Sidewalk Astronomy/Luna

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

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Ringraziamo a tal proposito l’editore Simonelli per la gentile autorizzazione.
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Ringraziamo a tal proposito l’editore [http://www.simonel.com Simonelli] per la gentile autorizzazione.

Versione corrente delle 13:19, 5 apr 2008

Siamo mai andati sulla Luna?

Questa è una domanda che viene rivolta spesso agli astrofili in occasione di serate o osservazioni pubbliche, e vengono spesso citate a supporto trasmissioni televisive che si occupano di misteri.

In questo tipo di spettacoli televisivi di solito si vuol far credere al pubblico che i misteri rimangono tali perché “il sistema” ci vuole tenere all’oscuro di qualcosa di molto grave (esistenza degli UFO, degli ectoplasmi, macchine del tempo, porte inter-dimensionali, cure miracolose per le malattie, sbarchi sulla Luna mai avvenuti o avvenuti addirituttura negli anni ’30 …) – e spesso si dà voce a oscuri paladini della verità che si battono da anni perché “la gente deve sapere” ...

Sullo specifico dello sbarco sulla Luna, è difficile sintetizzare meglio i termini del problema di quanto non abbia fatto Piero Bianucci in un suo breve saggio compreso nel libro “Il Piccolo Cielo”, che riportiamo parzialmente nel seguito.

Ringraziamo a tal proposito l’editore Simonelli per la gentile autorizzazione.


Sì. L’abbiamo fatto.


Il 18 febbraio 2001 la Nasa emise un comunicato dal titolo “Yes, we did”, sì l’abbiamo fatto.

Era la risposta a un documentario mandato in onda dalla Fox Network in cui si sosteneva che lo sbarco sulla Luna in realtà non sarebbe mai avvenuto.

I passi esitanti di Armstrong e Aldrin nel Mare della Tranquillità, visti in diretta tv da 600 milioni di persone il 20 luglio 1969, sarebbero stati soltanto una truffa organizzata dai servizi segreti per dare prestigio agli Stati Uniti in anni di guerra fredda con l’Unione Sovietica.


Le prove?

Ombre e riflessi contradditori nelle fotografie degli astronauti, la mancanza di un cratere prodotto dalla discesa del modulo lunare, incongruenza nelle immagini in cui si vede la polvere sollevata dalle ruote del fuoristrada in dotazione agli astronauti delle missioni Apollo 15, 16 e 17, stranezze nella linea dell’orizzonte, che risulterebbe sempre più o meno uguale, come se si trattasse di un set cinematografico.



Del resto Kubrik non aveva appena finito di girare “2001: Odissea nello spazio”?


Un film famoso come “Capricorn One” non racconta la storia di un falso del tutto simile, cambiando soltanto la Luna con Marte?


E poi come potevano gli astronauti cavarsela con i rudimentali computer della fine degli Anni 60, rispetto ai quali i nostri portatili sono cento volte più potenti?

Perché negli ultimi trent’anni nessuno è più sbarcato sulla Luna?

Appena terminato il documentario, i centralini della Nasa furono assediati da migliaia di telefonate di cittadini americani indignati, increduli, dubbiosi. Gente che voleva chiarimenti. Gente che desiderava essere rassicurata. Gente che insultava. E la Nasa decise di controbattere punto per punto. Dopo un lungo silenzio: perché i dubbi sulla conquista della Luna risalgono già ai primi Anni 70 e negli ultimi tempi si sono moltiplicati i siti Internet dove le fotografie delle missioni Apollo sono sottoposte ad analisi minuziose per dimostrare che si tratta di falsificazioni.

Un caposaldo della storia è la pubblicazione di un libro dal titolo “Non siamo mai andati sulla Luna”. Negli Stati Uniti uscì intorno al 1985, in Italia è arrivato nel 1998.

L’autore è Bill Kaysing, un ex dipendente della Rocketdyne Research, di cui curò le pubblicazioni tecniche fino all’inizio degli Anni 60, quando fu licenziato per la sua inaffidabilità. Da allora Kaysing è stato mosso da un solo desiderio: screditare quel mondo che lo aveva allontanato, un atteggiamento divenuto a poco a poco maniacale. Paradossalmente, è lui stesso a dichiarare il proprio pregiudizio fin dalle prime pagine, dove scrive: “Non ho mai guardato nessuno degli allunaggi, né ho mai prestato attenzione alle presentazioni stampate sui giornali e trasmesse dagli altri mezzi di informazione”; e poi ancora: “Sembrava che in qualche modo, avessi percepito che il programma Apollo era diventato una farsa colossale e che nessuno stava lasciando la Terra per andare sulla Luna, certamente non nel luglio 1969. Premonizione, intuizione, telepatia inconscia, informazione attraverso qualche misterioso ed oscuro canale di comunicazione … Ma in breve divenne una vera convinzione”.


La tesi di Kaysing ha avuto qualche successo, se è vero che i dollari ricavati dal libro gli hanno quanto meno permesso di far fronte alla disoccupazione e che parecchi sembrano disposti a credergli (il 14% degli americani, secondo i dati riportati sulla copertina del libro).

Non dobbiamo stupirci troppo. Esistono ancora persone che negano la realtà storica dello sterminio degli ebrei da parte del nazismo e considerano falsi fotografici le immagini dei forni crematori e dei mucchi di cadaveri. Non solo: il mondo è pieno di leggende metropolitane secondo cui ragazze morte fanno l’autostop o Elvis Presley sarebbe ancora vivo.


[… omissis ...]


… è possibile conservare il segreto su una simulazione così colossale? La risposta è quasi certamente no. Al programma Apollo collaborarono 500.000 persone tra scienziati e tecnici a vari livelli. Sappiamo quanto sia difficile mantenere un segreto anche soltanto tra due fratelli, tra marito e moglie o tra fidanzati. Figuriamoci tra mezzo milione di persone: se anche fossero stati al corrente della simulazione solo gli astronauti coinvolti, alcuni dirigenti della Cia, i vertici della Casa Bianca e i vertici della Nasa, l’inganno sarebbe già stato noto a decine di persone e in poche settimane – “da amico fidato ad amico fidato”, come scriveva il Manzoni – sarebbe diventato il segreto di Pulcinella,


Se poi si fosse riusciti a mantenere il segreto intorno alla simulazione del primo sbarco sulla Luna, perché rischiare simulando altri cinque sbarchi, più la missione Apollo 13, che fallì per un guasto al serbatoio della capsula spaziale? Ad ogni replica della sceneggiata (l’ultimo sbarco è del dicembre 1972) il pericolo di essere smascherati sarebbe aumentato enormemente. D’altra parte, è pensabile che la Cia, dopo aver falsificato tutto così bene, sbagli proprio la cosa più facile, cioè le ombre delle fotografie di Armstrong sulla Luna?


Ancora: non solo gli astronauti salivano nell’astronave in cima al razzo Saturno 5, decollavano e tornavano al suolo davanti a decine di migliaia di persone, ma durante la prima missione di sbarco sulla Luna era in orbita attorno al nostro satellite anche una navicella sovietica senza equipaggio, che documentò l’impresa americana.


Nel 1990, al tramonto dell’impero sovietico, Vassily P. Michine, che diresse il programma russo per la conquista della Luna, spiegò in un libro perché, dopo aver visto il successo degli Stati Uniti, il Cremino rinunciò alla conquista lunare.


Il libro di Vassily Michine, non disponibile in Italia ma tradotto in francese, documenta come gli scienziati russi seguissero passo dopo passo il Progetto Apollo, del quale conoscevano e verificavano ogni minimo particolare. E’ facile immaginare quale straordinaria arma propagandistica sarebbe stata per Mosca smascherare la “bugia” degli avversari.


E infine non dimentichiamo che i segnali radiotelevisivi delle varie missioni Apollo venivano captati puntando le antenne paraboliche verso la Luna. Per ottenere questo risultato, la Cia avrebbe dovuto inviare sul nostro satellite una stazione trasmittente con tutti i nastri audio e video preregistrati, e poi dalla Terra telecomandare la puntuale messa in onda, con una perfetta sincronia fra le frasi che arrivavano di lassù e le frasi che invece venivano dal Centro di controllo di Houston in Texas.

Più semplice mandare gli astronauti …


adattato da Paolo Morini


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