Verso la Luna: Jules Verne

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

(Differenze fra le revisioni)
m
m
Riga 156: Riga 156:
La Luna saliva su un firmamento terso e limpido, spegnendo al suo passaggio i fuochi scintillanti delle stelle; stava percorrendo la costellazione dei Gemelli e si trovava quasi a metà strada tra la linea dell’orizzonte e lo zenit. Ognuno poteva quindi facilmente indovinare che il tiro veniva effettuato davanti al bersaglio, così come il cacciatore punta il fucile davanti alla lepre che vuole colpire.Un silenzio gravido di timore incombeva su tutta la scena. Non un soffio di vento sulla Terra; la gente tratteneva il respiro. Appena appena i cuori osavano battere. Tutti gli occhi attoniti erano puntati sulla gola spalancata del Columbiad.
La Luna saliva su un firmamento terso e limpido, spegnendo al suo passaggio i fuochi scintillanti delle stelle; stava percorrendo la costellazione dei Gemelli e si trovava quasi a metà strada tra la linea dell’orizzonte e lo zenit. Ognuno poteva quindi facilmente indovinare che il tiro veniva effettuato davanti al bersaglio, così come il cacciatore punta il fucile davanti alla lepre che vuole colpire.Un silenzio gravido di timore incombeva su tutta la scena. Non un soffio di vento sulla Terra; la gente tratteneva il respiro. Appena appena i cuori osavano battere. Tutti gli occhi attoniti erano puntati sulla gola spalancata del Columbiad.
-
Mancavano soltanto quaranta secondi all’istante fissato per la partenza, ma ogni secondo pareva un secolo.Al ventesimo, un brivido percorse la folla. Ciascuno pensava agli audaci viaggiatori chiusi nel proiettile, intenti anch’essi allo scandire di quei terribili attimi. Si udirono voci isolate:
+
Mancavano soltanto quaranta secondi all’istante fissato per la partenza, ma ogni secondo pareva un secolo.Al ventesimo, un brivido percorse la folla. Ciascuno pensava agli audaci viaggiatori chiusi nel proiettile, intenti anch’essi allo scandire di quei terribili attimi.  
-
''Trentacinque... trentasei... trentasette... trentotto... trentanove... quaranta: Fuoco!''
+
Si udirono voci isolate:
 +
[[Immagine:verne_fuoco.gif|thumb|left|300 px|Trentacinque... trentasei... trentasette... trentotto... trentanove... quaranta: Fuoco!]]''Trentacinque... trentasei... trentasette... trentotto... trentanove... quaranta: Fuoco!''
Murchison premendo immediatamente col dito l’interruttore dell’apparecchio, inserì la corrente lanciando la scintilla elettrica nel fondo del Columbiad.
Murchison premendo immediatamente col dito l’interruttore dell’apparecchio, inserì la corrente lanciando la scintilla elettrica nel fondo del Columbiad.
In quello stesso istante si udì una detonazione spaventosa, inaudita, sovrumana, di cui né lo schianto della folgore, né il boato dei vulcani potrebbero dare l’idea. Un immenso fascio di fiamme uscì dalle viscere della terra come da un cratere. La terra tremò e soltanto qualche spettatore riuscì a scorgere per un istante il proiettile che fendeva vittoriosamente l’aria tra una scia di vapori fiammeggianti.
In quello stesso istante si udì una detonazione spaventosa, inaudita, sovrumana, di cui né lo schianto della folgore, né il boato dei vulcani potrebbero dare l’idea. Un immenso fascio di fiamme uscì dalle viscere della terra come da un cratere. La terra tremò e soltanto qualche spettatore riuscì a scorgere per un istante il proiettile che fendeva vittoriosamente l’aria tra una scia di vapori fiammeggianti.
Riga 166: Riga 167:
Trecentomila persone rimasero temporaneamente sorde e intontite dallo stupore.
Trecentomila persone rimasero temporaneamente sorde e intontite dallo stupore.
 +
 +
 +
'''Conclusione'''
'''Conclusione'''

Versione delle 21:06, 29 mag 2009

JULES VERNE

De la Terre à la Lune - Dalla Terra alla Luna

Finita la guerra di Secessione venne costituito con sede a Baltimora, negli Stati Uniti, il Gun-Club, e Impey Barbicane fu nominato Presidente. Al gruppo poteva essere ammesso chi avesse inventato o almeno perfezionato un cannone. Barbicane, sollecitato dal senso di inutilità dei membri del club forzatamente inattivi a causa della pace, propose di compiere un grandioso esperimento destinato a suscitare gran rumore nel mondo: mandare un proiettile fin sulla Luna.

Le prime domande che si pongono i membri del Gun Club

E’ possibile inviare un proiettile sulla Luna? E' possibile inviare un proiettile sulla Luna, a condizione che esso sia dotato della velocità iniziale di dodicimila iarde al secondo . Man mano che ci si allontana dalla Terra, la sua forza di attrazione, e di conseguenza il peso di qualsiasi corpo, diminuisce in relazione inversa al quadrato della distanza: vale a dire, ad esempio, che per una distanza tre volte maggiore, l’attrazione è nove volte meno forte. Ne consegue che il peso del proiettile diminuirà rapidamente e si annullerà del tutto al momento in cui l’attrazione della Luna equilibrerà quella della Terra e ciò avverrà ai quarantasette cinquantaduesimi del percorso. In questo punto il proiettile non avrà più nessun peso e se supererà questo stadio esso cadrà sulla Luna per effetto dell’attrazione lunare.

Quale sarà la durata della traiettoria del proiettile al quale sarà impressa la velocità iniziale sufficiente, e, di conseguenza, in che momento occorrerà lanciarlo perché incontri la Luna in un determinato punto?

Se il proiettile conservasse indefinitamente la velocità iniziale di dodicimila iarde al secondo che gli è stata impressa alla partenza, non impiegherebbe che 9 ore per giungere a destinazione, ma poiché questa velocità iniziale andrà progressivamente decrescendo, a calcoli fatti, si desume che il proiettile impiegherà trecentomila secondi, cioè ottantatré ore e venti minuti, per arrivare nel punto in cui l’attrazione terrestre e quella lunare si equilibrano, e da quel punto esso cadrà sulla Luna in cinquantamila secondi, cioè in tredici ore, cinquantatré minuti primi e venti secondi. Converrà, dunque, lanciare il proiettile novantasette ore, tredici minuti primi e venti secondi prima che la Luna arrivi al punto prefissato.

In quale momento esattamente la Luna si presenterà nelle condizioni più favorevoli per essere raggiunta dal proiettile?

Bisognerà anzitutto scegliere l’epoca in cui la Luna sarà nel suo perigéo e, allo stesso tempo, il momento in cui essa passerà allo zenit, il che diminuirà ancora il percorso di una distanza pari a quella del raggio terrestre, e cioè di tremilanovecentodiciannove miglia (ossia 6.367 chilometri). Così il tragitto definitivo sarà di duecentoquattordicimila novecentosessantasei miglia. . Bisognerà dunque attendere la rara combinazione di un passaggio simultaneo della Luna allo zenit e al perigèo.

Il cannone dovrà essere collocato in un paese situato tra 0 e 28 gradi gradi di latitudine nord o sud e dovrà essere puntato allo zenit del luogo.

Il proiettile

Il presidente Barbicane nominò in seno al Gun-Club una commissione esecutiva, che in tre sedute avrebbe dovuto risolvere tre grossi problemi: quello del cannone, quello del proiettile e quello del propellente. La commissione era composta da quattro membri molto esperti in materia. Barbicane prese la parola:

Miei cari colleghi, - disse - tocca a noi l’onore di risolvere uno dei più importanti problemi della balistica, scienza che eccelle su tutte, che tratta del moto dei proiettili ossia dei corpi lanciati nello spazio da una forza di propulsione e poi abbandonati a se stessi.

J.-T. Maston.precisò: – sarò breve; lascerò da parte la palla fisica, la palla che uccide, per non considerare che il proiettile matematico, il proiettile morale. La palla da cannone è, a parer mio, la più splendida affermazione della potenza umana; è nel proiettile che questo si riassume tutta intera.

Creando questo ordigno, l’uomo si è avvicinato in massimo grado al Creatore.

Infatti, - riprese l’oratore - se Dio ha fatto le stelle e i pianeti, l’uomo ha fatto la palla da cannone, criterio delle velocità terrestri, immagine in piccolo degli astri erranti nello spazio, i quali in realtà non sono altro che dei proiettili. A Dio la velocità della corrente elettrica, la velocità della luce, la velocità delle stelle, la velocità delle comete, la velocità dei pianeti, la velocità dei satelliti, la velocità del suono, la velocità del vento! Ma a noi la velocità del proiettile, cento volte superiore alla velocità dei treni e dei cavalli più rapidi. Si tratta di imprimere al nostro proiettile la velocità di dodicimila iarde al secondo (undici chilometri).

Prendiamo allora come punto di partenza la velocità di ottocento iarde. Bisognerà moltiplicarla per venti. Perciò, rinviando a un’altra seduta la discussione sui mezzi atti a produrre questa velocità, vorrei richiamare la vostra attenzione, miei cari colleghi, sulle dimensioni che bisognerà dare al proiettile.

Voglio dire che non basta inviare un proiettile e non occuparsene più; bisogna che noi lo seguiamo durante tutto il percorso, fino al momento del suo allunaggio. Voi sapete che gli strumenti ottici hanno raggiunto una grande perfezione; con certi telescopi siamo riusciti a ottenere ingrandimenti fino a seimila volte e osservare la Luna come se fosse a una distanza di 64 chilometri. E a tale distanza un corpo del diametro di 20 metri riesce perfettamente visibile . Non si è potuto finora spingere oltre la potenza di penetrazione dei telescopi, poiché ciò sarebbe a danno della nitidezza delle immagini; e la Luna, che è una superficie riflettente, non manda una luce sufficiente per consentire un ingrandimento oltre questo limite.

Ebbene, per ottenere questo risultato, basterà collocare il telescopio in cima a una montagna assai elevata. Ed è appunto ciò che faremo.

Giulio Verne e il grande telescopio lunare - Un articolo di Paolo Morini su Astrocultura UAI

Il cannone

Le decisioni prese in quella seduta produssero un grande effetto nell’opinione pubblica. Qualche timoroso si mostrò alquanto spaventato all’idea di un proiettile di ventimila libbre (nove tonnellate), lanciato nello spazio. Ognuno si domandava quale cannone potesse mai imprimere una velocità iniziale sufficiente per una simile massa.

La seconda seduta della commissione doveva rispondere positivamente a queste domande:

Che cosa succede quando un proiettile viene lanciato nello spazio?

Viene sollecitato da tre forze indipendenti: la resistenza dell’aria, l’attrazione della Terra e la spinta di propulsione che gli viene impressa. Esaminiamo queste tre forze. La resistenza circostante, cioè quella dell’aria, avrà poca importanza. In effetti l’atmosfera terrestre non è che di quaranta miglia. Ora, con una velocità di dodicimila iarde, il proiettile l’attraverserà in cinque secondi, e questo tempo è talmente breve da considerare insignificante la resistenza dell’involucro d’aria.

Passiamo allora all’attrazione della Terra, cioè al peso dell’obice. Sappiamo che il suo peso diminuirà in ragione inversa al quadrato della distanza; infatti ecco che cosa ci insegna la fisica: quando un corpo abbandonato a se stesso cade sulla superficie della Terra, la sua caduta è di quindici piedi nel primo secondo, e se questo stesso corpo fosse trasportato a duecentocinquantasettemila e centoquarantadue miglia, vale a dire alla distanza che ci separa dalla Luna, la sua caduta verso la Terra sarebbe ridotta nel primo secondo a mezza linea, un quarto di millimetro. E’ la quasi immobilità.

Si tratta dunque di vincere progressivamente questa azione del peso, con la forza di propulsione. Il propulsore sarà un cannone, perché la camera di scoppio avrà lo stesso diametro dell’anima. Sarà un obice, perché lancerà un obice. E finalmente sarà un mortaio, perché verrà puntato con un angolo di novanta gradi e perché, senza possibilità di rinculo, tenacemente fissato al suolo, comunicherà al proiettile tutta la forza di spinta accumulata nei suoi fianchi.

Questo cannone-obice-mortaio sarà rigato?

No, il proiettile esce meno rapidamente dal cannone rigato che dal cannone ad anima liscia. Il cannone dovrà essere molto tenace e solido, resistente al calore, insolubile e inossidabile all’azione corrosiva degli acidi: un cannone in ghisa lungo novecento piedi, con un diametro interno di nove piedi e pareti di sei piedi di spessore.

Come risolvere il problema della polvere da sparo?

Barbicane lancia al gruppo la proposta di usare, al posto del milione e seicentomila libbre di polvere occorrenti, un nuovo materiale in modo da ridurre questa enorme massa di polvere a un volume quattro volte meno considerevole: una strana materia che forma i tessuti elementari dei vegetali e che si chiama cellulosa.

Questa materia si ottiene allo stato perfettamente puro da diversi vegetali, soprattutto dal cotone che, combinato a freddo con l’acido nitrico, si trasforma in una sostanza insolubile, combustibile ed esplosiva. Nel 1832, il chimico francese Braconnot scoprì questa sostanza che chiamò xyloidina. Questa polvere è appunto la nitrocellulosa...Ovvero la pirossilina ...O fulmicotone.

Ha delle proprietà che la rendono preziosa; si prepara con molta facilità: cotone immerso in acido nitrico fumante per quindici minuti, poi lavato in acqua corrente e asciugato.

Inoltre la pirossilina è inalterabile all’umidità, si infiamma a centosettanta gradi anziché a duecentoquaranta e la suade flagrazione è così rapida che la si potrebbe accendere su uno strato di polvere ordinaria, senza che questa abbia il tempo di infiammarsi.

Il luogo dove si costruisce il cannone: la Florida

Per costruire il cannone, battezzato Columbiad, venne scelta la Florida.

Dimensioni dello scavo: in duecentocinquantacinque giorni vennero estratti duemilionicinquecentoquarantatremilaquattrocento piedi cubici di terra che, in cifra tonda, corrispondono a diecimila piedi cubici al giorno.

Sul fondo di questo scavo si costruì una "ruota" di legno di quercia, una specie di disco fortemente inchiavardato e di solidità a tutta prova; aveva un buco nel centro del diametro uguale a quello esterno del Columbiad. Su questa ruota si posero i primi strati di muratura le cui pietre erano tenute insieme, tenacemente, dal cemento idraulico. Gli operai, dopo avere murato le pareti partendo dalla circonferenza verso il centro, si trovarono rinchiusi in un pozzo largo ventuno piedi. Terminato questo lavoro i minatori ripresero piccone e zappa e cominciarono ad attaccare la roccia sotto la ruota, avendo cura di sostenerla via via con delle "taccate" solidissime; ogni volta che lo scavo progrediva di due piedi di profondità, toglievano progressivamente queste taccate; la ruota sprofondava lentamente e con essa il massiccio anello di muratura, sul cui strato superiore i muratori cementavano continuamente i mattoni, lasciandovi degli "sfiatatoi" che dovevano permettere la fuga dei gas durante la colata della ghisa.

La colata di ghisa

La colata doveva avere luogo a mezzogiorno in punto; il giorno avanti i forni erano stati caricati con centoquattordici libbre di lingotti di ghisa disposti in pile incrociate, per consentire all’aria calda di circolare liberamente. Fin dal mattino i milleduecento camini vomitarono nell’atmosfera torrenti di fumo e il terreno era scosso da sordi boati. Quante libbre di metallo da fondere, altrettante libbre di carbon fossile da bruciare. In totale erano sessantottomila tonnellate di carbone che proiettavano contro il disco solare spesse volute di fumo nero.

Al segnale, dato con un colpo di cannone, ogni forno doveva aprire il passaggio del metallo liquido e svuotarsi interamente. Qualche minuto prima di mezzogiorno le prime goccioline di metallo cominciarono a scivolare giù; i bacini di raccolta si riempirono a poco a poco, e quando la ghisa fu completamente liquida, la lasciarono riposare per qualche istante, per facilitare la separazione dalle sostanze estranee.

Suonò mezzogiorno e nello stesso istante si fece udire un colpo di cannone che proiettò nell’aria il suo sprazzo di luce fulva.

Milleduecento fori di colata si aprirono contemporaneamente e altrettanti serpenti di fuoco corsero verso il pozzo centrale, avvolgendosi nelle loro spire incandescenti, e là precipitarono, con gran rumore, a una profondità di novecento piedi. Era uno spettacolo magnifico ed emozionante. Il suolo tremava mentre quei flutti di ghisa, lanciando verso l’alto turbini di fumo, facevano svanire nello stesso tempo l’umidità dello stampo che filtrava dalle aperture del rivestimento di pietra sotto forma di impenetrabili vapori. Le nuvole artificiali si snodavano in grosse spirali che salivano verso lo zenit fino all’altezza di cinquecento tese.

Per liberare l’anima del pezzo gli operai iniziarono immediatamente l’estrazione dello stampo interno. La terra argillosa e la sabbia, sotto l’azione del calore avevano acquistato una durezza insolita; ma, con l’aiuto delle macchine, si ebbe ragione di quella massa ancora scottante che stava a contatto delle pareti del pezzo; il materiale estratto venne rapidamente portato via su carri trainati da macchine a vapore.

Ebbe subito inizio il lavoro di alesaggio; le macchine azionarono potenti alesatrici le cui lame cominciarono a mordere le rugosità della ghisa. Qualche settimana più tardi la superficie interna dell’immenso tubo era perfettamente cilindrica e l’anima del pezzo aveva acquistato un'estrema levigatezza.

Infine, il 22 settembre, a meno di un anno dalla comunicazione di Barbicane, l’enorme macchina, rigorosamente calibrata e di una Verticalità assoluta, avendola rilevata per mezzo di strumenti delicati, era pronta a funzionare.

Il suo rivale Michel Ardan, spinto anche dall’entusiasmo popolare, decise di compiere il viaggio dentro il proiettile, opportunamente modificato.

Anche il capitano Nicholl, rivale di Barbicane, uno scienziato americano che "forgiava corazze" per contrastare i proiettili sempre più potenti, venne coinvolto e alla fine saranno tre i viaggiatori ospiti del proiettile che partirà verso la Luna, anche perché venne risolto l'ultimo problema: il mezzo per annullare il contraccolpo alla partenza del proiettile.

Si sarebbe usato come ammortizzatore della semplice acqua. Il proiettile sarebbe stato riempito d’acqua fino all’altezza di tre piedi; su quel volume d’acqua doveva galleggiare un disco di legno a tenuta stagna, combaciante perfettamente con le pareti interne del proiettile: questa zattera era la vera piattaforma su cui i viaggiatori dovevano collocarsi alla partenza. Tutto era disposto affinché, appena verificatosi l’effetto e avvenuta la totale fuoriuscita dell’acqua, i viaggiatori potessero sbarazzarsi facilmente dei tramezzi e smontare il disco mobile che li sorreggeva al momento della partenza.

Barbicane, volendo rendersi conto dell’effetto del contraccolpo al momento della partenza del proiettile, fece venire un mortaio di trentadue pollici dall’arsenale di Pensacola. Lo collocarono sulla riva della rada di Hillisboro, perché la bomba ricadesse in mare e la sua caduta fosse attutita. Non si trattava d’altro che di sperimentare la scossa alla partenza e non il colpo all’arrivo. Per questo curioso esperimento prepararono con grande cura un proiettile vuoto. In quella bomba che si chiudeva con un coperchio a vite, misero un bel gattone e uno scoiattolo. Caricarono il mortaio con centosessanta libbre di polvere e vi collocarono la bomba, poi fecero fuoco.

Il proiettile si innalzò subito con rapidità, descrisse maestosamente la sua parabola, arrivò a circa mille piedi di altezza e con una graziosa curva andò a inabissarsi tra i flutti. Senza perdere un istante, una imbarcazione si diresse verso il punto della caduta; abili sommozzatori si tuffarono in acqua e fissarono i cavi alle orecchiette della bomba, che fu subito issata a bordo. Non erano passati neanche cinque minuti tra il momento in cui i due animali erano stati rinchiusi e il momento in cui fu svitato il coperchio della loro prigione. Appena aperto l’abitacolo, il gatto si lanciò fuori, ma lo scoiattolo non c’era più. Il gatto aveva mangiato il compagno di viaggio!

Il vagone proiettile

All'inizio del progetto era stata adottata la forma sferica, perché il proiettile potesse ruotare su se stesso e muoversi in piena libertà. Il materiale con cui costruire il veicolo rimaneva l'alluminio, (per le sue qualità di leggerezza, fusibilità lavorabilità). Ma adesso la faccenda cambiava aspetto, dal momento che il proiettile si trasformava in veicolo.

Quanto alle pareti superiori del proiettile, esse erano state rivestite di una spessa imbottitura di cuoio in molteplici strati, applicata su molle d’acciaio robustissime e al tempo stesso elastiche come molle d’orologio. I tubi di scappamento, dissimulati sotto l’imboccatura, non lasciavano nemmeno sospettare la loro presenza. Il proiettile misurava nove piedi di larghezza esterna e dodici piedi di altezza. Per non superare il peso prestabilito, avevano diminuito alquanto lo spessore delle pareti e rinforzato la parte inferiore, che doveva sopportare tutta la violenza del gas sviluppato nella deflagrazione della pirossilina.

Si penetrava nella torre di metallo da una piccola apertura sistemata sulle pareti del cono, in vicinanza della calotta, e funzionante come quella delle caldaie a vapore. Dall’interno l’apertura si chiudeva ermeticamente per mezzo di una lastra di alluminio trattenuta da solide viti a pressione. I viaggiatori avrebbero potuto quindi uscire a loro piacere dalla mobile prigione non appena avessero raggiunto l’astro delle notti.

Sotto l’imbottitura erano stati collocati quattro oblò di vetro lenticolare spessissimo; due di essi erano stati forati nella parte circolare del proiettile, un terzo nella parte inferiore e il quarto nel cappuccio conico. Ai viaggiatori era consentito in tal modo il privilegio di godersi, durante il tragitto, lo spettacolo della Terra che abbandonavano, della Luna cui si avvicinavano e degli spazi stellati.

Recipienti solidamente fissati erano destinati a contenere i viveri e le bevande necessari ai viaggiatori; il gas, contenuto in una bombola speciale a diverse atmosfere di pressione, poteva fornire fuoco e luce.

Era necessario rinnovare l’aria dentro il proiettile. In che modo? Per mezzo del clorato di potassio e della potassa caustica. Il clorato di potassio è un sale che si presenta sotto forma di pagliuzze bianche; quand’è portato a una temperatura superiore ai quattrocento gradi, si trasforma in cloruro di potassio, e lascia libero l’ossigeno che contiene. Ora, diciotto libbre di clorato di potassio rendono sette libbre di ossigeno, vale a dire la quantità necessaria ai viaggiatori durante ventiquattr’ore.

In quanto alla potassa caustica, è una sostanza avidissima dell’anidride carbonica che si trova nell’aria; basta agitarla perché se ne appropri e formi bicarbonato di potassio. Ecco quindi il modo di assorbire l’anidride carbonica.

Il propellente

Le quattrocentomila libbre di pirossilina erano state suddivise in pacchi di cinquecento libbre, e risultarono così ottocento cartocci confezionati con cura dai più abili artificieri di Pensacola.. Ogni cassa che arrivava era scaricata da operai che camminavano a piedi nudi e ogni cartoccio veniva portato all’orifizio del Columbiad ed era subito calato mediante argani a mano. Tutte le macchine a vapore erano state allontanate e spento ogni più piccolo fuoco nel raggio di due miglia. Era già molto proteggere la pirossilina contro i raggi del sole assai caldo nonostante si fosse in novembre.

Perciò si lavorava di preferenza durante la notte, al lume di una fiamma prodotta nel vuoto che, per diffondeva una discreta luce artificiale fino al fondo del Columbiad. Qui i cartocci venivano collocati con rigorosa simmetria e uniti tra loro con fili metallici destinati a portare simultaneamente la scintilla elettrica al centro di ciascuno di essi. Infatti il fuoco doveva essere comunicato alla massa di fulmicotone per mezzo della pila elettrica.

A tale scopo i fili, rivestiti di materiale isolante si riunivano in un cavo unico che attraversava la culatta d’acciaio, lungo un’apposita feritoia praticata nella muratura fino all’altezza in cui doveva essere collocato il proiettile; là il cavo attraversava la grossa parete metallica e risaliva fino alla superficie per uno degli scarichi del rivestimento in muratura, riservato a tale scopo. Una volta raggiunta la cima di Stone’s-Hill, il filo, sostenuto da pali per un tratto di due miglia, veniva allacciato a una potente pila di Bunsen, dopo essere stato innestato a un apparecchio interruttore.

A questo punto bastava premere con il dito il pulsante di questo apparecchio perché la corrente elettrica, entrando istantaneamente in circuito, facesse esplodere le quattrocentomila libbre di fulmicotone.

Il carico

Furono collocati dentro il vagone-proiettile tutti gli oggetti necessari al viaggio: termometri, barometri e cannocchiali. I viaggiatori erano curiosi di osservare la Luna durante il tragitto, e per facilitare l’esplorazione di questo nuovo mondo, si premunirono di una eccellente carta di Beer e Moedler, la "Mappa selenographica", stampata su quattro tavole, un vero capolavoro di osservazione e di pazienza. Essa riproduce con scrupolosa esattezza anche i minimi particolari della parte dell’astro rivolta verso la Terra.

Era un documento prezioso per i viaggiatori, in quanto consentiva loro di studiare il paese prima di mettervi piede. Portarono con sé anche tre fucili e tre carabine da caccia a pallottole esplosive, e inoltre polvere da sparo e piombo in gran quantità.

Furono imbarcati picconi, zappe, seghe a mano, svariatissimi utensili indispensabili, nonché un completo rifornimento di vestiti adatti a ogni temperatura, dal freddo delle regioni polari al caldo della zona torrida.

Dopo lunghe discussioni su eventuali animali da imbarcare, i viaggiatori si accordarono di portare con sé una eccellente cagnetta da caccia, appartenente a Nicholl, e un vigoroso terranova, di straordinaria forza. Varie cassette di cereali, tra i più utili, vennero incluse nel numero degli oggetti indispensabili. Una dozzina di arbusti, avvolti con cura in una fasciatura di paglia e collocati in un angolo del proiettile.

Rimaneva da risolvere l’importante problema dei viveri, poiché bisognava prevedere il caso di sbarcare su una zona della Luna assolutamente sterile. Barbicane fece così bene i conti che riuscì a caricare viveri per un anno intero. Ma occorre precisare, perché nessuno si stupisca, che quei viveri consistevano in conserve di carni e di legumi ridotte al minimo volume sotto l’azione di presse idrauliche e che contenevano una gran quantità di elementi nutritivi; non vi era molta varietà di cibi, ma in una spedizione come quella non si poteva fare i difficili. C’era anche una riserva di acquavite di cinquanta galloni circa e di acqua ce n’era per due mesi soltanto; infatti, dopo le ultime rivelazioni degli astronomi, nessuno dubitava che sulla Luna ci fosse una certa quantità di acqua.

La partenza

I tre compagni di viaggio presero posto nel proiettile, il cui sportello fu chiuso dall’interno.

La Luna saliva su un firmamento terso e limpido, spegnendo al suo passaggio i fuochi scintillanti delle stelle; stava percorrendo la costellazione dei Gemelli e si trovava quasi a metà strada tra la linea dell’orizzonte e lo zenit. Ognuno poteva quindi facilmente indovinare che il tiro veniva effettuato davanti al bersaglio, così come il cacciatore punta il fucile davanti alla lepre che vuole colpire.Un silenzio gravido di timore incombeva su tutta la scena. Non un soffio di vento sulla Terra; la gente tratteneva il respiro. Appena appena i cuori osavano battere. Tutti gli occhi attoniti erano puntati sulla gola spalancata del Columbiad.

Mancavano soltanto quaranta secondi all’istante fissato per la partenza, ma ogni secondo pareva un secolo.Al ventesimo, un brivido percorse la folla. Ciascuno pensava agli audaci viaggiatori chiusi nel proiettile, intenti anch’essi allo scandire di quei terribili attimi. Si udirono voci isolate:

Trentacinque... trentasei... trentasette... trentotto... trentanove... quaranta: Fuoco!
Trentacinque... trentasei... trentasette... trentotto... trentanove... quaranta: Fuoco!

Murchison premendo immediatamente col dito l’interruttore dell’apparecchio, inserì la corrente lanciando la scintilla elettrica nel fondo del Columbiad. In quello stesso istante si udì una detonazione spaventosa, inaudita, sovrumana, di cui né lo schianto della folgore, né il boato dei vulcani potrebbero dare l’idea. Un immenso fascio di fiamme uscì dalle viscere della terra come da un cratere. La terra tremò e soltanto qualche spettatore riuscì a scorgere per un istante il proiettile che fendeva vittoriosamente l’aria tra una scia di vapori fiammeggianti.

Nel momento in cui il fascio incandescente si levò verso il cielo ad altezza prodigiosa, la fiammata rischiarò l’intera Florida, e per un istante incalcolabile il giorno si sostituì alla notte entro un vastissimo raggio in quella regione. L’immenso pennacchio di fuoco fu scorto a cento miglia nel mare del Golfo come dell’Atlantico, e più di un comandante di nave annotò sul registro di bordo l’apparizione di quella meteora gigantesca.

La detonazione del Columbiad fu accompagnata da un vero terremoto. La Florida fu scossa fin nelle sue viscere. I gas dell’esplosione, dilatati dall’altissima temperatura, fecero pressione contro gli strati atmosferici con una incomparabile violenza, e quell’uragano artificiale, cento volte più spaventoso dello scatenarsi di una tempesta naturale, passò come una tromba d’aria. Nemmeno uno spettatore era riuscito a reggersi in piedi; uomini e donne, bambini, tutti vennero spinti a terra come spighe sotto l’uragano; in quel tumulto indescrivibile molti furono feriti, e J.-T. Maston, rimasto temerariamente troppo vicino al Columbiad, venne scagliato venti tese indietro e passò come una palla sulle teste dei suoi concittadini.

Trecentomila persone rimasero temporaneamente sorde e intontite dallo stupore.



Conclusione

Ecco l’annuncio redatto dal direttore dell’Osservatorio di Cambridge. Esso contiene la conclusione scientifica del grande esperimento del Gun-Club.

Long’s-Peak, 12 dicembre

AI SIGNORI MEMBRI DELLA DIREZIONE DELL’OSSERVATORIO DI CAMBRIDGE.

Il proiettile lanciato dal Columbiad di Stone’s-Hill è stato scorto dai signori Belfast e J. T. Maston il 12 dicembre, alle otto e quarantasette minuti della sera, mentre la Luna entrava nell’ultimo quarto.

Il proiettile non è giunto alla meta. Le è passato di fianco, tanto vicino comunque da essere trattenuto dall’attrazione lunare. Qui il suo moto rettilineo si è cambiato in moto circolare di vertiginosa velocità ed è stato trascinato ormai secondo un’orbita ellittica intorno alla Luna di cui è diventato un vero satellite. Non si sono potute ancora determinare le caratteristiche di questo nuovo astro. Non si conoscono né la sua velocità di traslazione né quella di rotazione. La distanza che lo separa dalla superficie della Luna può essere calcolata in duemila ottocentotrentatré miglia circa. Ora, si possono realizzare due ipotesi, che potrebbero apportare dei mutamenti nello stato delle cose: l’attrazione della Luna finirà per attrarlo e in tal caso i viaggiatori arriveranno alla meta della loro impresa.

O, mantenuto in un ordine immutabile, il proiettile graviterà attorno al disco lunare fino alla fine dei secoli.

Tutto questo ce lo diranno un giorno le osservazioni, ma fino a quel momento il tentativo del Gun Club non ha avuto altro risultato che di dotare di un nuovo astro il nostro sistema solare.

L'epilogo della vicenda nel romanzo Autour de la Lune

Strumenti personali