagna (ora di Greenwich per l'Inghilterra e la Scozia, e ora di Dublino per l'Irlanda) e tale ora venne estesa anche alla vita pubblica. Era comune in Inghilterra, anche all'inizio del secolo XX, quando si parlava del tempo di Greenwich, chiamarlo tempo ferroviario. In Italia, nel 1866, erano sei le ore ferroviarie (Torino, Verona, Firenze, Roma, Napoli, Palermo). In quell'anno fu deciso di unificarle adottando il tempo medio di Roma (anche se non faceva parte del Regno). Il 12 dicembre 1866, coll'attivazione dell'orario invernale, esso venne introdotto nelle ferrovie, poste e telegrafi, non solo nel servizio interno, ma anche nei rapporti col pubblico. Inoltre, non per legge, ma per libera iniziativa delle principali città italiane, con motivazioni legate ai vantaggi pratici derivanti dalla concordanza dell'ora ferroviaria con quella cittadina e anche per motivi patriottici, venne deciso di estendere l'ora di Roma alla vita pubblica e privata, diventando in sostanza un'ora nazionale. Milano regolò gli orologi pubblici sul tempo di Roma lo stesso 12 dicembre 1866, Torino e Bologna il 1 gennaio 1867, Venezia il 1 maggio 1880 e ultima Cagliari nel 1886. L'ora nazionale era stata precedentemente adottata dalla Gran Bretagna, come abbiamo visto, e venne adottata dalla Svezia nel 1879, che fece una scelta rivoluzionaria adottando non l'ora di Stoccolma, ma quella del meridiano di Greenwich. La Francia introdusse l'ora nazionale unicamente dal 14 marzo 1891, usando il tempo di Parigi. Una piccola curiosità: nella stazioni ferroviarie francesi gli orologi esterni erano regolati sul tempo di Parigi, mentre quelli interni erano in ritardo di 5 minuti; questo per fare fretta ai viaggiatori.


Se il passaggio dal tempo locale all'ora ferroviaria e poi all'ora nazionale permetteva di raggiungere una un'uniformità di misura del tempo all'interno d'ogni Stato, rimaneva il grosso problema della diversità d'ora quando si passava il confine. Guardando un vecchio orario ferroviario, c'era per l'Italia una differenza di 47 minuti con l'ora ferroviaria francese, di 20 minuti con quella svizzera, e di 10 con l'ora ferroviaria austro-ungarica. Per i lunghi viaggi le cose si complicavano, essendo necessario passare attraverso più stati: da Roma a Pietroburgo c'erano 7 diverse ore e ben 12 da Parigi a Costantinopoli, senza contare le ore prussiane, numerose quanto le stazioni (con il sistema prussiano gli orari ferroviari per il pubblico erano compilati sulle ore locali, mentre per il personale del treno, che non poteva regolarsi su ore variabili da luogo a luogo, erano disponibili appositi orari di servizio, redatti sulla base di un'ora unica, ossia un'ora ferroviaria interna. Il personale doveva servirsi di due misure diverse di tempo, a seconda che rispondeva al pubblico o al servizio interno).

Si ripeteva, insomma, in campo internazionale, il medesimo inconveniente che si era verificato nei rapporti fra le varie città quando vigevano le ore locali; come queste avevano ceduto il posto alle ore ferroviarie e nazionali, ci si chiedeva se queste a loro volta non dovessero essere abbandonate per raggiungere un'unificazione mondiale.

La soluzione non era banale: dovevano essere sacrificate le ore nazionali e questo poteva creare problemi politici, ma si doveva anche arrivare all'unificazione senza grandi riforme radicali, perché la vita era regolata dal Sole e non dovevano essere imposte ore troppo diverse da quelle reali. La riforma radicale possibile era l'ora universale assoluta, proposta da Theodor von Oppolzer (1841-1886, direttore dell'Osservatorio Astronomico di Vienna) che estendeva semplicemente a tutto il globo e per tutti gli usi l'ora di Greenwich o quella di un altro meridiano di riferimento. In tutto il mondo gli orologi avrebbero segnato la stessa ora. Il giorno legale sarebbe cominciato su tutto il globo alla mezzanotte di Greenwich, quando però a New York erano le sette di sera, a Pechino le otto di mattina, ecc. quindi le parole oggi, ieri, domani, avrebbero perso ogni significato e si sarebbe andati incontro alla più grande confusione. Per esempio, con il tempo universale noi potremmo leggere di un americano della costa Est che si alza alle 11, tempo universale, e pensarlo un dormiglione. Se invece ci ricordiamo che l'ora di Washington è in ritardo di cinque ore su quella di Greenwich, ecco allora che il nostro amico americano si sveglia alle 6 tempo locale, e non è affatto un dormiglione.


Quirico Filopanti (pseudonimo di Giuseppe Barilli, 1812-1894), professore e politico bolognese, già nel 1859 suggeriva, nel suo libro Miranda (scritto durante l'esilio inglese), una geniale soluzione. Proponeva di dividere la terra per mezzo dei meridiani in 24 zone longitudinali, o fusi, che differivano l'uno dall'altro di un'ora, coincidendo nei minuti e nei secondi. Il primo fuso era centrato sul meridiano di Roma e comprendeva l'Italia, la Germania, la Svezia e parte dell'Africa. Se in questo erano le sei del mattino, nel secondo fuso procedendo verso Occidente sarebbero state le sette e cosi via. Filopanti introduceva inoltre un tempo universale da usarsi nell'astronomia e nei telegrafi. Per dare ai cittadini la conoscenza del tempo universale e del tempo locale gli orologi avrebbero avuto due sfere: una portante una lettera U per il tempo universale, l'altra con una lettera L per il tempo locale; la sfera dei minuti serviva per entrambi i tempi. Filopanti concludeva scrivendo che "quando un orologio ben regolato a tempo medio, universale o locale, batterà un'ora qualunque, tutti gli orologi del mondo suoneranno in quel medesimo instante, e indicheranno o quella stessa ora, od una qualunque altra ora intera".

La proposta di Filopanti era molto pratica, anche se la sua inspirazione era etico-religiosa. Essendo la terra divisa nel senso della longitudine in 360 gradi, dividendo la superficie del globo in 24 zone, ogni zona viene ad essere limitata da due meridiani discosti di 15 gradi, a ognuna corrisponde l'ora del suo meridiano medio, discosto di sette gradi e mezzo dai due estremi. Con il sistema dei fusi orari si raggiunge la desiderata unificazione nella misura del tempo. Infatti, gli Stati compresi nello stesso fuso vengono ad avere la stessa ora, la differenza tra due fusi limitrofi è di un,ora precisa e le diverse ore sono facilmente paragonabili tra loro. Infine, si raggiunge l'unificazione del tempo senza discostarsi troppo dall'ora reale, perché la differenza fra l'ora normale e quella locale non supera mai la mezz'ora, adottando ogni Stato l'ora del fuso entro cui giace il suo territorio o la sua massima parte.


Perché allora quando si parla di fusi orari Filopanti viene raramente ricordato? Probabilmente perché la sua proposta era in anticipo (ricordiamoci che nel 1859 unicamente la Gran Bretagna aveva l'ora nazionale e la maggiore parte degli altri Stati era ancora regolata dalle ore locali) oppure non era nello spirito del tempo (nel 1872 il dibattito era sull'ora universale assoluta, dibattito che continuerà sino alla fine del secolo). Soprattutto, però, non c'era nessuna struttura economica forte disposta a sostenerla, come potevano essere le grandi compagnie ferroviarie o telegrafiche, le più interessate a stabilire un sistema per regolare il tempo.


Per capirlo trasferiamoci negli Stati Uniti d'America. Date le grandi dimensioni (in senso longitudinale) della nazione non era possibile un solo tempo ferroviario o nazionale; di conseguenza ogni compagnia ferroviaria aveva sviluppato un proprio orario. All'inizio del 1870 se ne contavano circa 50 e ogni città aveva un proprio tempo locale e tanti tempi ferroviari quante erano le linee che la servivano. Per esempio, nella stazione di Pittsburgh c'erano cinque orologi che indicavano i diversi tempi delle ferrovie e il tempo locale.

Charles F. Dowd (1825-1904), rettore di un collegio femminile a Saratoga Springs, NY, propose nel 1870 un System of National Time for Railroads fondato sulla longitudine. Il tempo di Washington sarebbe stato il tempo standard, lo Standard Time, e per omologare l'ora ferroviaria con l'ora locale, ad ogni multiplo di quindici gradi da Washington (che corrisponde ad un'ora, come abbiamo visto) si sarebbe tolta un'ora, dividendo gli Stati Uniti in quattro zone. Dowd presentò prima la sua idea ad una convenzione di sovrintendenti ferroviarie e poi in un opuscolo. L'opuscolo, che conteneva una descrizione dei principi scientifici su cui si basava la proposta e un esempio di orario per tutte le linee ferroviarie, ebbe un'ampia diffusione. Venne discussa unicamente l'opportunità dell'uso del meridiano di Washington che Dowd sostituì con il meridiano di Greenwich, già usato dagli Stati Uniti in campo marittimo (dal 1850). Sulla tomba di Dowd si trova una lapide di bronzo che riporta tra l'altro l'inscrizione: In solving the problem of standard time he proved himself a world benefactor. Incredibilmente, il contributo di Dowd alla definizione dello Standard Time è poco conosciuto non soltanto in Europa, ma anche negli Stati Uniti.

Contemporaneo di Dowd fu Sir Sandford Fleming (1827 – 1915), ingegnere capo delle ferrovie canadesi, che, generalmente, viene considerato l'inventore dei fusi orari. Non si hanno notizie di un suo interesse sul problema del tempo, prima del 1876 quando apparve una memoria chiamata Terrestrial Time, stampata privatamente, che venne poi riscritta, ampliata e pubblicata nel 1878. La memoria proponeva che gli orologi di tutto il mondo allo stesso momento indicassero la stessa ora, che Fleming suggeriva di chiamare Uniform Time o Terrestrial Time. In tale modo, se il suo sistema fosse stato adottato, si sarebbe usato il tempo locale per la vita di tutti i giorni, mentre, quando fosse stato necessario avere un'ora esatta sarebbe stato usato il Terrestrial Time. Un uso, anche se codificato per legge, che avrebbe creato grande confusione: basti pensare, ad esempio, agli stati distanti dal meridiano iniziale. Anch'egli proponeva un orologio con un doppio sistema di lancette per indicare i due tempi.


L'adesione al sistema dei fusi orari venne nel 1879, quando in una conferenza si propose l'estensione del sistema di Dowd al mondo intero. Fleming, che proponeva la creazione di 24 Standard Time che avrebbero dovuto sostituire il tempo locale in ogni zona e che avrebbero differito per multipli interi dal meridiano iniziale, ebbe parte importante nella preparazione della International Meridian Conference convocata nell'agosto del 1884 a Washington dal Presidente Chester A. Arthur per discutere della scelta di un meridiano iniziale (longitudine zero) e della creazione di un'ora internazionale per regolare l'amministrazione delle ferrovie, dei telegrafi e delle poste La stessa questione era già stata discussa alla conferenza geodetica di Roma del 1883, ma senza accordi. La ragione di questa unificazione era prettamente scientifica, producendo la mancanza di un'ora unica "perditempi incresciosi sentiti da color che in questioni di astronomia, di geografia fisica, di geologia, sono portati ad estendere le proprie ricerche a luoghi della terra disparati e lontani". Nelle risoluzioni finali venne scritto che " il congresso propone di adottare come primo meridiano quello che passa per il centro dello strumento dei passaggi dell'osservatorio di Greenwich il congresso propone inoltre l'adozione di un giorno universale, il quale venga usato in quei casi in cui si crederà utile, senza per questo proporre l'eliminazione dei tempi locali e di altri tempi ora in uso".

Giovanni Celoria, allora secondo astronomo dell'Osservatorio di Brera, commentando le decisioni del congresso scriveva che " dal punto di vista pratico e della vita civile l'ora universale ha un valore minimo. Sarebbe grottesco, per non dire peggio, che gli abitanti di San Francisco, ad esempio, dovessero contare mezzogiorno verso le quattro del mattino del loro tempo locale. Evidentemente gli affari e la vita degli abitanti di una data regione non possono regolarsi su altro tempo che sul locale, o al più su un tempo che dal locale di poco differisca ed abbia col tempo universale un rapporto assai semplice. Gli Stati Uniti hanno risolto il problema felicemente. Il paese fu quindi diviso in quattro sezioni, governate rispettivamente dal tempo dei meridiani che passano a 75, 90,105 e 120 gradi ovest dal meridiano di Greenwich…tutti differiscono dall'ora universale di un numero intero di ore per passare negli orari delle ferrovie e dei telegrafi da uno ad altro tempo basta cambiare l'ora, mantenere invariati i minuti e questo calcolo semplice e spedito non ammette errori e confusioni. In Europa le diverse nazioni, essendo in generale i loro territori poco estesi in longitudine, regolano adesso gli orari su tempo di uno fra meridiani nazionali. La sola riforma che dal punto di vista internazionale sarebbe utile sarebbe di scegliere come nazionali tempi che differissero fra loro e dal tempo universale di una parte aliquota o di un numero intero d'ore, rendendo in tale modo facile e spedito il passaggio dall'uno all'altro. Ma a questa riforma e al tempo universale nella più gran parte di Europa per ora non si pensa."

Filopanti era arrivato agli stessi concetti 25 anni prima!


Comunque negli Stati Uniti e in Canada lo Standard Time entrò in vigore su iniziativa dell'American Railway Association a mezzogiorno del 18 novembre 1883 e rapidamente venne esteso a tutti gli usi civili. La molteplicità degli orari ferroviari e l'impraticabilità del tempo universale assoluto per scopi pratici era stata determinante. Fondamentale, per la sua introduzione, fu anche W.F.Allen, segretario della General Time Convention, che era l'organizzazione preposta all'orario e alla sicurezza delle linee ferroviarie: egli mostrò come l'idea dello Standard Time corrispondeva alle esigenze delle linee ferroviarie (infatti, il numero delle ore ferroviarie si ridusse da 56 a quattro).

Le opposizioni non furono molte: alcuni affermarono che il tempo locale era il tempo di Dio, altri si lamentarono della zona in cui erano stati inseriti e continuarono a usare il vecchio sistema orario. A New York in quel giorno vennero suonati due mezzogiorni, uno con il tempo locale e l'altro con lo Standard Time.

L'estensione dei fusi orari al mondo non fu immediata. Sostanzialmente le perplessità erano legate alla paura di perdere l'ora nazionale, di rendere facile la confusione delle ore dei vari fusi e di non avere delle linee ben definite di confine dei fusi, ma il vantaggio pratico che presentavano, e che li faceva preferire all'ora universale, fu determinate.

In Europa deciso sostenitore del nuovo sistema fu il tedesco Ernst von Hesse-Wartegg con il suo libro Die Einhetszeit nach Stundenzonen . Decisivo fu però lo schierarsi del maresciallo Moltke che nel 1891 ne invocò l'adozione da parte della Germania; forte era la paura che l'anarchia delle ore ferroviarie potesse essere causa di eventuali incagli e ritardi nella mobilitazione dell'esercito tedesco.

In Italia il sistema venne adottato il 10 agosto 1893 con regio decreto (il meridiano che dà il tempo al fuso nel quale sta l'Italia, e che è il secondo, passa per l'Etna). Nella notte del 31 ottobre gli orologi delle amministrazioni ferroviarie e governative furono mandati avanti di 10 minuti, essendo questa la differenza fra il tempo di Roma e quello dell'Europa Centrale e cosi il nostro paese realizzò "nella sua migliore parte, quella trasformazione dell'ora che un italiano di molto ingegno Q. Filopanti immaginava primo fra tutti , fin dal 1859".


Nel 1897 praticamente tutti i paesi europei avevano adottato il sistema delle zone orarie con la sola eccezione della Francia. Questo paese, solo con una legge del 1911, adottò il tempo di Greenwich, dichiarando però che si trattava del tempo di Parigi ritardato di 9 minuti e 21 secondi.



  • Questo scritto è stato tratto da: Quirico Filopanti: una singolare figura di astronomo nella Bologna dell'Ottocento, presentato dagli autori, Gianluigi Parmeggiani e Fabrizio Bònoli (Osservatorio Astronomico di Bologna e Dipartimento di Astronomia dell'Università di Bologna) al Seventh Annual Meeting on the History of Astronomy: Astronomical Observatories and Institutes in Italy, tenutosi a Milano il 21-22 aprile 1995 e pubblicato in Memorie della Società Astronomica Italiana, vol. 66, N. 4, pagg. 861-870, 1995


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L'orologio H1

Ci sono dei documenti che fanno pensare che John Harrison iniziò la costruzione del suo primo cronometro marino, conosciuto comunemente come "H1", intorno al 1729. I disegni, che sono del 1727, si concludono con una presentazione dello strumento in cui il loro autore prevedeva che l'orologio, a bordo di una nave, avrebbe potuto funzionare con un errore massimo di 3 o 4 secondi al mese. Forse questa affermazione, troppo ottimistica, fu dettata dalla necessità di trovare un finanziatore per la sua costruzione ed in effetti, convinse un provetto costruttore di orologi come Graham che concesse ad Harrison un prestito senza interessi, da restituirsi quando poteva. A maggior onore di Graham va il fatto che Harrison era un suo potenziale concorrente, nel costruire un cronometro marino affidabile.


L'orologio H1. L'esemplare, alto 63 cm. e del peso di circa 40 chili, è conservato presso il National Maritime Museum di Greenwich Il primo grande progresso nella meccanica di H1 è costituito dal dispositivo che mantiene costante la coppia motrice della molla, nel momento in cui si carica l'orologio. Il sistema esisteva già, ma non poteva essere utilizzato a bordo di una nave, perche si basava su dei pesi e in genere non funzionava bene, mentre quello di Harrison si rivelò molto affidabile. Un ulteriore dispositivo, che di per se stesso rappresenta un grande progresso tecnologico, è costituito dall'introduzione di cuscinetti a rulli per minimizzare gli attriti. Gli assi, difatti, non si muovono dentro fori ricavati nelle pareti portanti, ma bensì rotolano su piccoli rulli di appoggio.

Tuttavia il grande progresso di H1, rispetto gli orologi esistenti è costituito dal nuovo sistema di regolatore adottato. Ogni orologio per funzionare ha bisogno di un fenomeno periodico che ne regoli il movimento. Da Galileo, ma forse sarebbe meglio dire da Huygens in poi, l'oscillazione è quella di un pendolo che, muovendo un'ancorina, fa ruotare di un angolo prefissato un ingranaggio che, a sua volta, dà al pendolo una piccola spinta, per evitare che l'attrito meccanico e la resistenza dell'aria ne esauriscano l'energia. Il pendolo su una nave non è utilizzabile a causa del rollio e del beccheggio e quindi Harrison lo sostituì, con successo, con due barre accoppiate da molle. Queste, oscillando attorno al proprio asse di rotazione, facevano benissimo la funzione del pendolo, senza risentire dei movimenti della nave. Le barre, infatti, sono indipendenti dal moto della nave perché non utilizzano, come forza di richiamo, la gravità, come accade nel pendolo, ma bensì la forza elastica delle molle. Nel sistema a barre, però, il periodo di oscillazione dipende dalla temperatura dell'ambiente in cui si trova l'orologio. Un allungamento delle barre con il riscaldamento comporta l'aumento del periodo di oscillazione e quindi un rallentamento dell'orologio. Per eliminare questo fenomeno Harrison decise di intervenire sulla posizione delle molle di richiamo, costruendo un dispositivo che, dilatandosi, spostava l'appoggio delle molle, per cui gli effetti della dilatazione delle barre oscillanti venivano praticamente compensati dalla variazione della forza elastica delle molle stesse. H1, con la sua precisione e la sua stabilità, soddisfece il suo costruttore, ma aveva caratteristiche intrinseche che ne impedivano la produzione in serie ed era, inoltre, molto ingombrante e non poteva essere facilmente trasportato, se non per nave. Per questo motivo Harrison chiese ed ottenne dal Board of Longitudes un finanziamento per costruirne una versione più piccola e più leggera.

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L'orologio H2

Harrison decise di fare il suo secondo cronometro marino, quello che si chiamerà "H2", più stretto e più alto rispetto ad H1. L'orologio doveva poter stare nella cabina del capitano, senza costringerlo a dormire sul ponte. Tuttavia "H2" risultò più pesante di "H1", 39 kg contro 34. La differenza è dovuta al fatto che "H1" aveva alcuni ingranaggi in legno, materiale che fu abbandonato nella costruzione di "H2". Al peso di "H2" va aggiunto quello della sospensione cardanica che aveva il compito di ridurre l'effetto delle oscillazioni della nave sull'orologio. La sospensione che è andata persa, si dice, pesasse all'incirca 28 kg. Dal punto di vista meccanico "H2" è uno sviluppo di "H1", con alcune aggiunte significative come, per esempio, una seconda molla motrice per mantenere costante la coppia al momento della ricarica e un dispositivo che evitava la sovraccarica.


Il secondo cronometro marino costruito da Harrison. Il cronometro che è alto 66 cm. si trova al National Maritime Museum di Greenwich "H2" fu completato nel 1739 e durante i due anni successivi fu confrontato con "H1". In seguito, quando il nuovo orologio fu presentato alla Royal Society, sappiamo che fu agitato, fu sottoposto a sbalzi di temperatura, insomma a tutte quelle situazioni ambientali che avrebbe potuto trovare in mare. Il risultato di tutte queste prove preliminari sembrava indicare che l'orologio sarebbe stato capace di assicurarsi il massimo premio messo in palio dal Board of Longitudes. John Harrison aveva 46 anni quando finì l'orologio "H2" e, di sua iniziativa, dette inizio alla costruzione di un terzo orologio, quello che si chiamerà H3. La ragione la troviamo nelle parole dello stesso Harrison: non è utile andare in mare per provarlo, perché una macchina molto migliore è, in gran parte, già costruita. Ma, diciamo noi, "H3" non era poi così dietro l'angolo: ci vorranno circa altri venti anni, perché questo il terzo orologio della serie venga completato.

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L'orologio H3

John Harrison aveva promesso al Board of Longitudes di produrre il terzo orologio, detto "H3", entro il primo di Agosto del 1743. Purtroppo non poté mantenere la parola data, poichè il progetto conteneva degli errori. Nel cercare di risolvere questo problema, Harrison riuscì a trovare soluzioni tecniche che poi resero possibile la costruzione dell'ultimo orologio, l'H4. Harrison considerava inaffidabili le barre oscillanti, che avevano preso il posto del pendolo, quando l'orologio veniva sottoposto a rotazioni, come accade ad una nave durante una tempesta e le sostituì con una sorta di ruota oscillante accoppiata ad una molla a spirale. Questo meccanismo, adesso, non desta meraviglia, perché è utilizzato in tutti gli orologi meccanici, ma per allora era una novità assoluta. "H3" inoltre ha i cuscinetti a sfere (o meglio a rulli), il che abbassa ulteriormente l'attrito degli ingranaggi. Risolse anche altri due problemi fondamentali, il primo consisteva nel fatto che la molla di torsione che riporta in posizione la ruota oscillante non si comportava come la gravità con il pendolo, e il secondo riguardava la compensazione degli effetti delle variazioni di temperatura.


Il terzo cronometro marino costruito da Harrison. Il cronometro che è alto 59 cm., si trova al National Maritime Museum di Greenwich Comunque, dopo tante fatiche e, supponiamo, lunghe prove per verificarne la precisione, Harrison dichiarò pronto l'"H3", il 28 Novembre 1757. Per tutto il periodo impiegato a costruire "H3", ricevette dallo Stato circa 112 sterline l'anno, meno di quanto guadagnava un esattore delle tasse.. Per questa modica cifra l'Inghilterra si era assicurata uno dei più grandi risultati della ricerca tecnologica del XVIII secolo, e il mondo si era arricchito di invenzioni che avrebbero permesso, in futuro, di migliorare le macchine e di inventarne di nuove, come appunto il cuscinetto a sfere.

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L'orologio H4

John Harrison, troppo impegnato a costruire un orologio capace di vincere il premio messo in palio dal Board of Longitudes, aveva bisogno di un orologio per se stesso e se lo fece costruire da un certo John Jefferyes, orologiaio. Confrontato con un qualsiasi orologio da tasca del tempo, questo nuovo orologio presentava delle soluzioni innovative che, chiaramente, dovevano essere state suggerite da Harrison stesso al Jeffreys. Harrison ci ha lasciato scritto che l'orologio funzionava piuttosto bene e, pignolo come era, dobbiamo credere che fosse davvero eccellente anche se non adatto per andare in mare, perché privo di compensazione per le variazioni di temperatura. Pensiamo che Harrison, verificandone il funzionamento, deve avere intuito che sarebbe stato possibile renderlo tanto preciso da poterlo utilizzare per la navigazione.

Nel 1755, il 19 Giugno, Harrison ottenne dal Board of Longitudes una ulteriore assegnazione di 500 sterline per completare H3 e costruire due orologi da tasca, il più perfetti possibile. Dei due che doveva costruire, Harrison ne costruì uno solo che prese il nome di "H4". Questo orologio non era proprio un orologio da tasca, aveva infatti un diametro di circa 13 cm., ma era sufficientemente maneggevole e forse, nelle intenzioni di Harrison, doveva servire come orologio secondario per trasportare il tempo dall'orologio H3, nella cabina del capitano, sul ponte della nave, dove venivano eseguite le osservazioni astronomiche per determinare la longitudine. Il tempo impiegato da Harrison per costruire H4 è breve rispetto a quello speso per costruire H3, evidentemente già il suo orologio da tasca, a cui abbiamo accennato, doveva essere stato un buon banco di prova per la miniaturizzazione delle soluzioni meccaniche adottate per "H3".


L'orologio H4 costruito da John Harrison che ha vinto il premio del Board of Longitudes. Il diametro della cassa è di 13.3 cm. L'orologio è attualmente conservato presso il National Maritime Museum of Greenwich. Sappiamo che l'orologio H4, il 18 Luglio del 1760, non era completo perché la compensazione della temperatura ancora non funzionava al meglio, ma nell'anno successivo l'orologio fu pronto per il collaudo e in Febbraio Harrison chiese ufficialmente che, sia l'orologio "H3", che l'orologio "H4", fossero provati in mare, come richiedeva il bando di concorso. Harrison credeva di essere giunto alla felice conclusione della sua vicenda, ma non aveva fatto i conti con un potente astronomo molto invidioso.

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