Commissione Divulgazione U.A.I.

 

L'EQUINOZIO DI PRIMAVERA DEL 2005
di Giuseppe De' Donà

Domenica 20 marzo 2005, alle ore 13:33 di Tempo Medio dell'Europa Centrale -TMEC- (il tempo in vigore quel giorno in Italia), si verifica l'equinozio di primavera. Il fenomeno, accadendo in un giorno di festa e a metà giornata, è una buona occasione per osservare, nelle migliaia di quadranti solari e meridiane d'Italia, l'ombra del Sole che scorre, dall'alba al tramonto, lungo le loro linee rette equinoziali. L'avvenimento è stato inserito nel calendario delle manifestazioni promosse dall'UAI per il 2005 in quanto, oltre che per il settore dei quadranti solari, il giorno dell'equinozio è importante per la didattica e la divulgazione, per via dei molti aspetti sia astronomici sia storico-religiosi a cui è legato.

Gli equinozi (di primavera e d'autunno) sono i momenti in cui il centro del disco del Sole si trova sul punto d'incrocio tra l'equatore celeste e l'eclittica.

L'equinozio di primavera è il momento in cui il Sole, muovendosi lungo l'eclittica, passa dall'emisfero celeste australe all'emisfero celeste boreale. Esso determina in cielo il cosiddetto punto g (gamma o anche punto vernale; in realtà è il simbolo dell'Ariete, rimasto da quando tale punto si trovava in detta costellazione), cioè l'intersezione con la sfera celeste del prolungamento della direzione Terra-Sole nell'istante dell'equinozio.

Dal punto vernale, g, ha origine la misura dell'Ascensione Retta (AR) e della longitudine solare apparente.

Nel giorno dell'equinozio, lo si intuisce anche dalla parola (che deriva dal latino e significa "notte uguale"), in tutti i luoghi del nostri pianeta la lunghezza del dì è uguale a quella della notte.

Il nostro almanacco a pag. 9 riferisce che: "equinozi e solstizi si verificano quando la longitudine eclittica apparente del Sole è un multiplo di 90°. Pertanto si ha l'equinozio di primavera quando la longitudine eclittica è 0°, il solstizio d'estate quando è 90°, l'equinozio d'autunno quando è 180° e il solstizio invernale quando essa raggiunge esattamente i 270°".

La longitudine apparente differisce da quella media (riferita all'equinozio della data) pubblicata sulle pagine del Sole del nostro almanacco, in quanto tiene conto dei fenomeni della nutazione e dell'aberrazione.

La nutazione è un piccolissimo movimento di carattere periodico subito dall'asse di rotazione della Terra attorno alla sua posizione media.

L'aberrazione è invece lo scostamento tra la direzione in cui viene osservata una stella o un altro corpo celeste rispetto al luogo ove esso si trova effettivamente. Il fenomeno è dovuto alla velocità della Terra nella sua rivoluzione attorno al Sole (circa 30 km/sec), relazionato con la velocità della luce. L'angolo d'aberrazione medio annuo vale circa 20",5 d'arco.
Il termine "apparente" indica quindi la posizione in cui "appare" un astro (in questo caso il Sole) a un osservatore posto sulla Terra, rispetto alla sua posizione reale.

Il punto g non è fisso in cielo ma, per effetto del movimento conico retrogrado dell'asse di rotazione terrestre, chiamato "precessione degli equinozi", si sposta continuamente compiendo un giro completo in circa 26.000 anni. Per effetto di questo fenomeno, la rivoluzione della Terra per tornare al successivo equinozio è chiamata anno tropico e si compie prima di una rivoluzione siderale.

La lunghezza dell'anno tropico (da equinozio a equinozio) è infatti mediamente di 365.2422 giorni, contro i 365.2564 giorni dell'anno siderale (da stella fissa a stella fissa), con una differenza media tra i due di 20 minuti e 24.6 secondi.

La lunghezza dell'anno tropico è strettamente legata al calendario gregoriano, attualmente in vigore in Italia e in gran parte dei paesi del mondo. Infatti, essendo legato alle stagioni, esso è calcolato proprio sulla distanza media esistente tra due equinozi. Il calendario gregoriano è in vigore dal 1582. Prima di allora il tempo era scandito dal calendario giuliano, introdotto nel 45 a.C. da Giulio Cesare in sostituzione all'antico calendario romano. Il calendario di Cesare considerava l'anno tropico lungo 365.25 giorni, con una differenza rispetto al reale di circa 11 minuti annui che, nei 1627 anni in cui rimase in vigore, comportò un errore rispetto alle stagioni di ben dieci giorni.

Il calendario giuliano prevedeva tre anni di 365 giorni suddivisi in dodici mesi della durata uguale agli attuali e, ogni quattro anni a febbraio, un giorno aggiunto che diede origine all'anno bisestile.
La parola bisestile deriva da bis sextus in quanto il giorno aggiunto (bis) fu inserito.. dies sexta ante calendas martias.. ovvero sei giorni prima delle calende di marzo. Le calende (da calare, chiamare a raccolta) segnavano l'inizio del mese, giorno in cui si pagavano gli interessi ed il libro degli interessi era appunto il calendarium.
Il 29 febbraio fu aggiunto negli anni divisibili per quattro.
Quando Papa Gregorio introdusse la riforma, i dieci giorni furono tolti e si passò, in una notte, dal 4 ottobre 1582 al 15 ottobre 1582. La riforma gregoriana fu decisa in attuazione a una delibera del Concilio di Trento (1545). Papa Gregorio XIII s'avvalse delle conoscenze di alcuni esperti dell'epoca. Tra essi i più importanti per il calcolo della lunghezza dell'anno tropico, furono Luigi Lilio, il gesuita tedesco Clavio, e il bolognese Ignazio Danti. Costui nel 1576 controllò l'istante dell'equinozio sulla meridiana di San Petronio costruita nel 1575. La meridiana fu rifatta da Gian Domenico Cassini nel 1655, ed è ancor oggi un grande esempio di precisione per la misura del tempo.

Oltre al taglio dei dieci giorni, la riforma gregoriana riformulò il conteggio per gli anni bisestili, e definì non bisestili gli anni che, pur se divisibili per quattro, fossero anche di fine secolo (1700, 1800, 1900), escludendo tra questi quelli divisibili per 400 (1600, 2000, 2400) che rimangono perciò bisestili. In tal modo la lunghezza media dell'anno diventa 365.2425 con uno scarto di pochi secondi rispetto alla lunghezza reale.

Il motivo principale per il quale Papa Gregorio XIII non poté rinviare di affrontare il problema, è collegato alla questione della data della Pasqua. Al Concilio di Nicea (325 d.C.), s'era stabilito che l'equinozio di primavera dovesse perpetuamente cadere il 21 di marzo, e di conseguenza la Pasqua essere celebrata la domenica successiva al primo plenilunio che con tale data coincide o che tale data segue. Pertanto, il divario che s'era creato a causa del calendario giuliano, aveva suscitato nel Papa la preoccupazione che, così andando le cose, la Pasqua avrebbe finito con l'essere celebrata d'estate.
Erroneamente la Chiesa considera quindi il 21 marzo quale data fissa per la scadenza equinoziale.

Ma anche tra la gente comune (astrofili ed astronomi compresi) è diffusa la tradizione che il giorno di "..San Benedetto, la rondine è sotto il tetto.." sia sempre il primo giorno di primavera. In realtà, nel giro di 400 anni in cui si compie un ciclo completo del calendario gregoriano, l'equinozio cade il 21 marzo "solo" nel 23% delle volte. Il 70% cade il 20 marzo mentre il restante 7% si verifica addirittura il 19 marzo. Il secolo in cui è più ricorrente la cadenza del giorno 21 è quello che termina con l'anno secolare divisibile per 400, quindi proprio quello terminato con l'anno 2000.
Nel secolo attuale, cioè quello che finirà nel 2100, le cose andranno diversamente in quanto l'equinozio cadrà il giorno 21 solo 2 volte. I dati statistici di questo paragrafo sono riferiti al Tempo Universale (TU).

S'è già detto che i 365.2422 giorni di distanza tra due equinozi sono un dato medio. Se si considerano le distanze tra equinozi successivi si notano differenze anche marcate, a volte superiori ai 20 minuti. Però, se si mediano 10 anni consecutivi, la differenza scende già a meno di un minuto (medio). Pertanto, volendo per esempio cimentarsi nella misura della lunghezza dell'anno tropico prendendo a riferimento la linea equinoziale di una meridiana, è bene ripetere l'esperienza per almeno dieci anni oppure, più semplicemente, fare la differenza tra i tempi di due equinozi distanti almeno dieci o più anni.
Per esempio, se consideriamo le distanze tra gli equinozi degli anni successivi al 2005, troviamo questi valori:

2005-2006 365.2442 + 6.8 minuti
2006-2007 365.2375 - 9.7 minuti
2007-2008 365.2368 - 0.9 minuti
2008-2009 365.2469 + 14.5 minuti

Però, se calcoliamo la distanza tra l'equinozio del 2010 e quello del 2000 troviamo che essa è di 3652,414 giorni, quindi con una media annua di 365.2414. Addirittura, tra il 2020 e il 2000 mediamente l'anno tropico risulta proprio di 365.2422 giorni.

Stabilire l'istante dell'equinozio mediante l'ombra di un quadrante solare è quasi impossibile.
Invece si può tentare di farlo con quadranti orizzontali di grandi dimensioni (come ad esempio quello della foto costruito dall'autore)
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o, ancor meglio, con meridiane a camera oscura con foro gnomonico molto alto, tipo quella della basilica di S. Petronio a Bologna o del Duomo di Milano. In un quadrante orizzontale con uno gnomone alto tre metri l'ombra si avvicina alla linea equinoziale di circa 2 mm. all'ora. Nel caso dell'equinozio del 20 marzo 2005, se il quadrante ha una buona precisione, è possibile osservare il mattino l'ombra ancora nel settore invernale e, la sera già nella parte estiva.
Nella basilica di San Petronio, col foro alto oltre 27 metri, nei due giorni a cavallo dell'equinozio il centro del disco solare si sposta di oltre 70 cm. Pertanto, misurando la distanza tra centro dell'immagine del disco solare e la linea equinoziale nel momento del passaggio al meridiano e interpolandone il valore con il passaggio del giorno prima o quello del giorno dopo, non dovrebbe essere difficile stabilire, con buona precisione, l'ora dell'equinozio.
Oppure, senza tanti calcoli, osserviamo semplicemente lo scorrere dell'ombra su quella linea, pensando alle mille storie che dietro a essa si celano.
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