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Anno di pubblicazione: 1970 - ristampa del 2009
Un brano dalla lunga prefazione di Giosuè Boetto Cohen .
C'è l'Oriana migliore sul campo, in diretta con la redazione de «L'Europeo». La sera prima, poi tre ore prima, poi tre minuti prima del lancio, appesi alla cronaca, dentro i fatti con tanto di prontooo!, fiumi di parole, imprecazioni, rumori d'ambiente. Fino al lift off, fino alle lacrime, alla preghiera, all'impresa che è una grande, meravigliosa impresa. In barba agli uomini robot, ai burocrati, agli interessi industriali, al rischio calcolato.
Nelle ultime ore dell'attesa, tra imprevisti, americanate e momenti patetici, Quel giorno sulla Luna è una radio accesa con la voce della Fallaci dentro, più vera che in un collegamento via satellite. E da lì, un crescendo. L'idea di inserire la trascrizione di una parte dei dialoghi tra Houston e l'Apollo che si allontana dalla Terra è magistrale. Nelle conversazioni «non ufficiali» impariamo cose
interessanti e curiose su come si vola nello Spazio e ci divertiamo parecchio scoprendo che anche nell'astronave unmanned briciole di umanità esistono. I tre antieroi Armstrong, Aldrin e Collins diventano simpatici ed entrano anche loro nell'impresa come il lettore, ma in fondo anche l'autore, vorrebbero.
La discesa del LEM, il modulo lunare, ciò che i due vedono, dicono, in quegli indescrivibili minuti, riesce ad essere descritto con l'atmosfera elettrica nella sala controllo e quella impazzita della sala stampa. E quando, dopo aver spento i motori, raccontato lo spettacolo fuori dal finestrino e obbedientemente dormito per cinque ore, Armstrong e Aldrin scendono sulla superficie, due ore e mezza il comandante, un'ora scarsa il secondo, chi legge è con loro, lì e allora, immerso nel paesaggio lunare, nella tensione delle cose da fare, nell'ossigeno che manca, nell'obiettivo l'autore, vorrebbero.
La discesa del LEM, il modulo lunare, ciò che i due vedono, dicono, in quegli indescrivibili minuti, riesce ad essere descritto con l'atmosfera elettrica nella sala controllo e quella impazzita della sala stampa. E quando, dopo aver spento i motori, raccontato lo spettacolo fuori dal finestrino e obbedientemente dormito per cinque ore, Armstrong e Aldrin scendono sulla superficie, due ore e mezza il comandante, un'ora scarsa il secondo, chi legge è con loro, lì e allora, immerso nel paesaggio lunare, nella tensione delle cose da fare, nell'ossigeno che manca, nell'obiettivo duramente, coraggiosamente, tremendamente raggiunto.
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