Domenica
20 marzo 2005,
alle ore 13:33 di Tempo Medio dell'Europa Centrale -TMEC- (il tempo
in vigore quel giorno in Italia), si verifica l'equinozio di primavera.
Il fenomeno, accadendo in un giorno di festa e a metà giornata,
è una buona occasione per osservare, nelle migliaia di quadranti
solari e meridiane d'Italia, l'ombra del Sole che scorre, dall'alba
al tramonto, lungo le loro linee rette equinoziali. L'avvenimento
è stato inserito nel calendario delle manifestazioni promosse
dall'UAI per il 2005 in quanto, oltre che per il settore dei quadranti
solari, il giorno dell'equinozio è importante per la didattica
e la divulgazione, per via dei molti aspetti sia astronomici sia storico-religiosi
a cui è legato.
Gli equinozi
(di primavera e d'autunno) sono i momenti in cui il centro del disco
del Sole si trova sul punto d'incrocio tra l'equatore celeste e l'eclittica.
L'equinozio
di primavera è il momento in cui il Sole, muovendosi lungo
l'eclittica, passa dall'emisfero celeste australe all'emisfero celeste
boreale. Esso determina in cielo il cosiddetto punto g (gamma
o anche punto vernale; in realtà è il simbolo
dell'Ariete, rimasto da quando tale punto si trovava in detta costellazione),
cioè l'intersezione con la sfera celeste del prolungamento
della direzione Terra-Sole nell'istante dell'equinozio.
Dal punto vernale, g, ha origine la misura dell'Ascensione Retta
(AR) e della longitudine solare apparente.
Nel giorno
dell'equinozio, lo si intuisce anche dalla parola (che deriva dal
latino e significa "notte uguale"), in tutti i luoghi del
nostri pianeta la lunghezza del dì è uguale a quella
della notte.
Il nostro
almanacco a pag. 9 riferisce che: "equinozi e solstizi si verificano
quando la longitudine eclittica apparente del Sole è un multiplo
di 90°. Pertanto si ha l'equinozio di primavera quando la longitudine
eclittica è 0°, il solstizio d'estate quando è 90°,
l'equinozio d'autunno quando è 180° e il solstizio invernale
quando essa raggiunge esattamente i 270°".
La longitudine
apparente differisce da quella media (riferita all'equinozio della
data) pubblicata sulle pagine del Sole del nostro almanacco, in quanto
tiene conto dei fenomeni della nutazione e dell'aberrazione.
La nutazione
è un piccolissimo movimento di carattere periodico subito dall'asse
di rotazione della Terra attorno alla sua posizione media.
L'aberrazione
è invece lo scostamento tra la direzione in cui viene osservata
una stella o un altro corpo celeste rispetto al luogo ove esso si
trova effettivamente. Il fenomeno è dovuto alla velocità
della Terra nella sua rivoluzione attorno al Sole (circa 30 km/sec),
relazionato con la velocità della luce. L'angolo d'aberrazione
medio annuo vale circa 20",5 d'arco.
Il termine "apparente" indica quindi la posizione in cui
"appare" un astro (in questo caso il Sole) a un osservatore
posto sulla Terra, rispetto alla sua posizione reale.
Il punto g non è fisso in cielo ma, per effetto del movimento
conico retrogrado dell'asse di rotazione terrestre, chiamato "precessione
degli equinozi", si sposta continuamente compiendo un giro
completo in circa 26.000 anni. Per effetto di questo fenomeno, la
rivoluzione della Terra per tornare al successivo equinozio è
chiamata anno tropico e si compie prima di una rivoluzione siderale.
La lunghezza
dell'anno tropico (da equinozio a equinozio) è infatti
mediamente di 365.2422 giorni, contro i 365.2564 giorni dell'anno
siderale (da stella fissa a stella fissa), con una differenza
media tra i due di 20 minuti e 24.6 secondi.
La lunghezza dell'anno tropico è strettamente legata al calendario
gregoriano, attualmente in vigore in Italia e in gran parte dei paesi
del mondo. Infatti, essendo legato alle stagioni, esso è calcolato
proprio sulla distanza media esistente tra due equinozi. Il
calendario gregoriano è in vigore dal 1582. Prima di
allora il tempo era scandito dal calendario giuliano, introdotto
nel 45 a.C. da Giulio Cesare in sostituzione all'antico calendario
romano. Il calendario di Cesare considerava l'anno tropico lungo 365.25
giorni, con una differenza rispetto al reale di circa 11 minuti annui
che, nei 1627 anni in cui rimase in vigore, comportò un errore
rispetto alle stagioni di ben dieci giorni.
Il calendario giuliano prevedeva tre anni di 365 giorni suddivisi
in dodici mesi della durata uguale agli attuali e, ogni quattro anni
a febbraio, un giorno aggiunto che diede origine all'anno bisestile.
La parola bisestile deriva da bis sextus in quanto il giorno
aggiunto (bis) fu inserito.. dies sexta ante calendas martias..
ovvero sei giorni prima delle calende di marzo. Le calende (da calare,
chiamare a raccolta) segnavano l'inizio del mese, giorno in cui si
pagavano gli interessi ed il libro degli interessi era appunto il
calendarium.
Il 29 febbraio fu aggiunto negli anni divisibili per quattro.
Quando Papa Gregorio introdusse la riforma, i dieci giorni furono
tolti e si passò, in una notte, dal 4 ottobre 1582 al 15
ottobre 1582. La riforma gregoriana fu decisa in attuazione a
una delibera del Concilio di Trento (1545). Papa Gregorio XIII s'avvalse
delle conoscenze di alcuni esperti dell'epoca. Tra essi i più
importanti per il calcolo della lunghezza dell'anno tropico, furono
Luigi Lilio, il gesuita tedesco Clavio, e il bolognese Ignazio Danti.
Costui nel 1576 controllò l'istante dell'equinozio sulla meridiana
di San Petronio costruita nel 1575. La meridiana fu rifatta da Gian
Domenico Cassini nel 1655, ed è ancor oggi un grande esempio
di precisione per la misura del tempo.
Oltre al taglio dei dieci giorni, la riforma gregoriana riformulò
il conteggio per gli anni bisestili, e definì non bisestili
gli anni che, pur se divisibili per quattro, fossero anche di fine
secolo (1700, 1800, 1900), escludendo tra questi quelli divisibili
per 400 (1600, 2000, 2400) che rimangono perciò bisestili.
In tal modo la lunghezza media dell'anno diventa 365.2425 con
uno scarto di pochi secondi rispetto alla lunghezza reale.
Il motivo principale per il quale Papa Gregorio XIII non poté
rinviare di affrontare il problema, è collegato alla questione
della data della Pasqua. Al Concilio di Nicea (325 d.C.), s'era
stabilito che l'equinozio di primavera dovesse perpetuamente cadere
il 21 di marzo, e di conseguenza la Pasqua essere celebrata la domenica
successiva al primo plenilunio che con tale data coincide o che tale
data segue. Pertanto, il divario che s'era creato a causa del calendario
giuliano, aveva suscitato nel Papa la preoccupazione che, così
andando le cose, la Pasqua avrebbe finito con l'essere celebrata d'estate.
Erroneamente la Chiesa considera quindi il 21 marzo quale data fissa
per la scadenza equinoziale.
Ma anche tra la gente comune (astrofili ed astronomi compresi) è
diffusa la tradizione che il giorno di "..San Benedetto, la
rondine è sotto il tetto.." sia sempre il primo giorno
di primavera. In realtà, nel giro di 400 anni in cui si compie
un ciclo completo del calendario gregoriano, l'equinozio cade il 21
marzo "solo" nel 23% delle volte. Il 70% cade il
20 marzo mentre il restante 7% si verifica addirittura il 19 marzo.
Il secolo in cui è più ricorrente la cadenza del giorno
21 è quello che termina con l'anno secolare divisibile per
400, quindi proprio quello terminato con l'anno 2000.
Nel secolo attuale, cioè quello che finirà nel 2100,
le cose andranno diversamente in quanto l'equinozio cadrà il
giorno 21 solo 2 volte. I dati statistici di questo paragrafo sono
riferiti al Tempo Universale (TU).
S'è già detto che i 365.2422 giorni di distanza tra
due equinozi sono un dato medio. Se si considerano le distanze tra
equinozi successivi si notano differenze anche marcate, a volte superiori
ai 20 minuti. Però, se si mediano 10 anni consecutivi, la differenza
scende già a meno di un minuto (medio). Pertanto, volendo per
esempio cimentarsi nella misura della lunghezza dell'anno tropico
prendendo a riferimento la linea equinoziale di una meridiana, è
bene ripetere l'esperienza per almeno dieci anni oppure, più
semplicemente, fare la differenza tra i tempi di due equinozi distanti
almeno dieci o più anni.
Per esempio, se consideriamo le distanze tra gli equinozi degli anni
successivi al 2005, troviamo questi valori:
2005-2006
365.2442 + 6.8 minuti
2006-2007 365.2375 - 9.7 minuti
2007-2008 365.2368 - 0.9 minuti
2008-2009 365.2469 + 14.5 minuti
Però,
se calcoliamo la distanza tra l'equinozio del 2010 e quello del 2000
troviamo che essa è di 3652,414 giorni, quindi con una media
annua di 365.2414. Addirittura, tra il 2020 e il 2000 mediamente l'anno
tropico risulta proprio di 365.2422 giorni.
Stabilire l'istante dell'equinozio mediante l'ombra di un quadrante
solare è quasi impossibile.
Invece si può tentare di farlo con quadranti orizzontali di
grandi dimensioni (come ad esempio quello della foto costruito dall'autore)
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