Lettera agli amici


Per anni guardiamo il cielo stellato sperando in una buia e tersa nottata e ogni volta ci lascia qualche piccola meraviglia, come per avvertirci di stare attenti, di continuare ad osservare, di continuare a gustare quei pochi fotoni che per milioni di anni viaggiano, attraverso lo spazio, per spegnersi proprio in fondo ai nostri occhi e noi attenti a non sprecarne nemmeno uno, tanto sono rari e ormai stremati.

Nonostante tutto gli spettacoli più belli avvengono di giorno come per contraddirci, come per imbrogliare i nostri occhi che scrutano il buio. Le eclissi di Sole e le splendide protuberanze, Venere oppure Giove intravisti nascosti dalla luce come per svelare qualche loro momento di intimità.
E per smentire ancora le stravaganze che ci si aspetta sono eventi in cui la stessa semplicità è parte della meraviglia, in cui tutto era perfettamente calcolato, previsto da secoli. L'emozione del cielo non sta nella sorpresa o nella ricerca, ma nell'osservazione in sè.

Uno di questi eventi, il transito di Venere, è avvenuto proprio mentre c'ero anch'io, ma non in un luogo specifico, bensì in un tempo in cui la mia passione è già matura, in cui posso capire, ricordare quello che osservo e in cui posso condividere con altri le mie esperienze.
Vedere quel dischetto passare davanti al Sole in poche ore racconta tutto.
Racconta che la natura ha creato il mondo regalandoci l'occasione di scoprirla poco per volta. Il transito di Venere è una di queste occasioni ma l'importanza non è solo in questo.

L'idea che quel dischetto nero racconti l'essenza della mia, della nostra passione, come in un semplice riassunto basterebbe a spiegare la mia emozione ma non sarebbe corretto escludere tutto il resto, come il pensiero che questo privilegio che abbiamo osservato è qualcosa di unico che grandi astronomi (e astrofili) del passato non hanno mai osservato.

Halley morì 19 anni prima del "suo" transito, sapeva che non lo avrebbe mai potuto osservare ma nonostante tutto ne fece una sua missione. Un altruismo ed una passione che lo spinsero a trovare un metodo, comprensibile e applicabile da tutti, per misurare il nostro universo, un metodo per tutti ma non per lui, un metodo regalato a noi senza chiedere nulla se non la promessa di osservare il cielo.

L'attesa per quei pochi istanti dei contatti, il prendere forse inutilmente i tempi dei singoli eventi (in fondo ormai l'unità astronomica è conosciuta meglio di quanto possa esser ritrovata con il transito) è anche un tributo all'inventiva e all'ingegno di tutti quelli che hanno sperato che i nostri occhi all'oculare fossero anche i loro. Tutti dovevamo osservare, un dovere inderogabile, ricordando che Venere non si muoveva soltanto davanti al Sole ma anche nella storia, portandoci da Eratostene ad Aristarco, da Ipparco a Tolomeo, da Halley a Hubble, tutti a loro modo impegnati nella stessa missione: sapere dove siamo e che posto abbiamo nella natura.

Questo è il privilegio che ho avuto l'onore di vivere e condividere con i
miei amici, anche lontani e sconosciuti. Sono convinto che anche nel luogo più devastato dal dolore e dalle guerre almeno qualcuno ha osservato per un breve istante Venere, proprio come noi, attenti a quel pallino che prometteva emozioni e che ne ha regalate molte di più.

Cieli sereni

Marco Garoni