Osserviamo le stelle variabili con il binocolo

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

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L’astrofilo può fornire un valido contributo alla ricerca astronomica (a cura di Mauro Graziani)</span> 
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Si è sempre detto che lo studio delle stelle variabili è un settore nel quale l’astrofilo può fornire un valido contributo alla ricerca astronomica.
 
Quest’affermazione era ed è tuttora veritiera, ed anche se oramai sono le tecniche di fotometria digitale ad avere, anche tra i non professionisti, un sempre più massivo utilizzo, l’osservazione e la stima visuale sono ancora praticate da moltissimi astrofili in tutto il mondo. Naturalmente la fotometria digitale fornisce dati di maggiore precisione e permette di misurare selettivamente attraverso l’uso di opportuni filtri specifiche porzioni dello spettro visibile. Inoltre la sensibilità delle moderne CCD consente di effettuare misure di luminosità anche di oggetti assai deboli. Tuttavia proprio la grande sensibilità di questi sensori rende per essi difficoltoso eseguire misure su oggetti più brillanti della ottava-nona magnitudine: osservare oggetti così brillanti con le camere digitali può rivelarsi un impresa ardua perchè l’immagine si satura già con esposizioni molto brevi, pregiudicando la possibilità di eseguire misure affidabili. Ne consegue che questi oggetti tendono ad essere spesso trascurati da chi fa fotometria CCD, siano essi astrofili o professionisti. Ecco quindi che l’astrofilo armato solo di un piccolo strumento può svolgere ancora un ruolo prezioso osservando visualmente questi oggetti, e guarda caso il binocolo rappresenta proprio lo strumento ideale per fare fotometria di quelle stelle variabili la cui luminosità non scenda sotto la nona  magnitudine.  
Quest’affermazione era ed è tuttora veritiera, ed anche se oramai sono le tecniche di fotometria digitale ad avere, anche tra i non professionisti, un sempre più massivo utilizzo, l’osservazione e la stima visuale sono ancora praticate da moltissimi astrofili in tutto il mondo. Naturalmente la fotometria digitale fornisce dati di maggiore precisione e permette di misurare selettivamente attraverso l’uso di opportuni filtri specifiche porzioni dello spettro visibile. Inoltre la sensibilità delle moderne CCD consente di effettuare misure di luminosità anche di oggetti assai deboli. Tuttavia proprio la grande sensibilità di questi sensori rende per essi difficoltoso eseguire misure su oggetti più brillanti della ottava-nona magnitudine: osservare oggetti così brillanti con le camere digitali può rivelarsi un impresa ardua perchè l’immagine si satura già con esposizioni molto brevi, pregiudicando la possibilità di eseguire misure affidabili. Ne consegue che questi oggetti tendono ad essere spesso trascurati da chi fa fotometria CCD, siano essi astrofili o professionisti. Ecco quindi che l’astrofilo armato solo di un piccolo strumento può svolgere ancora un ruolo prezioso osservando visualmente questi oggetti, e guarda caso il binocolo rappresenta proprio lo strumento ideale per fare fotometria di quelle stelle variabili la cui luminosità non scenda sotto la nona  magnitudine.  
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Così come l’astrofotografo tiene conto delle caratteristiche della sua camera quando effettua una ripresa, anche il fotometrista visuale deve tenere conto di alcune caratteristiche del proprio sensore che è l’occhio, o meglio il sistema occhio-cervello, il quale non è sensibile nella stessa misura a tutti i colori. In particolare in condizioni di bassa illuminazione risulta poco sensibile al colore rosso ed è questo è il motivo per il quale utilizzando una luce rossa non troppo intensa riusciamo a non perdere l’adattamento  all’oscurità. Nella fotometria visuale questa caratteristica,  nota come '''effetto Purkinje''', può causare una sistematica sottostima della luminosità nelle stelle molto rosse.  
Così come l’astrofotografo tiene conto delle caratteristiche della sua camera quando effettua una ripresa, anche il fotometrista visuale deve tenere conto di alcune caratteristiche del proprio sensore che è l’occhio, o meglio il sistema occhio-cervello, il quale non è sensibile nella stessa misura a tutti i colori. In particolare in condizioni di bassa illuminazione risulta poco sensibile al colore rosso ed è questo è il motivo per il quale utilizzando una luce rossa non troppo intensa riusciamo a non perdere l’adattamento  all’oscurità. Nella fotometria visuale questa caratteristica,  nota come '''effetto Purkinje''', può causare una sistematica sottostima della luminosità nelle stelle molto rosse.  
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Per ovviare a questo problema la cosa migliore è scegliere stelle di confronto quanto più possibile simili in colore alla stella variabile che intendiamo osservare. Tuttavia non sempre questo e possibile e in questo caso può risultare utile operare una leggera sfocatura che diluendo la luce su un area più grande permette di effettuare il confronto di luminosità direttamente sui dischetti stellari attenuando nel contempo la percezione del colore della stella.
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Per ovviare a questo problema la cosa migliore è scegliere stelle di confronto quanto più possibile simili in colore alla stella variabile che intendiamo osservare. Tuttavia non sempre questo è possibile e in questo caso può risultare utile operare una leggera sfocatura che diluendo la luce su un area più grande permette di effettuare il confronto di luminosità direttamente sui dischetti stellari attenuando nel contempo la percezione del colore della stella.
    
    
Quando ci apprestiamo a compiere la nostra stima di luminosità è buona norma operare nel seguente modo: una volta scelte le stelle di confronto si punta lo strumento verso la stella variabile inquadrandola al centro del campo, poi velocemente si punta la prima stella di confronto portando anche essa al centro del campo del nostro strumento. Si reitera questa procedura anche diverse volte (senza esagerare) fintanto che si riesca a valutare la differenza di luminosità tra le due stelle. Si ripete poi il procedimento utilizzando la seconda stella di confronto. Una volta impratichiti questa procedura si rivela estremamente rapida, molti visualisti esperti già al primo colpo d’occhio sono in grado di valutare la differenza tra la variabile e le stelle di confronto.
Quando ci apprestiamo a compiere la nostra stima di luminosità è buona norma operare nel seguente modo: una volta scelte le stelle di confronto si punta lo strumento verso la stella variabile inquadrandola al centro del campo, poi velocemente si punta la prima stella di confronto portando anche essa al centro del campo del nostro strumento. Si reitera questa procedura anche diverse volte (senza esagerare) fintanto che si riesca a valutare la differenza di luminosità tra le due stelle. Si ripete poi il procedimento utilizzando la seconda stella di confronto. Una volta impratichiti questa procedura si rivela estremamente rapida, molti visualisti esperti già al primo colpo d’occhio sono in grado di valutare la differenza tra la variabile e le stelle di confronto.
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Una volta compiuta la nostra stima annotiamo prontamente i gradini di confronto riscontrati ed annotiamo data ed ora, dopodiché siamo pronti per procedere con la stima di un altro oggetto.  
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Una volta compiuta la nostra stima annotiamo prontamente i gradini di confronto riscontrati ed annotiamo data ed ora, dopodiché siamo pronti per procedere con la stima di un altro oggetto.
=Le stelle per cominciare=
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Per fare pratica può essere opportuno orientarsi su stelle relativamente luminose e che abbiano un ampia escursione luminosa.
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Per fare pratica può essere opportuno orientarsi su stelle relativamente luminose e che abbiano un'ampia escursione luminosa.
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Ad esempio le stelle tipo ‘Mira’ che hanno una escursione luminosa di 6-9 magnitudini con un periodo di circa 300 – 400 giorni,  e che pertanto possono essere convenientemente seguite anche effettuando un osservazione ogni 7-10 giorni. Anche cefeidi e binarie ad eclisse possono essere dei buoni banchi di prova anche se, avendo esse periodi più corti, devono essere seguite più assiduamente.  
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Ad esempio le stelle tipo ‘Mira’ che hanno un'escursione luminosa di 6-9 magnitudini con un periodo di circa 300 – 400 giorni,  e che pertanto possono essere convenientemente seguite anche effettuando un'osservazione ogni 7-10 giorni. Anche cefeidi e binarie ad eclisse possono essere dei buoni banchi di prova anche se, avendo esse periodi più corti, devono essere seguite più assiduamente.  
Di tutte queste stelle possiamo costruire il grafico di variabilità (curva di luce) e, data la regolarità del comportamento fotometrico di queste stelle, verificare la qualità delle nostre stime.  
Di tutte queste stelle possiamo costruire il grafico di variabilità (curva di luce) e, data la regolarità del comportamento fotometrico di queste stelle, verificare la qualità delle nostre stime.  
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Versione corrente delle 12:43, 28 feb 2015

L’astrofilo può fornire un valido contributo alla ricerca astronomica (a cura di Mauro Graziani)


Quest’affermazione era ed è tuttora veritiera, ed anche se oramai sono le tecniche di fotometria digitale ad avere, anche tra i non professionisti, un sempre più massivo utilizzo, l’osservazione e la stima visuale sono ancora praticate da moltissimi astrofili in tutto il mondo. Naturalmente la fotometria digitale fornisce dati di maggiore precisione e permette di misurare selettivamente attraverso l’uso di opportuni filtri specifiche porzioni dello spettro visibile. Inoltre la sensibilità delle moderne CCD consente di effettuare misure di luminosità anche di oggetti assai deboli. Tuttavia proprio la grande sensibilità di questi sensori rende per essi difficoltoso eseguire misure su oggetti più brillanti della ottava-nona magnitudine: osservare oggetti così brillanti con le camere digitali può rivelarsi un impresa ardua perchè l’immagine si satura già con esposizioni molto brevi, pregiudicando la possibilità di eseguire misure affidabili. Ne consegue che questi oggetti tendono ad essere spesso trascurati da chi fa fotometria CCD, siano essi astrofili o professionisti. Ecco quindi che l’astrofilo armato solo di un piccolo strumento può svolgere ancora un ruolo prezioso osservando visualmente questi oggetti, e guarda caso il binocolo rappresenta proprio lo strumento ideale per fare fotometria di quelle stelle variabili la cui luminosità non scenda sotto la nona magnitudine.



Indice

Cosa sono le stelle variabili

Sono definite variabili quelle stelle la cui luminosità varia nel corso del tempo. Questa variazione di luminosità può essere più o meno importante ed avvenire secondo diverse modalità, da assai regolare ad imprevedibile passando attraverso tutti i gradi intermedi e su scale temporali che vanno da frazioni di giorno a svariati anni.

Questa grande varietà di comportamenti rispecchia le svariate cause che concorrono a determinare la variabilità di questi oggetti: infatti la classe delle stelle variabili raggruppa oggetti con caratteristiche anche molto diverse tra loro. In maniera estremamente sommaria possiamo distinguere tali stelle in base alla natura della loro variazione in due grandi categorie:

  • variabili intrinseche, nelle quali la variazione di luminosità è dovuta a meccanismi fisici propri della stella.
  • variabili estrinseche, nelle quali la variazione di luminosità è dovuta ad eclissi o a fenomeni prospettici, in questo caso quella che osserviamo è solo una variabilità apparente

Per l’osservatore è consigliabile, oltre che estremamente interessante, avere una conoscenza delle diverse tipologie di questi oggetti.

Due ottimi testi di riferimento in lingua italiana sono il manuale del GRAV-SSV (ordinabile come versione cartacea o liberamente scaricabile)



e il testo di Gerry A. Good “L'osservazione delle stelle variabili” editore Springer.



Per molti anni l’unico testo sull’argomento in lingua italiana è stato "Le stelle Variabili" di Leonida Rosino (editore Coelum) ed anche se oramai è un testo datato oltrechè quasi introvabile, ancora oggi per la sua rigorosità e chiarezza espositiva ritengo rappresenti un ottimo riferimento sull’argomento.



Inoltre il Manuale per l'osservazione visuale delle stelle variabili dell'AAVSO è disponibile online nella sua traduzione in lingua italiana



Come misurare la luce di una stella

Per misurare la luce di una stella di norma la si confronta con quella di altre stelle di luminosità già nota e che ovviamente non siano stelle variabili.

I metodi per stimare visualmente una stella sono essenzialmente due:

  • il metodo di Argelander ridotto, che è forse quello più usato e comunque il mio preferito.
  • il metodo del confronto diretto.

In entrambi i casi il principio di base è quello di confrontare due stelle di magnitudine nota con la nostra variabile.

Nel metodo di Argelander la stella di cui stimare la luminosità (che chiameremo stella X) viene confrontata con due stelle di paragone A e B, la prima (stella A) più luminosa della nostra stella X, mentre la seconda (stella B) meno luminosa della stella X. La stima si compie valutando quanti “gradini” separano A da X e poi quanti separano invece X da B. Questi gradini sono così attribuibili:

  • se la stella A e la stella X (o di converso la stella X e la stella B) appaiono uguali al primo colpo d’occhio, ma poi ad un più attento esame la stella A (o la stella X) appare più luminosa tranne che in rari istanti si dirà che tra le due stelle c’è 1 gradino di differenza
  • 2 gradini quando A ed X (X e B) appaiono uguali al primo colpo d’occhio ma poi, rapidamente e senza dubbio ci si rende conto che la prima è più luminosa della seconda.
  • 3 gradini se già al primo colpo d’occhio si percepisce una leggera differenza tra le due stelle.
  • 4 gradini se già al primo colpo d’occhio tale differenza appare piuttosto chiara.
  • 5 gradini indicano un evidente sproporzione di luminosità tra le due stelle.

Normalmente non ci si spinge oltre ai cinque gradini perchè il metodo perderebbe molto in precisione, infatti l’occhio umano è più abile a valutare piccole differenze di luminosità. In caso di indecisione tra due valori si può sempre attribuire un gradino intermedio. La nostra stima consiste quindi nell’attribuire i gradini di separazione prima tra la stella A e la stella X, e poi tra la stella X e la stella B. Una volta attribuiti tali gradini di separazione potremo calcolare la magnitudine incognita della nostra stella X utilizzando la seguente formula:

mx=ma+[a/(a+b)]*(mb-ma)

dove:

mx = magnitudine incognita della stella X ma = magnitudine nota della stella A mb = magnitudine nota della stella B a = gradini attribuiti tra la stella A e la stella X b = gradini attribuiti tra la stella X e la stella B

Un esempio pratico: la sera del primo gennaio 2000 la stella AX Persei (una stella variabile appartenente alla classe delle simbiotiche) confrontata con le stelle di paragone A e B aventi rispettivamenente magnitudine 6,6 e 7,6 venivano stimati i gradini:

a = 5 gradini b = 2,5 gradini



La magnitudine visuale che si ottiene sostituendo tali valori nella formula è di 7,3. La stima è stata approssimata alla prima cifra decimale perché visualmente non è praticamente possibile ottenere precisioni migliori del decimo di magnitudine.

Anche nel metodo del confronto diretto o metodo frazionale vengono usate due stelle di confronto, una più luminosa ed una più debole della stella che vogliamo stimare. In questo caso la differenza di luminosità presente tra due stelle di paragone viene mentalmente divisa in un numero conveniente di parti, dopodichè la stella incognita viene collocata nel punto di questa scala ideale che meglio sembra rappresentarne la luminosità. Ad esempio se la magnitudine della stella incognita è compresa tra la magnitudine della stella A che è di 5,8 e la magnitudine della stella B che è di 6,4 noi possiamo ad esempio stimare che la nostra stella incognita si trovi ad avere una luminosità pari a circa 2/3 della differenza tra la stella A e la stella B, pertanto:


5,8+(6,4-5,8)2/3= 6,2


In via generale quindi la formula da utilizzare in questo caso sarebbe:


mx=ma+(mb-ma)*f


dove:

  • mx = magnitudine incognita della stella X
  • ma = magnitudine nota della stella A
  • mb = magnitudine nota della stella B
  • f = rapporto frazionale stimato.


In qualsiasi maniera la si sia effettuata, per avere significato ogni nostra osservazione va associata al momento in qui essa è avvenuta, pertanto una volta fatta la stima della nostra stella è necessario annotare la data e l’ora in tempo universale (normalmente è sufficiente la precisione del minuto) della nostra osservazione. Successivamente data e ora dovranno poi essere convertiti nella corrispondente data giuliana. Per gli astronomi utilizzare il calendario giuliano è estremamente conveniente, infatti tale calendario conta semplicemente i giorni senza divisioni in mesi, settimane od anni, pertanto calcolare gli intervalli di tempo risulta molto più comodo. Una particolarità, il giorno giuliano inizia a mezzogiorno di tempo universale invece che a mezzanotte. Inoltre, ore minuti e secondi vengono espressi come frazioni di giorno. Un tempo per effettuare tale conversione si ricorreva ad apposite tabelle ed a qualche calcolo. Oggigiorno il computer ed internet rendono tutto molto più semplice, ci sono diversi software che permettono di estrapolare la data giuliana.

Uno di questi (ma ne esistono molti altri) è raggiungibile in una pagine del sito AAVSO.


Il binocolo ideale per l’astrofilo variabilista

La comodità della visione binoculare e raddrizzata rende assai più agevole il puntamento degli oggetti rispetto ai telescopi che invece ribaltano e/o capovolgono le immagini, consentendo nel contempo un minore affaticamento visivo e di conseguenza un maggiore comfort di osservazione. Oggigiorno di binocoli sul mercato se ne trovano di tantissimi tipi e prezzi.

La scelta dipende da diverse considerazioni, non ultime quelle economiche. Sicuramente è meglio prediligere uno strumento più piccolo di buona qualità ottica piuttosto che uno più grande ma più scadente. Anche perché non è affatto necessario possedere chissà quale strumento. Per iniziare va già bene un modesto 8x30 (ricordiamo che il primo numero rappresenta gli ingrandimenti mentre il secondo il diametro di ciascun obiettivo espresso in millimetri), mentre già un 7x50 oppure un 10x50 sono strumenti che permettono di seguire agevolmente moltissimi oggetti. Strumenti più grandi oltre che essere più costosi sono anche più impegnativi sia come maneggevolezza di utilizzo che come trasporto. In particolare strumenti sopra i 15-20 ingrandimenti e/o con obiettivi più grandi di 60 mm richiedono necessariamente l’uso di un treppiedi o di uno stativo, mentre strumenti più piccoli possono invece essere anche brandeggiati a mano, meglio se seduti su una seggiola a sdraio (accessorio altamente consigliato) in modo da migliorare il comfort di osservazione soprattutto quando si puntano oggetti alti sull’orizzonte.

L’ingrandimento non è fondamentale, anzi meglio prediligere modelli con basso ingrandimento e pupilla d’uscita attorno ai 7-9 mm. E’ importante un buon adattamento all’oscurità prima di cominciare le osservazioni. Adattare l’occhio al buio 10-15 minuti prima di cominciare le osservazioni vere e proprie consente di sfruttare al meglio la nostra acuità visiva ed è sorprendente quanto tale pratica tenda oggigiorno ad essere sottovalutata. Naturalmente è possibile utilizzare una piccola torcia con luce rossa per consultare atlanti e mappe celesti.


Le cartine di riferimento

Altro accessorio imprescindibile sono le cartine di riferimento, nelle quali, oltre alla posizione della nostra variabile sono riportate le magnitudini delle stelle di confronto. Sul sito dell’AAVSO si possono facilmente ottenere le cartine di riferimento praticamente per qualsiasi variabile conosciuta, tramite l'applicazione VSP = Variable Star Plotter


Qualche stratagemma ...

Così come l’astrofotografo tiene conto delle caratteristiche della sua camera quando effettua una ripresa, anche il fotometrista visuale deve tenere conto di alcune caratteristiche del proprio sensore che è l’occhio, o meglio il sistema occhio-cervello, il quale non è sensibile nella stessa misura a tutti i colori. In particolare in condizioni di bassa illuminazione risulta poco sensibile al colore rosso ed è questo è il motivo per il quale utilizzando una luce rossa non troppo intensa riusciamo a non perdere l’adattamento all’oscurità. Nella fotometria visuale questa caratteristica, nota come effetto Purkinje, può causare una sistematica sottostima della luminosità nelle stelle molto rosse.

Per ovviare a questo problema la cosa migliore è scegliere stelle di confronto quanto più possibile simili in colore alla stella variabile che intendiamo osservare. Tuttavia non sempre questo è possibile e in questo caso può risultare utile operare una leggera sfocatura che diluendo la luce su un area più grande permette di effettuare il confronto di luminosità direttamente sui dischetti stellari attenuando nel contempo la percezione del colore della stella.

Quando ci apprestiamo a compiere la nostra stima di luminosità è buona norma operare nel seguente modo: una volta scelte le stelle di confronto si punta lo strumento verso la stella variabile inquadrandola al centro del campo, poi velocemente si punta la prima stella di confronto portando anche essa al centro del campo del nostro strumento. Si reitera questa procedura anche diverse volte (senza esagerare) fintanto che si riesca a valutare la differenza di luminosità tra le due stelle. Si ripete poi il procedimento utilizzando la seconda stella di confronto. Una volta impratichiti questa procedura si rivela estremamente rapida, molti visualisti esperti già al primo colpo d’occhio sono in grado di valutare la differenza tra la variabile e le stelle di confronto. Una volta compiuta la nostra stima annotiamo prontamente i gradini di confronto riscontrati ed annotiamo data ed ora, dopodiché siamo pronti per procedere con la stima di un altro oggetto.

Le stelle per cominciare

Per fare pratica può essere opportuno orientarsi su stelle relativamente luminose e che abbiano un'ampia escursione luminosa. Ad esempio le stelle tipo ‘Mira’ che hanno un'escursione luminosa di 6-9 magnitudini con un periodo di circa 300 – 400 giorni, e che pertanto possono essere convenientemente seguite anche effettuando un'osservazione ogni 7-10 giorni. Anche cefeidi e binarie ad eclisse possono essere dei buoni banchi di prova anche se, avendo esse periodi più corti, devono essere seguite più assiduamente.

Di tutte queste stelle possiamo costruire il grafico di variabilità (curva di luce) e, data la regolarità del comportamento fotometrico di queste stelle, verificare la qualità delle nostre stime.

Nella tabella sottostante vengono suggeriti alcuni di questi oggetti.


Nome Tipo) Range (mag) Periodo (g)
R Hya Mira 3,5-10,9 388,87
R Leo Mira 4,4-11,3 309,95
TU Cas Cefeide 6,9- 8,2 2,139298
CO Aur Cefeide 7,5-8,1 1,7841



R Hya
R Leo
TU Cas
CO Aur

Dove inviare le osservazioni

Ci sono istituzioni che raccolgono le osservazioni facendole confluire in database ai quali spesso anche gli astronomi professionisti fanno riferimento.

La più importante a livello mondiale è sicuramente l’AAVSO.

In italia il GRAV-SSV UAI è la più importante associazione di osservatori non professionisti attivi nell’osservazione, raccolta dati e studio delle stelle variabili

Altre reti di raccolta dati sono la francese AFOEV, la britannica BAAVSSe la giapponese VSNET.

Ad ognuna di queste istituzioni è possibile associarsi ed inviare le nostre osservazioni che saranno così sempre a disposizione dei ricercatori che vorranno analizzarle o consultarle.

Il materiale necessario

Riassumendo:

  • binocolo, più eventuale stativo o seggiola reclinabile.
  • torcia a luce rossa
  • orologio ben regolato
  • mappe stellari ed un piccolo atlante
  • carta e matita.


... E BUONE OSSERVAZIONI A TUTTI!


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