Schiaparelli 1861
Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.
Giovanni Virginio Schiaparelli, astronomo e Senatore del regno d'Italia per meriti scientifici
Nasce a Savigliano, il 14 marzo 1835, e qui trascorre i primi anni di vita. Due episodi della sua infanzia indirizzano il suo interesse verso gli studi e in particolare verso l'astronomia.
"Quella notte, per tenerlo sveglio, Antonino, camminando, gli mostrò il cielo, gli insegnò ad individuare le Pleiadi, il piccolo e il grande Carro, la via Lattea che il gergo popolare indicava come «Strada di San Giacomo», dalla quale di tanto in tanto si staccavano luminose ed incredibili stelle cadenti con le loro vaporose ed insinuanti scie. Le «lacrime di San Lorenzo». Tutto inverosimile, profondamente affascinante e di grande influenza sulla fantasia del ragazzino. Incredulo ed estasiato. Lui era vivace, sveglio. Ma anche e soprattutto meditativo. La descrizione del papà non era caduta nel vuoto: da quel giorno, infatti, l'interesse di Virginio verso il grande mondo dell'universo, cioè dell'astronomia, andava sempre più crescendo. Alle giornate sull'aia dei mattoni, seppure ancora giovanissimo, alternava gli studi, apprendendo dalla mamma a leggere e scrivere ed affrontando poi, nella scuola comunale, quella in San Pietro, i temi ricorrenti destinati all'educazione dell'infanzia."
Prosegue i suoi studi laureandosi in ingegneria all'Università di Torino nel 1854, studia astronomia all'Osservatorio di Berlino sotto Johann Franz Encke e all'Osservatorio di Pulkovo sotto Otto Struve. Nel 1860...:
"Il ventiquattrenne Giovanni Virginio Schiaparelli è in piena attività a Pulkowo quando il ministro della Pubblica Istruzione, Gabrio Casati, invia un messaggio alla Legazione del re di Sardegna presso la corte imperiale di San Pietroburgo. L'oggetto è tra i più attesi: la nomina dell'astronomo di Savigliano presso l'osservatorio di Brera in Milano. «Prego la Signoria Vostra Illustrissima -si legge nella missiva del ministro- di voler compiacersi d’annunziare all’Ingegnere Giovanni Schiaparelli, che trovasi a Pietroburgo per uno studio di perfezionamento nell’astronomia, essersi Sua Maestà con Decreto del 6 corrente novembre, degnata di nominarlo a Professore e Secondo Astronomo presso il Reale Osservatorio di Brera in Milano». Schiaparelli lascia l'osservatorio russo il 31 maggio 1860 e prende servizio a Milano alla fine del giugno successivo, dopo aver fatto visita ai suoi familiari, ai colleghi ed agli amici e aver organizzato la sua nuova residenza nel capoluogo lombardo.
Ben lungi dall'immaginare di aver raggiunto il proprio obiettivo, Giovanni Virginio si impone fin da subito tempi e ritmi da stacanovista. Ha sotto gli occhi un osservatorio, quello di Pulkowo, che è considerato quanto di più moderno esista al mondo. Lui si trova a Brera, sui tetti di un collegio che da circa un secolo, grazie all'iniziativa dei padri gesuiti Giuseppe Bovio e Domenico Gerra, funziona come luogo di indagine per l'astronomia di posizione. Un abisso divide i due metodi di lavoro. Là si pensa e si ragiona immaginando il domani, qui si sopravvive con gli strumenti che la storia ha codificato e tramandato ma che la tecnica ha ormai ampiamente superato. Per ottenere qualcosa bisogna lavorare tanto, e sin da subito. Le sue sedute di osservazione sono costanti e regolari. Già nel 1861, il 29 aprile, compie una scoperta che qualifica il proprio operato. Con la vecchia strumentazione individua un pianetino sconosciuto cui dà il nome di Hesperia -il modo col quale gli antichi greci denominavano la penisola italiana-, in omaggio ad una ritrovata unità territoriale, sociale e culturale avvenuta poco più di un mese prima (la proclamazione dell'unità d'Italia, appunto).
La notizia della scoperta viene anticipata da «Il Saviglianese», il settimanale di poche pagine che da quattro anni (il primo del Piemonte sabaudo) si pubblica nella sua città d'origine. Il titolo è eloquente («Le scoperte del concittadino Gio. Battista Schiapparelli», con doppia «p», sic!) ed anche lo spazio destinato, l'intera prima pagina, la dicono lunga sull'influenza che l'ancor giovane Virginio ha acquisito e sul desiderio che Savigliano ha di tener alto il nome della città e dei suoi concittadini. Ma v'è di più: l'articolo, così come impostato, è frutto di una mano colta e preparata, di una mano che altro non è, sicuramente, che quella del medesimo Schiaparelli. Informa, sull'edizione datata domenica 12 maggio già in edicola il mattino presto (quindi andata in macchina il sabato), della scoperta effettuata soli tre giorni prima di «una Cometa fra la testa del Leone, e la zampa boreale del Cancro». Una cometa di ascensione retta di 138° e di declinazione boreale 30° che «cammina parecchi gradi al giorno verso Sud-Ovest ed apparisce come una stella confusa ed annebbiata di 3ª grandezza. Ha 15 minuti di diametro, un nucleo confuso ma grande, e una debolissima coda». (1)
Ma è su Hesperia che la descrizione si fa interessante e complessa. Lo Schiaparelli - racconta il settimanale- «mentre si prestava ad osservare il pianeta Ausonia (2), scoprì un altro pianeta finora incognito(3), e che appartiene alla classe numerosa di quei piccoli astri che descrivono intorno al sole le loro orbite comprese fra quelle di Marte e di Giove. Esso è situato nella costellazione del Leone non molto lontano da Saturno, ed è molto difficile a vedersi, non essendo la sua apparenza per nulla diversa da quella di una stella della undicesima grandezza. In questo caso la natura planetaria dell'astro non si può riconoscere da altro criterio, se non da quello della mobilità del medesimo attraverso alla moltitudine infinita delle stelle fisse. Con questa scoperta è portato a 68 il numero dei sopradetti asteroidi, ecc. ecc.». Il testo non finisce qui. Sino a questo punto, in realtà, sembra accontentare il lettore disattento; poi, però, comincia a snocciolare, via via, una lunga serie di notizie tecniche e specialistiche indubbiamente rivolte in esclusiva a quegli addetti ai lavori che non sono a Savigliano ma che attraverso «Il Saviglianese» vengono messi a conoscenza dell'importante scoperta del giovane secondo direttore dell'osservatorio meneghino (per la cronaca il giornale, non ancora aggiornato nella sua testata, continua a mantenere un prezzo destinato agli «Stati Sardi e Provincie unite» e a considerare «Estero» i luoghi ormai appartenenti al territorio nazionale già unificato).
Questo suo primo successo è un anticipo dei risultati che, a partire dall'anno successivo, con la morte di Francesco Carlini, Giovanni Virginio Schiaparelli andrà meritatamente ad ottenere dopo l'incarico della direzione dell'osservatorio di Brera. Forte dell'esperienza maturata a Berlino e a San Pietroburgo pensa sin da subito alla riorganizzazione della struttura di ricerca scientifica ed alla sistemazione dell'archivio della Specola, con la finalità di rendere praticabili i carteggi degli astronomi che prima di lui si sono succeduti nella gestione dell'osservatorio. Ma spinge oltre. Sostiene la necessità di dotare l'istituzione che guida di un telescopio più potente -sul tipo di quello di Pulkowo- in grado di fornirgli gli strumenti sufficienti ad indagare con successo il fenomeno delle stelle doppie, delle comete e di quant'altro possa sollecitare l'attenzione dei nuovi esploratori del firmamento. Suo riferimento, anche in questa occasione, torna ad essere quel Quintino Sella, ministro del regno, che già pochi anni prima ebbe ad avere un ruolo fondamentale nella sua carriera di astronomo (pochi anni dopo li ritroveremo fianco a fianco nella storia del Cai, Club Alpino Italiano) e che adesso si prodiga al fine di convincere il Governo a dare a Brera uno strumento di lavoro degno di un moderno osservatorio. Già nel 1862 nella celebre officina di Merz, erede di Fraunhofer a Monaco, viene messa in cantiere l'ottica da 22 centimetri che verrà consegnata a Milano soltanto nel 1874 e resa operativa l'anno successivo.
Da quella data l'esplorazione dello Schiaparelli assumerà un ruolo ed un'importanza fondamentale. Ma in precedenza non starà certo a guardarsi intorno. Lavorerà con pervicacia e scrupolo riuscendo ad essere considerato sin da subito il principe degli astronomi italiani. Già nel 1862 mette in relazione lo sciame meteorico delle Perseidi al passaggio della cometa scoperta da Lewis Swifts e da Horace Parnell Tuttle. Quattro anni dopo studia lo sciame delle Leonidi relazionato ad un'altra cometa, quella individuata da Ernst Wilhelm Tempel e dal medesimo Horace Parnell Tuttle. Due «periodiche» appartenenti alla famiglia della cometa di Halley. Di queste sue esplorazioni informa con grande abilità e competenza il padre gesuita Angelo Secchi, direttore dell'osservatorio Vaticano e successivamente, nel 1872, per queste sue ricerche viene insignito della medaglia d'oro della autorevole «Royal Astronomical Society» di Londra, guidata in quel momento dal matematico Arthur Cayley.
Rimane sempre, però, la persona semplice di un tempo, quella che in gioventù, durante gli studi torinesi, sapeva dialogare confidenzialmente con la famiglia e relazionarsi con molta sincerità e discrezione coi colleghi ed i compagni di studio e di lavoro. A Brera, come confida egli stesso con curiosa e quasi pignola puntualità, si scontra con la quotidianità di sempre. Lui, che è il direttore della Specola, deve fare benignamente i conti con l'inserviente Angelo Bordogna che si è dimenticato di mettere l'olio nella lampada di osservazione, deve prendere atto sconsolato che l'orologio ritarda di 27 minuti perché l'incaricata non l'ha montato a tempo, deve soffrire il mal di schiena perché la sua sedia è stata sostituita. Se la prende -con tono civile e comprensivo- anche con gli astrofili, ed in particolare con il «signor Newman che vuole esercitarsi nell’astronomia ed al quale [ha] dovuto preparare l’occorrente», oppure con gli occhiali, che sostituiti perché rotti sembrano non soddisfare appieno le sue necessità, o ancora con la zia Francesca, che gli piomba tra capo e collo e gli rovina i programmi di lavoro, che lui aveva organizzato in modo un po' diverso: «le prime ore di stasera -annota-, che sarebbero state così importanti dopo i disturbi dei giorni scorsi, le ho dovute impiegare a mostrar Marte, Giove e Saturno alla zia Francesca e a suo figlio. Fortunatamente non durò molto». Non è quel «musone» imbronciato ed austero che alcune sue immagini possono far apparire. È contento quando da Pulkowo arriva il suo collega amico Otto Struve, col quale «si è molto discusso delle stelle doppie». Ha buoni sentimenti nei confronti dell'universo, anche quando un temporale gli manda all'aria le sue osservazioni, apprezzando nella forzata circostanza «un vicino [che lo diverte] tutta la sera col suo pianoforte». E riesce anche ad ironizzare quando la cattiva sorte lo perseguita: «Dopo avere incominciato bene il lavoro, ecco che l’orologio rifiuta di movere oltre il cannocchiale. La corda che sopporta i due pesi motori non aderisce più ad una delle due carrucole e il peso grande cade a terra! Così ho dovuto chiuder bottega prima del tempo».
Nota (1): la cometa in questione si chiama Tatcher (C/1861 G1) dal nome dello scopritore, A. E. Thatcher. Fu scoperta il 5 aprile 1861 e rimase visibile fino al settembre dello stesso anno. E' la cometa responsabile dello sciame meteorico delle Liridi. Al momento della scoperta era nella costellazione del Dragone. Quando la vide Schiaparelli era nella costellazione del Leone. E' una cometa di Lungo periodo (415 anni).
Nota (2): sull'asteroide Ausonia vedere il paragrafo dedicato alla voce Asteroidi 1861.
Nota (3): si tratta dell'asteroide Hesperia o Esperia - vedere il paragrafo dedicato alla voce Asteroidi 1861
Estratto da un articolo di Luigi Botta, curatore di Giovanni Virginio Schiaparelli - L'uomo, lo scienziato Editore Cristoforo Beggiamo Savigliano
mettere il link alla pagina di esperia e al libro in bilbioteca anche alla scheda da senatore