Verso la Luna: tecnologia

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

Indice

EDGAR ALLAN POE

Aventures sans pareille d'un certain Hans Pfaal - Avventure impareggiabili di un certo Hans Pfaal

JULES VERNE

De la Terre à la Lune - Dalla Terra alla Luna

GEORGE LE FAURE e HENRY DE GRAFFIGNY

Aventures extraordinaires d'un savant russe - Le straordinarie avventure di uno scienziato russo

Il primo progetto

Uno scienziato russo, Mickhaïl Ossipoff, ha scoperto la formula della Selenite, una potente miscela detonante costituita da carbazotato di potassio e gelatina esplosiva. Progetta di usare questa sostanza per andare sulla Luna, essendo convinto che presto o tardi il nostro satellite sarebbe diventato una colonia della Terra.


Il progettista disegna il suo cannone. Egli ha constatato che in tutte le bocche da fuoco tanto maggiore è il tragitto percorso dal proiettile, più cresce la velocità iniziale; il miglior risultato si ottiene quando il carico intero brucia durante il tempo che impiega il proiettile a uscire dal pezzo. Se durante questo tempo si potesse dare fuoco a nuove cariche supplementari la velocità iniziale crescerebbe ancora. Sarebbe sufficiente allungare il tubo del cannone e dar fuoco a cariche successive per raggiungere una velocità considerevole.L' ordigno misurerebbe 3 metri e mezzo di altezza e 2 metri di diametro. Avrebbe il fondo in acciaio, di un solo blocco, prodotto con un procedimento inventato dallo stesso autore. Ma il punto centrale dell'invenzione è l'aggiunta a questo tubo di numerose camere di scoppio situate lungo la culatta.


Queste camere a polvere sono in acciaio di 15 cm di spessore, per resistere alla massima pressione; sono in numero di 12 e ciascuna contiene 500 kg di Selenite ; il fondo del cannone stesso ne contiene 1000 kg.


Le camere a polvere e il carico iniziale sono tutte collegate a un meccanismo elettrico di estrema delicatezza; nel preciso secondo in cui il proiettile deve lasciare il suolo terrestre una scarica elettrica colpirà il carico sul fondo: la carica prenderà fuoco ....un milione di metri cubi di gas verranno prodotti all'istante e il proiettile sarà spinto avanti... nel momento in cui percorrendo il tubo, vengono innescate le camere a polvere , la deflagrazione della selenite che contengono si verificherà aggiungendo nuova spinta a quella del carico iniziale, così che all'uscita del cannone il proiettile sarà dotato di una velocità di 12 km al secondo.

La fabbricazione di questa polvere e la partenza si devono effettuare nell'emisfero meridionale , non lontano dall'arcipelago Gambier, nell'isola di Pitcairn, a 26 gradi di latitudine.

Occorrerebbe in effetti trovare sul globo una località adatta perché il cannone possa essere puntato verso la luna, e che sia lontano da centri abitati. Si produrranno parecchi milioni di metri cubi di gas esplosivi che daranno origine a una terribile perturbazione atmosferica che distruggerà tutto ciò che esiste nei dintorni.


Il secondo progetto.

Sfumato il primo progetto per la disonestà di un collega che se ne appropria e lo vende a degli speculatori americani (che con un'analisi spettrografica avrebbero scoperto che la superficie lunare è ricca di diamanti ) e dopo molte peripezie, Mickhaïl Ossipoff decide di realizzare un secondo progetto, dopo il fortunato incontro con uno studioso che ha scoperto come predire le eruzioni vulcaniche (che sarebbero legate al magnetismo terrestre): usare come “cannone” il camino di un vulcano in eruzione.


Si progetta una “capsula spaziale”, destinata a ospitare i partecipanti alla spedizione verso la Luna.


La casula viene costruita in magnesio nickelato , il più leggero dei metalli, pesando meno dell'argento e la metà dell'alluminio; il trattamento al nickel poi lo rende resistente come l'acciaio.

L'interno è dotato di ogni comodità . Per cucinare si userà l'alcool che non sviluppa fumi. L'energia verrà fornita da una serie di batterie sufficienti per 240 ore, i 10 giorni necessari per il viaggio

Per quanto riguarda l'aria per respirare si provvede con una forte pressione a liquefare o solidificare l'ossigeno riducendolo in tavolette.Per ovviare all'inconveniente dell'aria viziata si userà la potassa caustica che assorbirà l'acido carbonico, coadiuvata da un ventilatore per disperdere l'aria prodotta dalla respirazione e traspirazione...

Si sceglie il vulcano Cotopaxi, nelle Ande, che possiede un camino perpendicolare. Una piattaforma viene calata con 10 uomini fino in fondo al pozzo per eliminare ogni asperità e renderlo liscio come il tubo di una cannone, consentendo alla capsula proiettile di scorrere liberamente.

La capsula trasportata in pezzi viene riassemblata sul luogo, calata sul fondo del camino al di sopra dei cassoni di aria compressa (che si staccheranno dopo la partenza) che servono per attutire il contraccolpo. Quando sarà il momento il vulcano si sveglierà per liberare i suoi vapori a lungo compressi e la forza spingerà la capsula nello spazio a più di 12 km per il primo secondo. Anche il tremendo rumore non sarà avvertito perché la velocità a cui saranno lanciati è superiore alla velocità del suono. La casula viene costruita in in magnesio nikelato , il più leggero dei metalli, pesando meno dell'argento e la metà dell'alluminio; il trattamento al nikel poi lo rende resistente come l'acciaio.

I preparativi terminano, l'eruzione si presenta nel momento stabilito e la capsula spaziale parte.


Un enorme pennacchio di fiamme alto più di 5 metri si sprigiona dal cratere del Cotopaxi e un rumore assordante si diffonde per l'aria.

La tempesta, muovendosi alla velocità di 155 km all'ora si dirige verso Nord-Est, attraversa il golfo del Messico inghiottendo una quindicina di navi nelle trombe d'aria e nei gorghi. Raggiunge gli Stati Uniti sradicando alberi, rovesciando case e in meno di 6 ore si perde nel mare di Baffin.

Nell'America Equatoriale un terremoto coinvolge tutta la zona delle Ande. Gas mefitici si sprigionano da fenditure; nelle Americhe è una desolazione completa.

Il viaggio si svolge nella maniera più tranquilla fino al punto in cui l'attrazione terrestre cessa e dovrebbe cominciare a sentirsi quella lunare. Qui trovano ferma la casula spaziale di cui si e' impossessato il nemico. Le due capsule si muovono appaiate fino ad arrivare a sorvolare la luna a volo d'uccello. Vengono riconosciuti vari crateri e mari e si sorvola anche la faccia nascosta, dove la capsula raggiunge la superficie della Luna, precipitando sul fondo di un cratere. Gli occupanti si svegliano in una gabbia formata da tronchi d'albero. La scarsa gravità permette loro di spostare senza fatica gli alberi.

Non sono soli, arrivano i Seleniti: simili agli umani ma giganti alti 12 piedi, hanno esile bocca con labbra sottili, grandi orecchie, grandi pupille, una testa grossa in bilico su un corpo dal petto esile, dimostrazione del fatto che i polmoni sono piccoli, a causa dell'aria rarefatta come a un'altezza di 7.500 metri slm terrestre.Per comunicare il selenita porta un oggetto che si rivela una specie di fonografo, con uno schermo su cui compaiono scritte le parole pronunciate. In poco tempo il dialogo diventa facile. Viene mostrata anche una mappa della faccia nascosta della Luna, dove sono indicati fiumi e città.


Attraverso dei tunnel naturali e una specie di battello a vapore si spostano velocemente verso alcune città lunari: Chuir, Moonlidek per arrivare nella capitale Ronarthwer.

Gli abitanti della Luna chiamano la Terra “La Ruotante”, (colei che ruota).

I terrestri chiedono di andare dalla parte della Luna in cui si vede la Terra piena.

Il mezzo di trasporto che viene approntato è una specie di aeroplano a vapore.

I terrestri non hanno intenzione né di rimanere sulla Luna né di tornare sulla Terra, ma desiderano proseguire verso i pianeti interni. Dalle osservazioni da Terra lo scienziato ha scoperto che sulla Luna, nel cratere Plato, una zona coperta di foreste attraversate da larghe strade, esiste una sostanza che emana dalla superficie lunare, una polvere che tende a slanciarsi verso la luce e che permetterà alla loro capsula di dirigersi irresistibilmente verso il Sole. Chiedono al loro ospite di portarli quindi sulla faccia visibile, per rifornirsi del propellente che li porterà verso Venere e Mercurio. Per ovviare alla mancanza di aria (che manca sulla faccia visibile della Luna) indossano le loro tute che chiamano “respirols”, costituite da un casco in caucciù con i bordi ricadenti sul torace e abbottonati sulle braccia. Davanti alla bocca un'apertura con una valvola munita anche di un tubo da appoggiare all'orecchio per poter parlare anche in assenza di aria, permette di espellere i gas prodotti dalla respirazione. In una tasca laterale è munita di un cilindro di acciaio che trattiene l'ossigeno liquido erogabile per mezzo di un rubinetto.


EMILIO SALGARI

Alla conquista della luna

Ad Allegranza, un piccolo isolotto del gruppo delle Canarie, arriva un veliero da cui vengono scaricate delle pesanti casse, sotto gli occhi sospettosi degli isolani.

Dopo alcuni giorni il veliero riparte lasciando sull'isola soltanto due personaggi che hanno l'aria di scienziati o professori. Essi si danno da fare a costruire una strana macchina...

"che rassomigliava ad una cupola, con la parte superiore formata da lastre solidamente incastrate in telai che parevano d'alluminio, e la inferiore coperta di specchi immensi e di una serie di doppie eliche, che si vedevano funzionare senza posa, anche dopo il tramonto dell'astro diurno."

Interpellati da Faja, un vecchio marinaio che gode la stima degli altri abitanti dell'isola, gli scienziati spiegano che hanno intenzione di compiere un viaggio nello spazio e raggiungere la Luna.

"Abbiamo, se non la certezza, almeno molta speranza - disse il vecchio. - Voi vedete questa macchina? Anche un cieco la vedrebbe, ma non so a che cosa potrebbe servire, specialmente con tutti quegli specchi. Chiamateli riflettori, signor alcade, o meglio ancora, insolatori. Basta orientarli a seconda della direzione dei raggi solari per ottenere uno sviluppo di calore così considerevole da mettere in movimento qualunque macchina. Essi danno a noi la forza necessaria per far funzionare gli apparecchi che si trovano sotto la cupola di cristallo, i quali dovranno mettere in moto tutte le ali ad elica, destinate a trasportarci in alto. Noi vogliamo tentare, con l'aiuto di quella novella forza, d'innalzarci a tale altezza non mai neppur sognata, fino ad uscire dall'orbita della terra e cadere sulla luna o su qualche altro astro, ciò che io ed il mio amico, dopo lunghi studi, crediamo possibile. Non sappiamo se il nostro tentativo, che può sembrarvi una pazzia, possa avere un esito felice o se finirà in un'orrenda catastrofe. Comunque sia, noi lasceremo alla scienza la nostra invenzione."

Affidano al vecchio un cilindro di metallo contenente un messaggio che deve essere custodito e consegnato in futuro a qualcuno che l'avesse richiesto. Poi fanno i preparativi per la partenza, sotto gli occhi stupiti degli isolani...

"I due scienziati, che si scorgevano benissimo attraverso la cupola di cristallo, eseguivano delle manovre misteriose attorno a certi apparecchi che rassomigliavano a piccole macchine a vapore, prive di camini.

Ad un tratto, gl'isolani videro le ali che si trovavano intorno alla cupola, un po' sotto gli specchi, girare vertiginosamente e la macchina intera inalzarsi con la rapidità d'un uccello marino.

Scintillava come una massa di fuoco, lanciando in tutte le direzioni fasci di luce accecanti che impedivano quasi di osservarla, s'alzava sopra l'isola, mantenendo una verticale quasi perfetta.

Per parecchi minuti Faja ed i suoi compagni poterono seguirla con gli sguardi, riparandosi gli occhi con le mani, poi scomparve fra la luce solare come se si fosse fusa. Indarno essi l'attesero, credendo di vederla da un momento all'altro precipitare sull'isola o sul mare.

La notte scese e la cupola non fu più veduta tornare. Viaggiava fra gli spazi sconfinati del cielo, oppure era caduta sull'oceano ad una grande distanza? Mistero!"

Dopo qualche tempo una nave si accosta all'isola e Faja viene pregato dal comandante di consegnare il cilindro che ha in custodia.

"Il comandante lo aspettava nella sua cabina, tenendo in mano un lungo cilindro di metallo, accuratamente chiuso ed eguale in tutto e per tutto a quello che aveva ricevuto Faja dai due scienziati brasiliani.

- Ascoltatemi - disse il capitano, dopo d'averlo pregato di sedere. - Un mese fa, una nave francese, che veniva dai porti dell'America del Sud, rinveniva a quattrocento miglia dalle coste del Portogallo questo cilindro galleggiante sull'Oceano e contenente un documento benissimo conservato. Sapete leggere il portoghese?

- Sì, signore - rispose Faja.

- Leggete - disse.

Faja, con uno stupore facile ad immaginarsi, lesse le seguenti parole: "Lanciato sulla terra a novemilacinquecento metri. La nostra macchina funziona sempre perfettamente, mercè il calore proiettato dai nostri specchi e condensato nei nostri motori.

Se nulla accade di contrario, noi fra tre ore avremo lasciato la zona d'aria respirabile e continueremo la nostra ascensione verso la luna o verso un astro qualsiasi.

"Se non potremo mai più tornare sulla terra o se il freddo ci assidererà, come temiamo, chi vorrà sapere chi noi siamo e con quale macchina ci siamo alzati, si rivolga all'alcade di Allegranza (isole Canarie), a cui abbiamo rimesso i nostri documenti prima di lasciare definitivamente la terra."

Rio de Janeiro, 24 luglio 1887.

Ed ecco quello che il capitano trova nel cilindro gemello che Faja ha portato dalla sua isola.

"La notizia della fondazione della Società solare, costituitasi a Parigi, e la scoperta degl'insolatori, fatta dall'americano Calver, ha suggerito a noi l'idea di costruire una macchina che potesse funzionare senz'altro bisogno che del calore del sole e permettere di tentare un'esplorazione nello sconfinato firmamento.

Le splendide prove date dagl'insolatori, che ora funzionano così magnificamente in varie città africane, mettendo in moto delle macchine che vengono usate per la distillazione dell'acqua, ci hanno convinti della possibilità della cosa.

Dopo lunghi studi e lunghe esperienze, noi siamo riusciti a costruire degl'insolatori di tale potenza, da poter accumulare tanto calore da fondere perfino il ferro. Portare l'acqua allo stato d'ebollizione anche la più intensa, e mettere in moto delle macchine poderose senza aver bisogno del carbone; era dunque un gioco per noi.

Ottenuta la forza, abbiamo costruito dei motori e quindi una macchina volante, munita di eliche sufficienti per l'inalzamento.

La riuscita è stata così completa da tentare un grandioso progetto che da lunghi anni turbava il nostro cervello: di muovere, cioè, alla conquista della luna, o per lo meno di tentare un'esplorazione fuori dei confini dell'aria respirabile.

A tale uopo e per poter resistere senza esporci ai freddi intensi che supponiamo, a ragione, di dover sfidare nel nostro inalzamento, abbiamo munito la nostra macchina volante di una cupola di cristallo, assolutamente chiusa, portando con noi cilindri di ossigeno per rinnovare l'aria interna.

Riusciremo nella nostra temeraria impresa? Noi ne siamo fermamente convinti.

I nostri insolatori ci forniranno abbastanza calore per poter far funzionare le nostre macchine anche di notte e per poter resistere ai grandi freddi, per quanto intensi possano essere.

Quindi non possiamo temere di morire assiderati, nè di vedere le nostre macchine arrestarsi, il che accadendo, il nostro viaggio terminerebbe in una spaventevole caduta.

Noi speriamo un giorno di ridiscendere sulla terra. Se ciò non dovesse avvenire, considerateci pure come morti.

«CARVALHO E SOUZA»

Il capitano racconta che una nave inglese, proveniente dai porti della Cina, aveva raccolto un uomo trovato su un'isoletta disabitata.

Era un vecchio di sessanta e più anni, che aveva il volto coperto da una lunga barba e non aveva indosso alcun indumento.

Da alcune frasi sconnesse il comandante della nave aveva potuto capire che quell'uomo, che doveva essere diventato pazzo, non era approdato su quell'isolotto con una nave, nè con una scialuppa.

Asseriva di essere caduto dal cielo dopo una lunga corsa attraverso gli spazi celesti, e di essere di nazionalità brasiliana e di chiamarsi Souza...

HERBERT GEORGE WELLS

Les premiers hommes dans la Lune

Mr. Bedford, uno scrittore ritiratosi in campagna, conosce il dottor Cavor, uno strano personaggio che ogni giorno passa davanti alla sua casa. Riesce a fare la sua conoscenza e scopre che il professore sta facendo delle ricerche, fino a quel momento solo teoriche, su una sostanza che sarebbe opaca a tutte le forme di energia radiante (come precisa lo scienziato, "tutto ciò che somiglia alla luce, al calore, ai raggi Roentgen, alle onde elettriche di Marconi, e in particolare alla gravitazione; tutto ciò che emana da un centro e agisce a distanza").

La sostanza consiste in una lega di vari metalli tra cui l'elio. Lo scrittore si rende conto dell'enorme importanza che avrebbe una simile sostanza in vari settori: locomozione, navigazione, guerra, trasporti, industria, e decide di partecipare all'impresa.

Un giorno, mentre stanno tentando per la prima volta di realizzare la sostanza (che una volta preparata deve raffreddarsi fino a raggiungere la temperatura di 16 gradi per rivelare le sue proprietà), a causa di una fatale distrazione, rivela improvvisamente gli effetti sperati, fuggendo nello spazio e trascinando dietro di sé anche l'aria e varie costruzioni nelle vicinanze.

Il professor Cavor, che sta già pensando ad una macchina volante, viene incoraggiato dall'accaduto a proseguire nella sua impresa. Egli progetta una sfera di acciaio ,smaltata esternamente con la cavorite, abbastanza grande da contenere due persone, cibi concentrati, acqua, un distillatore e altri bagagli.

La sfera così preparata viene ricoperta con la cavorite ancora calda, e mentre si raffredda i due si accomodano all'interno. Quando la cavorite avrà raggiunto la temperatura giusta, avverra' il decollo.

Infatti tutto si svolge come previsto: ad un certo punto Bedford sente una strana sensazione, una tensione mai sentita prima, come se i suoi piedi avessero un peso enorme.

E' la partenza!

Dopo un breve tratto egli prova una sensazione di stordimento, una leggerezza... la sensazione di non avere un corpo: hanno raggiunto lo spazio e fluttuano nel vuoto.

Per riprendere un po' di peso e viaggiare più confortevolmente aprono un pannello verso la Terra: subito riprendono una posizione più naturale.

La sfera viaggia dritta verso il nostro satellite, ma il professor Cavor ha previsto la possibilità di eseguire svolte e rallentamenti. La sfera è costituita da pannelli manovrabili con facilità; per dirigersi in un'altra direzione basta aprire uno dei pannelli rivolto a un corpo celeste nei paraggi.

Passano alcuni giorni e finalmente, aprendo alcuni pannelli in direzione della Luna, la vedono grandissima. Entrano in orbita lunare e cominciano a orbitare a un centinaio di metri sopra la superficie.

Cavor calcola freneticamente il modo di poter scendere dolcemente sulla superficie. Tenendo chiusi tutti i pannelli ricreano l'assenza di gravità, ammucchiano i bagagli al centro della capsula senza nessuna fatica e poi, regolando l'apertura dei pannelli, toccano il suolo lunare all'interno di un grande cratere.

Quando arriva la luce del Sole nel luogo dell'atterraggio scorgono la neve, e una vegetazione in rapidissimo sviluppo. Notano che la Luna ha un'atmosfera ma aprendo cautamente una valvola capiscono che è più rarefatta che sulla Terra.

Cercano conforto con un sorso di cognac e sentendosi pronti escono dal loro veicolo e cominciano a esplorare la Luna compiendo grandi balzi, essendo la forza di gravità minore che sulla Terra.

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