Apprendista Astrofilo Introduzione

Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.

Versione delle 10:24, 23 mar 2008, autore: Paolomorini (Discussione | contributi)
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Astronomia

Breve manuale introduttivo per l’apprendista astrofilo di Gianfranco Tigani Sava


Se ora ci troviamo qui a chiacchierare insieme del cielo e dei suoi tesori è perché anche a te sarà capitato sicuramente molte volte di alzare lo sguardo e provare un senso di meraviglia, di stupore ma anche di grande curiosità per lo spettacolo che offre la volta stellata. E se hai deciso di intraprendere questa avventura sicuramente avrai provato una gran voglia di saperne di più. Insomma muori dalla voglia di diventare anche tu un astrofilo. E fai bene perché l’astronomia è una scienza vasta e in continua evoluzione che ha bisogno anche del lavoro di noi astrofili oltre che dei professionisti del settore, cioè gli astronomi. Anche l’astrofilo però deve conoscere almeno le basi dell’astronomia e non deve scoraggiarsi di fronte alle difficoltà concettuali che questa scienza oppone presentandosi spesso come inaccessibile, piena di teorie poco familiari, formule matematiche incomprensibili, nomi e parole poco rassicuranti. Come già detto in altre occasioni il nostro compito consiste nell’ accompagnarti in questo fantastico viaggio della conoscenza, guidarti, ma soprattutto incoraggiarti, dimostrandoti che spesso dietro domande o questioni difficili e complesse si nascondono risposte in realtà semplici e intuitive.


Eccoci dunque insieme a guardare, sia pure idealmente, il cielo notturno, a occhi nudi. Quante volte siamo colpiti dall’intenso splendore di una stella che brilla decisa nel cielo, sicuro punto di riferimento fra tante altre! Ci fanno quasi tenerezza quelle che tremolano accanto a lei, più fioche e incerte. Ci viene subito da pensare che la prima debba essere sicuramente più giovane, più grande, una fucina al massimo della sua attività mentre le altre magari saranno più piccole, in via di esaurimento, forse vecchie e ormai alla fine del loro splendore. Niente di più sbagliato!

Dietro questi ragionamenti, fragili dal punto di vista logico e scientifico, ma purtroppo frequenti, si nascondono diversi errori di valutazione ed un approccio al problema sicuramente sbagliato. Cosa fare allora? Intanto ti diamo un primo consiglio.


Continua ad osservare la stessa stella, così intensa e brillante, più sere di seguito, magari nell’arco di un mese. Se la vedrai cambiare di posizione rispetto ad altre stelle che invece risultano fisse allora la nostra non è una stella. Hai “scoperto” probabilmente un pianeta che si muove sullo sfondo delle costellazioni. Ed il suo intenso splendore è solo i riflesso della luce de nostro sole. La sfida ora consiste proprio nel dare il giusto nome al pianeta osservato. Non vogliamo avventurarci in una trattazione sui pianeti del nostro sistema solare, non basterebbero centinaia di pagine. E poi, come abbiamo più volte consigliato, una qualunque rivista di astronomia reperibile in edicola o il sito web di qualche associazione di astrofili, il sito dell’UAI, dei Planetari riportano le informazioni dettagliate e spesso in grafica molto semplice e gradevole del cielo del mese. Se li consulti periodicamente potrai sempre essere aggiornato su quanto il cielo ti offre sera per sera in ogni momento dell’anno. Ti diamo solo qualche piccola indicazione.

E’ poco probabile che il tuo pianeta sia Mercurio.

Disegno di Mercurio eseguito da Mario Frassati (sezione Pianeti UAI) il 7 giugno 2000 - telescopio da 203 mm di diametro a 400 ingrandimenti.
Immagine di Daniele Gasparri, dicembre 2005, Perugia, telescopio riflettore da 23 cm, WebCam con IR-Pass, somma di 462 fotogrammi

E’ un oggetto difficile da vedere, anche per i più esperti. Lo si può scorgere solo all’alba o al tramonto, molto vicino al sole, confuso spesso tra la foschia degli strati bassi dell’atmosfera, sull’orizzonte. Con un telescopio sarebbe più facile individuarlo ma ATTENZIONE!! Il Sole è troppo vicino a lui, potrebbe essere pericoloso.

Disegno di Venere eseguito da Mario e Paolo Frassati (sezione Pianeti UAI) il 28 dicembre 2000 - telescopio da 203 mm di diametro a 250 ingrandimenti
Immagine di Tiziano Olivetti, Bangkok Metropolis (Tailandia), novembre 2004, riflettore da 18 cm a focale 9500mm, filtro violetto e IR-cut, telecamera monocromatica, somma di 2400 frame


Venere invece è un faro splendente nel cielo. La puoi individuare bene all’alba o al tramonto e, osservata al telescopio, mostra le fasi proprio come la nostra Luna. Giorno dopo giorno la vedrai allontanarsi e poi riavvicinarsi al Sole.

Mercurio e Venere sono chiamati pianeti interni perché la loro orbita si trova contenuta dentro quella della Terra, quindi la loro distanza dal sole è sempre inferiore a quella della Terra.

Passiamo ora ai “pianeti esterni”. Ovviamente sono chiamati così perché la loro distanza dal Sole è maggiore rispetto a quella della Terra e quindi la loro orbita racchiude quella terrestre. Il più vicino a noi, come tanti film di fantascienza ci hanno insegnato, è Marte.

Disegno di Marte eseguito da Mario Frassati (sezione Pianeti UAI) il 24 giugno 2001 - telescopio da 203 mm di diametro a 250 ingrandimenti
Immagine di Luca Bardelli, settembre 2003, Libbiano (Pisa), rifrattore apocromatico da 13 cm con Barlow 5x, filtro IR-pas, Webcam a colori, somma di 1200 frames

Rossastro di colore per l’ossido di ferro (ruggine) che abbonda sulla sua superficie, non è poi sempre così brillante. Anzi è spesso poco appariscente nel cielo stellato. Capita periodicamente che la sua estrema vicinanza alla terra lo renda brillante, rosso e inquietante. Non preoccuparti: quando questo evento si verifica ci pensano la televisione e i giornali ad enfatizzarlo, anche eccessivamente, con servizi che spesso privilegiano la spettacolarità più che l’informazione rigorosa e scientifica.

Torniamo alla stella che hai individuato in cielo e che vuoi classificare. Se è un pianeta, la cosa più probabile è che tu abbia avvistato Giove o Saturno. Saranno sempre le carte del mese a dirtelo con sicurezza.

Giove è il più brillante fra tutti ma è anche il più grande. Il suo diametro è circa 12 volte quello terrestre. Giove rappresenta anche un’altra novità. Allontanandosi dal Sole è il primo pianeta gassoso che incontriamo. Ha la stessa composizione di una stella ma la sua massa non è stata sufficiente ad innescare le reazioni che invece fanno brillare le stelle. Per questo motivo viene definito una stella mancata. La luce intensa che emana è solo il riflesso di quella del Sole. Osservato al telescopio, anche a piccoli ingrandimenti offre un meraviglioso spettacolo per i colori che presenta e per i quattro Satelliti Medicei il cui movimento intorno al gigante è apprezzabile anche nell’arco di qualche ora.

Disegno di Giove eseguito da Mario Frassati (sezione Pianeti UAI) il 13 ottobre 2001 – telescopio da 203 mm di diametro a 250 ingrandimenti
Immagine di Tiziano Olivetti, maggio 2006, Bangkok Metropolis (Tailandia), riflettore da 275 mm a focale 9400mm, filtri RGB, telecamera monocromatica, somma di 1200 frames

I satelliti medicei si chiamano così perché furono scoperti per la prima volta da Galileo all’inizio del ‘600 e la scoperta fu dedicata a Lorenzo dei Medici. Con tale scoperta Galileo contribuì definitivamente a mandare in crisi la visione di un universo in cui la Terra stava al centro e tutto le ruotava intorno.

Saturno è inconfondibile, gioiello unico nel nostro cielo. Anche con un piccolo strumento affascina per i suoi colori ma soprattutto per gli anelli che lo circondano. E’ anche lui un gigante infatti il suo diametro è circa 10 volte quello terrestre. Come Giove ha una costituzione gassosa. Gli anelli sono costituiti da polvere, detriti, particelle minuscole forse originate da un corpo entrato in collisione con il pianeta.

Disegno di Saturno eseguito da Mario Frassati (sezione Pianeti UAI) il 26 gennaio 2001 – telescopio da 203 mm di diametro a 250 ingrandimenti
Immagine Tiziano Olivetti, novembre 2006, Bangkok Metropolis (Tailandia), riflettore da 275 mm a focale 11000mm, filtri RGB, telecamera monocromatica, somma di 1200 frames

Difficilmente avrai scorto in cielo un pianeta più lontano di Saturno perché i rimanenti, Urano, Nettuno e Plutone (denominato "pianeta nano" dalla Unione Astronmca Internazionae nel 2006), sono visibili con un telescopio e a volte neppure con quello. Lo puoi dedurre confrontando i diametri e le distanze riportati nella tabella sul sistema solare.

Forse allora l’oggetto luminoso da te individuato non è un pianeta. Non è un problema. Pensa che spesso nell’antichità anche astronomi professionisti scambiavano delle nebulose per pianeti ed ora quelle nebulose vengono chiamate ancora nebulose planetarie. Ma di questi oggetti ne riparleremo più avanti.

Procediamo per esclusione. Potrebbe trattarsi di una cometa. Le solite riviste specializzate o i siti web ti saranno ancora di aiuto perché te ne segnaleranno la presenza e la traiettoria percorsa nel cielo con largo anticipo. Una cometa quando è ancora lontana dal sole non sviluppa per intero la sua coda e può apparire come un semplice batuffolo luminoso, a volte visibile anche a occhio nudo. Ma che cosa è una cometa?

Disegno della cometa Pojmanski eseguito da Piergiovanni Salimbeni (sezione comete UAI) il 6 marzo 2006 – binocolo 20x100

Le comete sono bizzarri oggetti, una rarità nel cosmo. Hanno dimensioni variabili. Probabilmente sono nate e nascono dalla materia che si trova nella zona più periferica della grande nube che originò il sistema solare. Sono composte da ghiaccio e polveri, fusi in blocchi che non si sciolgono mai, brutti a vedersi. Ma le comete potrebbero rappresentare nel cielo la storia del Brutto Anatroccolo che, avvicinandosi al sole si trasforma in splendido cigno. I ghiacci si sciolgono passando direttamente dallo stato solido a quello gassoso (sublimazione). Si sviluppa così la fantastica coda fatta di gas e di polveri che appare splendente perché riflette la luce del sole. Pensa, l’indimenticabile Hale Bopp del 1997 ne aveva ben due.

E se invece si trattasse di un asteroide?

Immagine dell’asteroide 951 Gaspra, ottenuta dalla sonda Galileo il 29 ottobre 1991

Gli asteroidi sono anch’essi dei corpi solidi, delle vere e proprie pietre vaganti nello spazio interplanetario. Sono chiamati anche Pianetini. Se ne trova una fascia molto ricca tra Marte e Giove. La stima del loro numero cresce continuamente. Si tratta in genere di vere e proprie rocce dalla forma irregolare e di dimensioni che possono variare dai 1000 Km di diametro, come nel caso di Cerere l’asteroide più grande, fino al granello di polvere. Un’ altra zona particolarmente ricca di asteroidi è quella che si estende oltre Plutone e che potrebbe essere anche un serbatoio inesauribile di comete. Si ritiene credibile che la maggior parte di questi corpi siano nati dalle collisioni di corpi maggiori del sistema solare avvenute in epoche remote. A conferma di questo c’è anche il fatto che molti degli asteroidi hanno una natura doppia, per esempio Ida, Gaspra, Toutatis, Castalia e tanti altri.


E se invece il nostro puntino luminoso non fosse niente di tutto questo? Potrebbe trattarsi allora veramente di una stella o di molte altre cose ancora. Il cielo, come vedi, è molto più ricco di quanto possa sembrare. Allora procediamo con ordine.

Quella che crediamo ormai essere proprio una stella rimane fissa nella volta stellata e non cambia posizione rispetto alle altre stelle. A questo punto occorre utilizzare uno strumento. Forse basterà un buon binocolo, magari dotato di cavalletto, o meglio un telescopio. Per queste prime osservazioni non faremo differenza fra riflettori o rifrattori, a corta o lunga focale. E non parleremo delle caratteristiche e dei parametri di valutazione di uno strumento ottico rispetto ad un altro. Lasciamo questo compito ad altri. Troverai libri e siti web a sufficienza.

Proviamo allora a puntare l’oggetto misterioso con il nostro telescopio. Se, anche ingrandito, il puntino luminoso rimane un semplice puntino, magari sarà più evidente solo il suo colore ( rosso, arancio, verde, oro, ...) allora si tratta proprio di una stella. Cosa fare? Il consiglio più ovvio è quello di munirsi di una mappa del cielo. Le carte stellari si possono ormai reperire ovunque: nelle riviste di astronomia che si comprano in edicola. Vi troverai sicuramente il cielo del mese e spesso anche le carte del cielo in altri periodi dell’anno; in libreria acquistando qualche libro o atlante stellare; su internet, in molti siti di associazioni o comunque a carattere astronomico. Con una buona cartina riuscirai ad orientarti tra le costellazioni, a delimitarne i contorni e seguirne il movimento nel corso delle stagioni, ad individuare gli ammassi stellari (pensa al Grande Carro o alle Pleiadi) o le singole stelle. E’ un passaggio obbligato. Sarà forse faticoso all’inizio ma vedrai che la sicurezza con cui ti orienterai ad occhio nudo tra le stelle del cielo in ogni periodo dell’anno ti ricompenserà di ogni sforzo. Se poi durante le osservazioni avrai al tuo fianco un amico esperto o un astrofilo tutto sarà più facile.

Con un minimo di documentazione potrai conoscere finalmente il nome della tua stella.

Ma che cosa è una stella?

Si tratta di un corpo non solido, gassoso, incandescente, nato da un addensarsi di nubi di gas e polveri. Le stelle possono avere diametri che variano da circa 400 volte più piccoli del nostro Sole a oltre 1000 volte più grandi. Ricorda che il diametro del Sole è di circa 1.4 milioni di chilometri.

La loro temperatura sulla superficie varia da circa 3000 °C a oltre 50.000 °C. Il nostro Sole, ricorderai, ha una temperatura superficiale media di 5000 / 6000 °C.

Il colore delle stelle è determinato proprio dalla temperatura superficiale. Le stelle più calde sono quelle azzurre, le più fredde sono quelle rosse. Il Sole appare giallo.

Alla temperatura è legata anche la luminosità con cui brilla una stella. Ma c’è modo di misurare la luminosità di una stella? Gli astronomi utilizzano la cosiddetta magnitudine. In realtà vi sono due modi per misurare la luminosità di una stella ed entrambi fanno riferimento al termine magnitudine.

La magnitudine è una misura un po’ strana e non sempre facilmente comprensibile specie dal giovane astrofilo che la incontra per la prima volta. Non preoccuparti. Vedremo di renderla più chiara presentandola nella maniera più semplice possibile.

Prima stranezza: più una stella è brillante e più la misura della sua magnitudine è bassa, tanto bassa da assumere valori anche negativi. Il nostro sole, che noi non possiamo guardare tanto è brillante, è classificato con magnitudine -26.7 ( …negativa !)

E Sirio ( Alfa CMa ), una delle stelle più brillanti del nostro cielo è classificato con magnitudine -1.46

Rigel ( Beta Ori ) invece, in Orione, ha magnitudine 0.12 e quindi è meno brillante di Sirio. Ma cosa vuol dire questo? Forse che Sirio sia effettivamente più brillante di Rigel o che il nostro Sole sia una stella sicuramente più luminosa di Sirio e di Rigel? Certamente no!

Si intuisce bene che il Sole vince la sfida con tutte le altre stelle del cielo solo perché è, tra tutte, la stella più vicina alla Terra. Bella forza! Allora questa misura della luminosità, davvero poco attendibile, la chiameremo magnitudine apparente: è la luminosità delle stelle misurata dalla Terra. Dipende quindi molto dalla distanza della stella dalla Terra. E’ comunque una misura molto utile e usata in astronomia. Per esempio, tutti gli astrofili sanno bene che a occhio nudo e in un cielo non inquinato non sono in genere più visibili stelle con magnitudine superiore a +5. Con un telescopio invece, anche amatoriale e di medie dimensioni, si possono raggiungere magnitudini di +10 / +12

La magnitudine poi ha un altro inconveniente. Ogni diminuzione di magnitudine di una unità corrisponde ad un aumento di intensità luminosa di 2.5 volte. Un bel problema. Vuol dire che se passiamo dalla magnitudine 3 alla 2 l’oggetto ha aumentato la sua luminosità di 2.5 volte. Ma se passiamo dalla 3 alla 1 allora l’aumento è di 6.25 volte ( 2.5 X 2.5 ) E così via. Questa scala di valori in matematica si chiama logaritmica, ma noi ci fermiamo qui. Se vuoi provare a fare tu un piccolo calcolo puoi verificare che un salto di sole 5 magnitudini corrisponde ad una variazione di circa 100 volte dell’intensità luminosa.

La magnitudine apparente non è una misura realmente attendibile della luminosità di una stella. Gli astronomi usano molto spesso la magnitudine assoluta che indica invece la luminosità che avrebbe una stella se la osservassimo da una distanza fissa, standard di 32.6 anni luce. In questo caso la brillantezza dell’oggetto non dipende più dalla sua distanza ma dalla sua effettiva capacità di irradiare luce.

Ritorniamo a Sirio e Rigel. In questo caso sarebbe proprio Rigel a vincere la sfida sfoggiando una magnitudine assoluta di -7.1 contro la +1.4 di Sirio. Giustizia è fatta. E il nostro accecante Sole? Meglio non parlarne. Sarebbe declassato ad un +4.8


Quante cose abbiamo imparato insieme sulle stelle e tante altre ce ne sarebbero da scoprire.

Per esempio: sai che esistono stelle variabili?

Si tratta di stelle cha variano la loro luminosità nel tempo ad intervalli che possono essere brevissimi, ore o giorni, ma anche lunghissimi, anni, secoli.

Di solito questo cambiamento di luminosità si ripete regolare nel tempo. Quale ne può essere la causa? In genere le cause possono essere due. Per le stelle variabili geometriche la variazione di luminosità è dovuta al loro moto orbitale che le porta ad eclissarsi periodicamente.

Variazione tipica di luminosità di una variabile geometrica
Variazione tipica di luminosità di una variabile geometrica e rappresentazione del sistema delle due stelle

Perché ciò avvenga le due stelle devono avere il piano orbitale non inclinato rispetto alla visuale dalla Terra in modo che una delle due transiti sul disco dell’altra proprio come accade per le nostre eclissi di sole o di luna. Esistono anche variabili intrinseche, stelle in cui la luminosità varia a causa di motivi interni alla stessa stella, per esempio reazioni nucleari o alterazioni della struttura della stella. Lo studio delle stelle variabili è quanto mai complesso ed affascinante tanto che alcuni astrofili si dedicano esclusivamente ad esso. Sono i cosiddetti “variabilisti”. Potrai trovare tante loro pubblicazioni sulle riviste, sui siti web o in testi di astronomia. Noi purtroppo dobbiamo limitarci a queste poche informazioni. Vorrei chiudere il breve cenno alle stelle variabili ricordandone una, non tra le più famose, la R di Andromeda che varia e la sua magnitudine fra 5.8 e addirittura 14.9 con un periodo di 409 giorni, poco più di un anno.

La sua variabilità fu scoperta nel 1858 a Bonn.

Flammarion la definisce una piccola variabile che a volte si rende visibile a occhio nudo

Camille Flammarion era un astronomo e grande divulgatore di astronomia vissuto tra la fine dell’800 ed i primi del 900.

Riportiamo le sue riflessioni contagiose per entusiasmo e meraviglia:

“Quale immensa scala di luce! Quale fisica, quale ottica per i mondi che subiscono tali alternative nella intensità della loro luce diurna e nella loro temperatura! Passare ogni anno per la gradazione di un sole che ad ogni estate diviene quattromila volte più luminoso e più ardente! E’ inconcepibile per noi, abitanti di un calmo sistema dove, pur tuttavia, troviamo di che lagnarci come di un contrasto troppo violento tra il torrido luglio e il rigido dicembre.”

A volte capita di puntare una stella con il telescopio e dove ad occhio nudo eravamo certi di vedere un solo puntino luminoso ben netto e definito ecco apparirne invece due o tre. E che spettacolo di colori, a volte molto diversi tra loro. Si tratta di stelle doppie o triple.

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