Osserviamo la Luna con il binocolo

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

(Differenze fra le revisioni)
(La Luna piena)
(L'ingrandimento galileiano)
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Trovare un invito all'osservazione della Luna in una pagina dedicata all'astronomia binoculare può forse sembrare fuori tema, dato che l'osservazione del nostro satellite comporta inevitabilmente l'uso del telescopio per distinguere su di essa i particolari più fini.
Trovare un invito all'osservazione della Luna in una pagina dedicata all'astronomia binoculare può forse sembrare fuori tema, dato che l'osservazione del nostro satellite comporta inevitabilmente l'uso del telescopio per distinguere su di essa i particolari più fini.
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Proprio con un telescopio Galileo Galilei, nel 1609, iniziò le sue osservazioni della Luna, sulla cui superficie vide per primo i crateri, altrimenti invisibili al nostro occhio.
Proprio con un telescopio Galileo Galilei, nel 1609, iniziò le sue osservazioni della Luna, sulla cui superficie vide per primo i crateri, altrimenti invisibili al nostro occhio.
Al tempo erano conosciuti solo i cosiddetti mari, quelle macchie oscure che vediamo ad occhio nudo sulla Luna e che spesso la fanno assomigliare a un volto. Scrisse Galileo nel 'Sidereus Nuncius':
Al tempo erano conosciuti solo i cosiddetti mari, quelle macchie oscure che vediamo ad occhio nudo sulla Luna e che spesso la fanno assomigliare a un volto. Scrisse Galileo nel 'Sidereus Nuncius':
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''... queste macchie, alquanto oscure e abbastanza ampie, sono visibili ad ognuno e sempre in ogni epoca furono scorte; e preciò le chiameremo grandi, o antiche, a differenza di altre macchie, minori per ampiezza, ma così fitte da ricoprire tutta la superficie lunare, e specialmente la parte più lucente.  Queste invero da nessuno furono osservate prima di noi ...''
''... queste macchie, alquanto oscure e abbastanza ampie, sono visibili ad ognuno e sempre in ogni epoca furono scorte; e preciò le chiameremo grandi, o antiche, a differenza di altre macchie, minori per ampiezza, ma così fitte da ricoprire tutta la superficie lunare, e specialmente la parte più lucente.  Queste invero da nessuno furono osservate prima di noi ...''
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Galileo, esaminando la superficie della Luna, si rende infine conto che :
Galileo, esaminando la superficie della Luna, si rende infine conto che :
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''... la superficie della Luna non è affatto liscia, uniforme e di sfericità esattissima , come di essa Luna e degli altri corpi celesti una numerosa schiera di filosofi ha ritenuto, ma al contrario, disuguale, scabra, ripiena di cavità e di sporgenze, non altrimenti che la faccia stessa della Terra  ...''
''... la superficie della Luna non è affatto liscia, uniforme e di sfericità esattissima , come di essa Luna e degli altri corpi celesti una numerosa schiera di filosofi ha ritenuto, ma al contrario, disuguale, scabra, ripiena di cavità e di sporgenze, non altrimenti che la faccia stessa della Terra  ...''
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Quale può essere dunque il senso di osservare la Luna al binocolo?
Quale può essere dunque il senso di osservare la Luna al binocolo?
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Anzitutto Galilei stesso descrive, nel ''Sidereus Nuncius'' che il suo primo telescopio aveva 3 ingrandimenti (come un attuale binocolo da teatro) mentre il modello successivo arrivò a 8 ingrandimenti (a metà strada fra i diffusissimi binocoli 7x50 e 10x50). Infine ''non risparmiando fatica né spesa alcuna'' realizzò uno strumento in grado di ingrandire 30 volte (un ingrandimento non comunissimo fra i binocoli, ma non mancano modelli 30x77, 30x80, 30x100).
Anzitutto Galilei stesso descrive, nel ''Sidereus Nuncius'' che il suo primo telescopio aveva 3 ingrandimenti (come un attuale binocolo da teatro) mentre il modello successivo arrivò a 8 ingrandimenti (a metà strada fra i diffusissimi binocoli 7x50 e 10x50). Infine ''non risparmiando fatica né spesa alcuna'' realizzò uno strumento in grado di ingrandire 30 volte (un ingrandimento non comunissimo fra i binocoli, ma non mancano modelli 30x77, 30x80, 30x100).
Dunque la Luna descritta nel ''Sidereus'' è fruibile al binocolo quanto al telescopio.
Dunque la Luna descritta nel ''Sidereus'' è fruibile al binocolo quanto al telescopio.
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Inoltre i telescopi di Galilei non invertivano le immagini: l'orientamento era corretto nelle direzioni destra-sinistra e alto-basso, come nell'osservazione a occhio nudo e con il binocolo.
Inoltre i telescopi di Galilei non invertivano le immagini: l'orientamento era corretto nelle direzioni destra-sinistra e alto-basso, come nell'osservazione a occhio nudo e con il binocolo.
E in questo senso ci piace pensare che la Luna binoculare sia probabilmente la "Luna Galileiana" per eccellenza.
E in questo senso ci piace pensare che la Luna binoculare sia probabilmente la "Luna Galileiana" per eccellenza.

Versione delle 10:24, 12 apr 2012

E’ facile intuire come nei tempi antichi l’immagine della Luna, nel suo continuo mutare aspetto, abbia suscitato attrazione e timore, ammirazione e paura. I nostri progenitori, che si guardavano attorno in un mondo pieno di fascino e insidie, la deificarono con significato di volta in volta positivo (Luna piena, bianca, Luna calante) e negativo (Luna nuova, nera, Luna crescente). Uno dei motivi di questa attribuzione di proprietà soprannaturali, evento comune a molti altri fenomeni celesti, deve essere stato il fatto di intravedere nelle macchie che caratterizzano la sua superficie, un volto. In effetti, osservando la Luna piena ad occhio nudo, intravediamo, in alto, gli occhi, rappresentati dal Mare Imbrium a sinistra e dal Mare Serenitatis col Mare Tranquillitatis, a destra, mentre, in basso, il Mare Nubium potrebbe rappresentare la bocca, aperta in una espressione di sorpresa o in un urlo di terrore. A sinistra, l’Oceanus Procellarum definisce l’ombra della guancia. L’osservazione anche al binocolo o ad un modesto telescopio arricchisce la visione di innumerevoli dettagli e questo, da Galileo in poi, ha contribuito a passare da una interpretazione fantastico-mitologica dei fenomeni e degli oggetti celesti ad una realistico-oggettiva. Un po’ come quando Antoniadi fece giustizia dei canali di Marte “visti” da Schiaparelli, usando un telescopio ben più potente in condizioni di migliore visibilità del pianeta. In effetti il nostro cervello, il più evoluto fra quelli degli esseri viventi soprattutto nella zona frontale (la zona dell’ideazione), in condizioni di scarsa definizione dell’immagine, tende ad associare, unire, fare riferimenti con quanto ha in memoria e quindi a creare interpretazioni e accostamenti originali ma irreali.


Indice

L'ingrandimento galileiano


Trovare un invito all'osservazione della Luna in una pagina dedicata all'astronomia binoculare può forse sembrare fuori tema, dato che l'osservazione del nostro satellite comporta inevitabilmente l'uso del telescopio per distinguere su di essa i particolari più fini. Proprio con un telescopio Galileo Galilei, nel 1609, iniziò le sue osservazioni della Luna, sulla cui superficie vide per primo i crateri, altrimenti invisibili al nostro occhio. Al tempo erano conosciuti solo i cosiddetti mari, quelle macchie oscure che vediamo ad occhio nudo sulla Luna e che spesso la fanno assomigliare a un volto. Scrisse Galileo nel 'Sidereus Nuncius': ... queste macchie, alquanto oscure e abbastanza ampie, sono visibili ad ognuno e sempre in ogni epoca furono scorte; e preciò le chiameremo grandi, o antiche, a differenza di altre macchie, minori per ampiezza, ma così fitte da ricoprire tutta la superficie lunare, e specialmente la parte più lucente. Queste invero da nessuno furono osservate prima di noi ... Galileo, esaminando la superficie della Luna, si rende infine conto che : ... la superficie della Luna non è affatto liscia, uniforme e di sfericità esattissima , come di essa Luna e degli altri corpi celesti una numerosa schiera di filosofi ha ritenuto, ma al contrario, disuguale, scabra, ripiena di cavità e di sporgenze, non altrimenti che la faccia stessa della Terra ...

Quale può essere dunque il senso di osservare la Luna al binocolo?

Anzitutto Galilei stesso descrive, nel Sidereus Nuncius che il suo primo telescopio aveva 3 ingrandimenti (come un attuale binocolo da teatro) mentre il modello successivo arrivò a 8 ingrandimenti (a metà strada fra i diffusissimi binocoli 7x50 e 10x50). Infine non risparmiando fatica né spesa alcuna realizzò uno strumento in grado di ingrandire 30 volte (un ingrandimento non comunissimo fra i binocoli, ma non mancano modelli 30x77, 30x80, 30x100). Dunque la Luna descritta nel Sidereus è fruibile al binocolo quanto al telescopio. Inoltre i telescopi di Galilei non invertivano le immagini: l'orientamento era corretto nelle direzioni destra-sinistra e alto-basso, come nell'osservazione a occhio nudo e con il binocolo. E in questo senso ci piace pensare che la Luna binoculare sia probabilmente la "Luna Galileiana" per eccellenza.

La luce cinerea

Luce cinerea: immagine ripresa il 23 febbraio 2012, si ringrazia la Associazione Astrofili di Piombino


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La Luna al primo quarto

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Il Mare Crisium e la librazione

Luna ripresa il 18 marzo 2008 e il 27 dicembre 2009 in fase di Primo Quarto avanzato: risulta evidente la diversa posizione del Mare Crisium rispetto al bordo lunare (immagini riprese da Bruno Cantarella della Sezione di Ricerca Luna dell'Unione Astrofili Italiani


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La Luna piena

Luna piena: immagine ripresa il 9 gennaio 2012 da Andrea Mistretta della Sezione di Ricerca Luna dell'Unione Astrofili Italiani



Ora, passando all’osservazione binoculare (partiamo con l’osservazione più semplice, quella fatta con un comune 7 x 50, che tutti hanno in casa), appaiono già diversi dettagli. Le zone scure (Mari) appaiono grossomodo circolari, contornate da zone chiare, bianche, in alcuni punti abbaglianti, già chiaramente interpretabili come catene montuose, altipiani, intervallati da valli e pianure più piccole. Partendo da Est (l’Est lunare è il bordo della Luna che noi vediamo a destra, in quanto per un osservatore posto sulla Luna, il sole nasce da quella parte), facciamo inizialmente riferimento al Mare Crisium, l’evidente pallino scuro sul bordo orientale del satellite. Accanto a lui sta una serie di Mari, dall’alto in basso (Mare della Serenità, della Tranquillità, poi i due paralleli, Mare della Fecondità e Mare del Nettare). Sul bordo occidentale del Mare Crisium, prospiciente il Mare Tranquillitatis si scorge un puntino molto luminoso: è il cretere Proclus, caratterizzato da due “baffi” luminosi che si proiettano in direzioni opposte. Più sotto, verso il Polo Sud, si estendono zone interessate da una estrema e fitta craterizzazione, che un telescopio appena più potente discrimina in una infinità di crateri e catene montuose.


La zona centrale della Luna è una continua alternanza di zone chiare e scure, all’interno delle quali si indovina il gruppo di crateri forse più interessante dell’intera mappa lunare, la triade Ptolemaeus, Alphonsus e Arzachel, e i vicini Hipparcus e Albategnius. Verso Occidente, quindi verso la nostra sinistra, vediamo il grande Oceanus Procellarum, all’interno del quale si può scorgere Copernicus con la sua ampia raggiera irregolare e, più a sinistra e più piccolo, Kepler. Un breve appunto: la nomenclatura lunare si deve in gran parte ad un gesuita bolognese del ‘600, Riccioli, il quale, ancora impregnato di cultura aristotelica e sordo alle nuove teorie eliocentriche, inserì i nuovi “eretici” Copernico, Keplero e anche Galileo, che occupa un insignificante cratere sul lato occidentale del satellite, nella zona di sinistra della Luna, dove collocò il Mare delle Piogge, il Mare delle Nubi, l’Oceano delle Tempeste, il Mare del Freddo e via dicendo, mentre riservò i posti migliori, nella parte destra della Luna (Mare della Tranquillità, della Serenità, della Fecondità, del Nettare, ecc.), agli astronomi e filosofi di più sicura fede aristotelico-tolemaica. A Sud dell’Oceanus Procellarum, si trova il Mare Humorum, pressoché opposto e quasi delle stesse dimensioni del Mare Crisium, bellissimo all’osservazione telescopica, col suo corrugato Gassendi, mentre a Nord dello stesso si estende il grande cerchio del Mare Imbrium (Mare delle Piogge). E’ un cerchio contornato, a Nord e a Est, dalle Alpi e dal Caucaso, a Sud-Est dagli Appennini che terminano con Eratosthenes, che appare appeso alla catena montuosa come il pendaglio di una collana, e a Sud con i Carpazi, appena a Nord di Copernicus. I nomi della catene ripetono quelli di catene terrestri, ma, naturalmente, non hanno nulla in comune con esse. Il bordo occidentale del Mare è meno definito ma al di là di esso, verso Occidente , si possono vedere due crateri, uno luminosissimo, Aristarchus, ed uno più scuro, Herodotus. Il bordo riprende più su, con il grande golfo del Sinus Iridum, che appare come un “morso” nella zona montuosa circostante. E’l’effetto dell’impatto di un corpo di vaste dimensioni, caduto proprio sul bordo Nord-Occidentale del Mare Imbrium. Nella cavità prodotta dall’urto è poi fluita la lava proveniente dal vicino Mare a creare una delle più suggestive formazioni lunari. Osservare, anche in un piccolo telescopio il sorgere del Sole sul golfo, con le cime delle creste prospicienti il Mare che lentamente si accendono di luce è uno spettacolo meraviglioso! Proseguendo sul bordo, verso Nord-est, all’ inizio della catena alpina, si trova il “buco” di Plato. Un binocolo può stimolare la curiosità di vedere di più e meglio, con strumenti via via più potenti, e magari instillare all’osservatore quel germe estremamente virulento e impossibile da estirpare che è la passione per l’astronomia.

La Raggiera di Tycho

Luna piena il cratere Tycho e la sua raggiera in piena evidenza - immagine ripresa da Claudio Vantaggiato della Sezione di Ricerca Luna dell'Unione Astrofili Italiani


Una delle formazioni lunari più interessanti e già ben visibile anche a piccolo ingrandimento, particolarmente in fase di Luna piena, è il grande cratere Tycho. Dedicato a Tycho Brahe, che si dice riuscisse a vederlo a occhio nudo, è un oggetto luminosissimo caratterizzato da una amplissima raggiera altrettanto luminosa. I suoi raggi, espressione dell’impatto di un corpo celeste su una superficie lunare ancora plasmabile, arrivano fino al bordo opposto (se ne può vedere uno attraversare il Mare Serenitatis), a oltre 3.500 Km! Si irradiano prevalentemente verso Nord e verso Est (a destra), segno che l’oggetto deve essere giunto da Ovest con una angolazione inferiore ai 45°. Un impatto perpendicolare rispetto alla superficie avrebbe generato raggi in tutte le direzioni . Mentre lo osserviamo al binocolo, proviamo a immaginare l'impatto di un oggetto di una decina di km di diametro che si infrangeva sulla Luna e gettava detriti che arrivavano fino a metà del globo lunare!


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