Commissione Divulgazione U.A.I.



Luigi Prestinenza

Marte, tra storia e leggenda
Una splendida storia marziana
UTET Libreria, Torino, 2004.
Pagine 110, 19 tavole fuori testo in bianco e nero.

Giovanni Virginio Schiaparelli, l'uomo, lo scienziatoUna grande competenza ed esperienza, una grande passione per l'argomento trattato, una grande cura nella ricerca delle informazioni note e meno note, nonché uno stile accattivante e inconfondibile: queste, in sintesi, le ragioni che rendono il volume di Luigi Prestinenza MARTE, TRA STORIA E LEGGENDA un'autentica gemma nella bibliografia scientifica di questi ultimi anni.

Come noto, Luigi Prestinenza è da una vita astrofilo di enorme spessore e giornalista scientifico di imbattibile chiarezza e precisione. Questo lavoro su Marte ne è una dimostrazione eccellente: il volume si legge infatti come un romanzo (ossia tutto d'un fiato) ma nel contempo contiene una quantità enciclopedica di informazioni scientifiche sulla storia del Pianeta Rosso.

I 12 capitoli vogliono essere un collegamento ideale tra due grandi opposizioni di Marte: quella di Schiaparelli del 1877 e quella dell'agosto 2003 che tutti abbiamo potuto seguire con gli strumenti (terrestri e spaziali) della moderna tecnologia. Molte informazioni sono poco note e, in parte sorprendenti.

Pochi sanno, per esempio, che fu G. D. Cassini nel 1672 a determinare per Marte una distanza di circa 240 milioni di chilometri, grazie alla misura dello spostamento prospettico del pianeta in mezzo alle stelle quando osservato da Parigi e dalla Guyana (lì si era appositamente recato il suo assistente J. Richer).
Altrettanto poco noto è il fatto che fu C. Huygens nel 1659 a fare i primi disegni della Syrtis Major dal cui spostamento sul disco del pianeta dedusse un periodo di rotazione molto vicino alle 24 ore.
Il problema dei canali è ben noto: Schiaparelli li "scoprì" nel settembre del 1877 col rifrattore Merz da 218 mm di Brera e li "duplicò" nel 1882 col nuovo Merz da 490 mm; nel 1894 P. Lowell ne ottenne la "conferma" col "suo" rifrattore da 61 cm di Flagstaff.
Lowell disegnò la bellezza di 437 canali, ma la loro sottigliezza quasi "tecnologica" era dovuta (ci spiega Prestinenza) alla forte diaframmatura utilizzata per neutralizzare il seeing non ottimale di quel sito di osservazione.
Il mito dei canali venne cancellato dal seeing memorabile di una notte del settembre 1909, quando E. Antoniadi non ne rilevò traccia su un disco marziano che appariva di incredibile nitidezza nel grande rifrattore da 83 cm della specola di Meudon.
Prestinenza, però, ci informa che già a partire dal 1897 l'italiano V. Cerulli, osservando Marte da Collurania col rifrattore Cooke da 39 cm, si era reso conto che i canali null'altro erano che un'illusione ottica.

L'occhio infatti possiede una fisiologica tendenza a collegare tra loro dettagli dotati di scarsa nitidezza e risoluzione: non si poteva spiegare altrimenti il fatto che lo stesso Cerulli percepiva tanti più "canali" quanto più Marte si allontanava dalla Terra.
Prestinenza ci racconta anche che Schiaparelli, probabilmente, credette ai suoi canali fino alla morte. Nel luglio 1907 mostrò a Cerulli (allora presidente della Società Astronomica Italiana) fotografie inviategli da P. Lowell che sembravano documentare in maniera obiettiva l'esistenza dei canali e della loro geminazione.
Molto polemica, poi, a pochi mesi dalla morte, una lettera inviata nel dicembre 1909 ad Antoniadi, il maggior nemico dei "suoi" canali. Forse la polemica venne riaccesa da alcuni disegni di Marte ricchi di canali, che Schiaparelli, ormai anziano e malato, realizzò nel luglio 1909: grande merito dell'autore del libro è quello di avere, per la prima volta, scovato questi disegni a Milano, nell'archivio dell'Osservatorio di Brera.

Con la morte di Schiaparelli (1910) e di P. Lowell (1924) la scienza ufficiale finì per dimenticare i canali (o se vogliamo l'idea dell'esistenza su Marte di qualche civiltà tecnologica). Non così il grande pubblico, che vi rimase affezionato fino alla metà del secolo scorso (è del 1953 il film la Guerra dei Mondi, nella quale i Marziani, invasori della Terra, venivano sterminati dai batteri terrestri cui non si erano adattati). Nel 1947 G. Kuiper scoprì che l'atmosfera di Marte è composta fondamentalmente da CO2, con tracce minime di vapor d' acqua (A. Dollfus, 1963).
Come se non bastasse, nel luglio 1965 le 22 immagini del Mariner 4 sembrarono dimostrare che Marte era un deserto lunare butterato da crateri (per inciso il libro ci informa che il primo a intuire la presenza di crateri meteorici su Marte fu E. Barnard già nel 1894 al Lick Observatory).

Come tutti sanno, i successivi 40 anni di esplorazioni spaziali hanno mostrato che Marte è un pianeta ben diverso dalla Luna. La scoperta di grandi vulcani e tracciati di fiumi estinti (Mariner 9, 1971), la ricerca diretta (e tuttora molto controversa) di elementari forme di vita (Viking, 1976), l'esistenza di grandi quantità di acqua liquida (nel passato) e ghiacciata (nel presente) (Mars Global Suveyor, 1997 e Odissey 2001) sono storia recente.
L'autore ne fa una descrizione precisa, concisa e completa. Così come precisi e scientificamente ricchi di spunti sono i cenni ai primi grandi risultati di SPIRIT ed OPPORTUNITY, comprese le famose sferule di ematite simpaticamente definite ...enigmatiche "bacche" rotonde, grosse come un grano di pepe.

La parte finale del libro è dedicata (e non poteva essere altrimenti) a una discussione sulla possibilità che l'uomo metta direttamente piede su Marte. Molto correttamente l'autore fa notare come uno dei problemi maggiori da superare sarà quello di proteggersi dal flusso di particelle cosmiche che su Marte, attualmente privo di campo magnetico, arrivano senza nessuna protezione (i dati di Odissey 2001 sono inequivocabili al riguardo).
A parte questo, però, secondo Prestinenza, i rischi moderni del grande viaggio sono confrontabili a quelli incontrati nel passato dai Vichinghi per raggiungere la Groenlandia o dallo stesso Colombo per conquistare l'America.
L'autore, comunque, dà l'impressione di non credere molto a una conquista umana di Marte vicina nel tempo. Ha perfettamente ragione e ne dà chiara spiegazione nella inaffidabilità delle promesse dei politici ai quali tocca concedere i fondi per questa memorabile impresa (nell'agosto 1969, dopo la conquista della Luna, Von Braun presentò alla NASA il primo progetto per la conquista di Marte ma, resosi conto che lo spazio non "tirava" più dal punto di vista politico, lasciò la NASA per un'industria privata).
La ricaduta tecnologica sarebbe immensa e, se necessario, il clima di Marte potrebbe addirittura essere modificato per farne una futura colonia della Terra. Fantascienza? Forse. Sta di fatto che anche su questo punto l'autore snocciola idee, dati e proposte che costituiscono una conclusione naturale e inevitabile per questo splendido volume che non deve assolutamente mancare nella biblioteca di chiunque, sia esso astrofilo o, semplicemente, persona desiderosa di migliorare la propria dotazione culturale.
Sì, perché uno dei pregi di quest'opera è quello di insegnare molte cose divertendo e senza mai annoiare: ma, in fondo, questo fa parte delle capacità comunicative davvero non comuni del suo autore.


Cesare Guaita

 

Autunno marziano

Home


Contatti
© Commissione Divulgazione U.A.I.
Webmaster: Pasqua Gandolfi