Verso la Luna: tecnologia
Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.
EDGAR ALLAN POE
Aventures sans pareille d'un certain Hans Pfaal - Avventure impareggiabili di un certo Hans Pfaal
JULES VERNE
De la Terre à la Lune - Dalla Terra alla Luna
GEORGE LE FAURE e HENRY DE GRAFFIGNY
Aventures extraordinaires d'un savant russe - Le straordinarie avventure di uno scienziato russo
EMILIO SALGARI
Alla conquista della luna
Ad Allegranza, un piccolo isolotto del gruppo delle Canarie, arriva un veliero.
Gli abitanti guardano con sospetto l'attività che si svolge sul veliero, da cui vengono scaricate delle pesanti casse. Dopo alcuni giorni il veliero riparte lasciando sull'isola soltanto due personaggi che hanno l'aria di scienziati o professori. Essi si danno da fare a costruire una strana macchina...
"che rassomigliava ad una cupola, con la parte superiore formata da lastre solidamente incastrate in telai che parevano d'alluminio, e la inferiore coperta di specchi immensi e di una serie di doppie eliche, che si vedevano funzionare senza posa, anche dopo il tramonto dell'astro diurno."
Interpellati da Faja spiegano che hanno intenzione di compiere un viaggio nello spazio e raggiungere la Luna.
Affidano al vecchio un cilindro di metallo contenente un messaggio che deve essere custodito e consegnato in futuro a qualcuno che l'avesse richiesto. Poi fanno i preparativi per la partenza, sotto gli occhi stupiti degliisolani...
"I due scienziati, che si scorgevano benissimo attraverso la cupola di cristallo, eseguivano delle manovre misteriose attorno a certi apparecchi che rassomigliavano a piccole macchine a vapore, prive di camini.
Ad un tratto, gl'isolani videro le ali che si trovavano intorno alla cupola, un po' sotto gli specchi, girare vertiginosamente e la macchina intera inalzarsi con la rapidità d'un uccello marino.
Scintillava come una massa di fuoco, lanciando in tutte le direzioni fasci di luce accecanti che impedivano quasi di osservarla, s'alzava sopra l'isola, mantenendo una verticale quasi perfetta.
Per parecchi minuti Faja ed i suoi compagni poterono seguirla con gli sguardi, riparandosi gli occhi con le mani, poi scomparve fra la luce solare come se si fosse fusa. Indarno essi l'attesero, credendo di vederla da un momento all'altro precipitare sull'isola o sul mare.
La notte scese e la cupola non fu più veduta tornare. Viaggiava fra gli spazi sconfinati del cielo, oppure era caduta sull'oceano ad una grande distanza? Mistero!"
Dopo qualche tempo una nave si accosta all'isola e Faja viene pregato dal comandante di consegnare il cilindro che ha in custodia.
"Il comandante lo aspettava nella sua cabina, tenendo in mano un lungo cilindro di metallo, accuratamente chiuso ed eguale in tutto e per tutto a quello che aveva ricevuto Faja dai due scienziati brasiliani.
- Ascoltatemi - disse il capitano, dopo d'averlo pregato di sedere. - Un mese fa, una nave francese, che veniva dai porti dell'America del Sud, rinveniva a quattrocento miglia dalle coste del Portogallo questo cilindro galleggiante sull'Oceano e contenente un documento benissimo conservato. Sapete leggere il portoghese?
- Sì, signore - rispose Faja.
- Leggete - disse.
Faja, con uno stupore facile ad immaginarsi, lesse le seguenti parole: "Lanciato sulla terra a novemilacinquecento metri. La nostra macchina funziona sempre perfettamente, mercè il calore proiettato dai nostri specchi e condensato nei nostri motori.
Se nulla accade di contrario, noi fra tre ore avremo lasciato la zona d'aria respirabile e continueremo la nostra ascensione verso la luna o verso un astro qualsiasi.
"Se non potremo mai più tornare sulla terra o se il freddo ci assidererà, come temiamo, chi vorrà sapere chi noi siamo e con quale macchina ci siamo alzati, si rivolga all'alcade di Allegranza (isole Canarie), a cui abbiamo rimesso i nostri documenti prima di lasciare definitivamente la terra."
Rio de Janeiro, 24 luglio 1887.
Ed ecco quello che il capitano trova nel cilindro gemello che Faja ha portato dalla sua isola.
"La notizia della fondazione della Società solare, costituitasi a Parigi, e la scoperta degl'insolatori, fatta dall'americano Calver, ha suggerito a noi l'idea di costruire una macchina che potesse funzionare senz'altro bisogno che del calore del sole e permettere di tentare un'esplorazione nello sconfinato firmamento.
Le splendide prove date dagl'insolatori, che ora funzionano così magnificamente in varie città africane, mettendo in moto delle macchine che vengono usate per la distillazione dell'acqua, ci hanno convinti della possibilità della cosa.
Dopo lunghi studi e lunghe esperienze, noi siamo riusciti a costruire degl'insolatori di tale potenza, da poter accumulare tanto calore da fondere perfino il ferro. Portare l'acqua allo stato d'ebollizione anche la più intensa, e mettere in moto delle macchine poderose senza aver bisogno del carbone; era dunque un gioco per noi.
Ottenuta la forza, abbiamo costruito dei motori e quindi una macchina volante, munita di eliche sufficienti per l'inalzamento.
La riuscita è stata così completa da tentare un grandioso progetto che da lunghi anni turbava il nostro cervello: di muovere, cioè, alla conquista della luna, o per lo meno di tentare un'esplorazione fuori dei confini dell'aria respirabile.
A tale uopo e per poter resistere senza esporci ai freddi intensi che supponiamo, a ragione, di dover sfidare nel nostro inalzamento, abbiamo munito la nostra macchina volante di una cupola di cristallo, assolutamente chiusa, portando con noi cilindri di ossigeno per rinnovare l'aria interna.
Riusciremo nella nostra temeraria impresa? Noi ne siamo fermamente convinti.
I nostri insolatori ci forniranno abbastanza calore per poter far funzionare le nostre macchine anche di notte e per poter resistere ai grandi freddi, per quanto intensi possano essere.
Quindi non possiamo temere di morire assiderati, nè di vedere le nostre macchine arrestarsi, il che accadendo, il nostro viaggio terminerebbe in una spaventevole caduta.
Noi speriamo un giorno di ridiscendere sulla terra. Se ciò non dovesse avvenire, considerateci pure come morti.
«CARVALHO E SOUZA»
Il capitano racconta che una nave inglese, proveniente dai porti della Cina, aveva raccolto un uomo trovato su un'isoletta disabitata.
Era un vecchio di sessanta e più anni, che aveva il volto coperto da una lunga barba e non aveva indosso alcun indumento.
Da alcune frasi sconnesse il comandante della nave aveva potuto capire che quell'uomo, che doveva essere diventato pazzo, non era approdato su quell'isolotto con una nave, nè con una scialuppa.
Asseriva di essere caduto dal cielo dopo una lunga corsa attraverso gli spazi celesti, e di essere di nazionalità brasiliana e di chiamarsi Souza...