Introduzione alle stelle doppie
Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.
Indice |
Presentazione
Un esame anche superficiale del cielo con un cannocchiale (o persino con un binocolo) rivela che moltissime stelle che ad occhio nudo appaiono singole sono in realtà costituite da due o più astri apparentemente molto ravvicinati tra loro. Al giorno d’oggi l’esistenza di sistemi stellari doppi e anche multipli ci sembra assolutamente normale, ma per gli astronomi del XVII e del XVIII secolo la scoperta delle stelle doppie telescopiche costituì un’autentica novità e pose un grave problema: queste coppie di stelle sono vicine solo in apparenza (cioè prospetticamente) o sono in realtà dei sistemi con qualche connessione fisica tra le stelle che li compongono ?
Tra gli osservatori che furono rosi da questo dubbio vi fu il grande William Herschel, che fu proprio colui che risolse l’enigma: non c’era alcun dubbio che ci sono coppie di stelle (o più in generale sistemi multipli) in cui le stelle sono legate fra di loro dalla forza di gravità, e seguono le stesse leggi enunciate da Keplero e da Newton.
Nel XIX secolo l’astrometria delle stelle doppie conobbe il suo massimo splendore ad opera di grandi osservatori visuali – la grande importanza del loro lavoro fu di poter calcolare, note le orbite e la distanza dei sistemi binari, la massa delle stelle.
“Pesare” le stelle (e analizzarne gli spettri) servì a gettare le basi della moderna astrofisica, che tanti progressi ha compiuto nel XX secolo.
Oggi il lavoro di misurazione delle stelle doppie prosegue ad opera di un numero relativamente ristretto di osservatori, dato che altre branche dell’astronomia e dell’astrofisica hanno preso il sopravvento nell’interesse dei ricercatori.
È quindi un campo aperto ai contributi dei dilettanti meglio equipaggiati, dotati di metodo e perseveranza.
Oltre ad essere uno strumento fondamentale per lo sviluppo delle teorie di fisica stellare, le stelle doppie possiedono un fascino e una bellezza uniche e sono tra gli oggetti telescopici più interessanti.
Poche attività astronomiche portano ad una conoscenza profonda del cielo stellato come la ricerca e l’osservazione delle stelle doppie: intendiamo anche l’osservazione puramente contemplativa, effettuata con qualunque telescopio e persino al binocolo o a occhio nudo.
Osservazioni di questo tipo necessitano soltanto di un buon catalogo e di un atlante stellare e, come sempre, consigliamo di tenere un diario delle proprie osservazioni .
Classificazione delle stelle doppie
Le stelle doppie vengono comunemente classificate in base ai metodi impiegati per osservarle e per determinarne l’orbita.
Anzitutto occorre effettuare una prima suddivisione in doppie fisiche e doppie ottiche.
Le stelle doppie fisiche (o stelle binarie) sono quelle coppie di stelle caratterizzate da un legame fisico gravitazionale tra le componenti del sistema: entrambe le stelle (o più di due se si tratta di un sistema multiplo) ruotano cioè attorno al comune centro di massa.
Può tuttavia capitare che due stelle apparentemente vicine sulla volta celeste si trovino in realtà a distanza di molti anni luce l’una dall’altra e non abbiano tra loro alcuna connessione: queste sono le doppie ottiche o prospettiche, che fino alla fine del secolo XVIII si riteneva costituissero la maggioranza delle coppie di stelle.
Oggi, invece, sappiamo che esse sono una minoranza e che tra le stelle della nostra galassia (e presumibilmente anche delle altre) la duplicità è la norma piuttosto che l’eccezione.
Le doppie fisiche, che costituiscono l’oggetto di studio degli astronomi dilettanti e professionisti, vengono poi ulteriormente classificate come segue:
- binarie visuali
- binarie astrometriche
- binarie interferometriche
- binarie spettroscopiche
- binarie fotometriche
Le binarie visuali sono state le prime ad essere scoperte poiché la duplicità è direttamente percepibile al telescopio.
Oggi si conoscono molte migliaia di binarie visuali, la cui separazione va da circa 0,1 fino oltre un centinaio di secondi d’arco. Le binarie visuali vengono misurate tramite il micrometro filare e il CCD.
Esistono poi moltissime stelle doppie che non possono essere separate nemmeno con i più potenti telescopi a disposizione dei professionisti.
Questo può accadere o perchè la doppia è troppo stretta o perchè una delle due componenti è così luminosa da impedire la visione della compagna più debole.
Quest’ultimo è il caso, ad esempio di Sirio, la cui duplicità venne scoperta indirettamente (tra il 1844 e il 1851) in base alle oscillazioni subite dal moto proprio della stella e dovute alla presenza di un compagno debole ed eccezionalmente denso (Sirio B).
Solo nel 1862 Alvan Clark poté finalmente osservare il compagno direttamente al telescopio. Le stelle doppie scoperte in questo modo vengono denominate binarie astrometriche e molte di esse sono state recentemente aggiunte ai cataloghi grazie al lavoro del satellite europeo Hipparcos.
Purtroppo le tecniche astrometriche non sono applicabili ai sistemi binari più lontani dal Sole, perchè le perturbazioni nel moto diventano difficili da rilevare.
Il potere risolutivo di un telescopio è fortemente limitato dalla presenza dell’atmosfera terrestre, al punto che, visualmente, è impossibile sfruttare per intero il potere risolutivo dei più grandi telescopi terrestri.
Le variazioni spaziali e temporali delle caratteristiche fisiche dell’atmosfera impediscono di separare doppie più strette di un certo valore: in condizioni medie la minima separazione percepibile in una stella doppia stretta si aggira sui 0,1 secondi d’arco, e comunque in questi casi è praticamente impossibile ottenere delle immagini di diffrazione nitide e regolari.
Per aggirare questa difficoltà, gli astronomi che studiano le stelle doppie hanno pensato bene di sfruttare un fenomeno ondulatorio ben noto e di grandissima importanza pratica: l’interferenza.
Senza entrare nei dettagli diciamo solo che con questa tecnica, e particolarmente con la speckle interferometria, è possibile raggiungere il potere risolutivo del telescopio e misurare la separazione di doppie separate di qualche millesimo di secondo d’arco.
Infrared Astronomy Group http://www.mpifr-bonn.mpg.de/div/ir-interferometry/
In questo modo è stato osservato il moto orbitale e calcolate le masse di binarie a cortissimo periodo, dell’ordine dei giorni, denominate binarie interferometriche.
Un altro importante tipo di stelle doppie sono le binarie spettroscopiche, anche queste non risolvibili otticamente ma riconoscibili per l’effetto Doppler mostrato dai loro spettri.
Animation from R. Pogge, http://www-astronomy.mps.ohio-state.edu/~pogge/Ast162/Movies/specbin.html)
Quando si osserva con lo spettroscopio un sistema binario il cui piano orbitale non forma un grande angolo con la direzione della visuale, il moto delle stelle attorno al centro di massa le porta ora ad avvicinarsi e ora ad allontanarsi dalla Terra.
Le righe dei loro spettri si spostano allora alternativamente verso il rosso (quando la stella si allontana) e verso il violetto (quando si avvicina).
Dall’entità e dal periodo dell’effetto Doppler gli astronomi possono risalire ai parametri fisici del sistema.
Infine vi sono le binarie fotometriche, meglio note come variabili a eclisse.
Sono sistemi binari strettissimi il cui piano orbitale forma un angolo molto piccolo con la linea della visuale e quindi le due componenti del sistema di eclissano a vicenda.
(Animation from R. Pogge, http://www-astronomy.mps.ohio-state.edu/~pogge/Ast162/Movies/eclbin.html)
Quando la componente più brillante viene eclissata da quella meno brillante si ha una notevole caduta di luminosità (minimo primario della curva di luce). Quando avviene l’opposto si ha una diminuzione di luminosità più contenuta (minimo secondario della curva di luce).
Un esempio molto famoso di binaria fotometrica è costituito dalla Beta Persei, Algol, che splende normalmente di mag. 2,1 per scendere alla 3,4 ogni 69 ore circa. Il minimo secondario, invece, è molto poco profondo, appena 0,1 magnitudini. Le binarie fotometriche vengono seguite dai variabilisti in quanto si studiano con gli stessi metodi impiegati per le variabili fisiche (fotometria).
Il telescopio
Fra i molti schemi ottici a disponibili i telescopi a lente (rifrattori) sono avvantaggiati, poiché danno mediamente immagini molto nitide e sono poco sensibili alla turbolenza atmosferica, che ha un grande effetto sulla possibilità di "sdoppiare" (= vedere le due componenti distinte) una doppia.
La maggioranza dei rifrattori amatoriali è limitata (per motivi di costo e ingombro) a diametri dell’ordine dei 10-15 cm, per cui le stelle più deboli o più ravvicinate sono osservabili con strumenti di apertura maggiore, solitamente riflettori newtoniani o Schmidt-Cassegrain. La qualità dello strumento e la bontà della collimazione, a prescindere dallo schema ottico, sono gli elementi più qualificanti dello stesso.
Il telescopio deve avere una montatura equatoriale massiccia e robusta, in quanto per osservare le stelle doppie si usano gli ingrandimenti più elevati in assoluto, in relazione al tipo di telescopio e alla sua qualità. Telescopi rifrattori di qualità da 100 mm si usano tranquillamente sulle stelle doppie con ingrandimenti compresi fra 200x e 300x, che per la maggior parte degli oggetti sono scarsamente utilizzabili.
A questi ingrandimenti, naturalmente, il moto orario in AR rappresenta una grande comodità.
Le stelle doppie al telescopio
Vediamo ora con un certo dettaglio qual è l’aspetto telescopico delle stelle doppie e quali sono le prestazioni di uno strumento astronomico di un dato diametro e con una data configurazione ottica nell’osservazione di questi astri.In una notte di seeing molto buono, puntiamo il telescopio su una stella di prima o seconda grandezza molto alta sull’orizzonte portandola al centro del campo visivo, mettiamo a fuoco accuratamente ed esaminiamo l’immagine formata dall’obiettivo con un oculare (ben corretto) che dia un ingrandimento pari a circa una volta e mezzo il diametro dell’obiettivo in millimetri. Se l’obiettivo del telescopio non soffre di vistose aberrazioni si dovrebbe vedere un dischetto luminoso (disco di Airy) circondato da uno o più anellini concentrici al disco e separati da spazi scuri. In un rifrattore si vedrà un anello solo, mentre in un telescopio ostruito si vedranno più anelli in numero proporzionale all’entità dell’ostruzione. Questa figura, detta centrica o immagine di diffrazione, non è, ovviamente, la stella vera e propria ma l’immagine di essa formata dall’obiettivo in base alle leggi dell’ottica ondulatoria. Il disco di Airy è il massimo centrale della figura di diffrazione mentre gli anelli sono le cosiddette frange. Quando col telescopio si punta una stella doppia, si vedranno due massimi di diffrazione distinti che tenderanno a confondersi l’uno nell’altro quanto più piccola sarà la separazione angolare delle due stelle. Secondo Rayleigh una stella doppia è separata quando il centro di uno dei dischi di diffrazione cade sul bordo dell’altro (criterio della risoluzione limite): in questo caso la stella doppia appare a forma di 8 schiacciato e la separazione in secondi d’arco tra i centri dei dischi (equivalente al raggio del primo spazio scuro) è data da r = (1,22 • 206265 • l ) / D (1) dove l è la lunghezza d’onda in mm, D è il diametro dell’obiettivo, pure in mm e r è in secondi d’arco. Per la luce verde (la radiazione cui è più sensibile l’occhio umano) l vale 5,55× 10-4 mm, il che vuol dire che la formula si riduce a rR = 140/D (2) che è il limite di risoluzione del telescopio secondo Rayleigh. Per un obiettivo di 100 mm di diametro, ad esempio, r = 1.4 secondi d’arco. In realtà il limite di Rayleigh è un limite teorico, un po’ conservativo.
L’occhio umano, infatti, non osserva tutto il disco centrale, ma soltanto la sua porzione più luminosa e quindi l’area di sovrapposizione dei due dischi appare più piccola di quella che è in realtà, consentendoci di distinguerli separati fino ad una distanza inferiore a quella calcolata con la (2). Sperimentalmente si trova che è possibile separare una stella doppia stretta fino a vedere i due dischi tangenti, quando i loro centri sono separati solo di rD = 117/D (3) detto limite di Dawes.
La formula vale per stelle non troppo deboli (in relazione al diametro dell’obiettivo) e di uguale luminosità. In letteratura si trovano altre formule, sul tipo di quelle che abbiamo riportato e che differiscono leggermente l’una dall’altra, ma occorre dire che nessuna di esse rispecchia la realtà in quanto il limite di risoluzione dipende non solo dal diametro dell’obiettivo ma anche dall’acuità visiva dell’osservatore, dal tipo di telescopio impiegato e dall’accuratezza con cui le ottiche sono state lavorate. Quando la stella ha componenti di luminosità differente le formule per il potere risolutivo che abbiamo visto non valgono più. Infatti la luminosità della componente primaria di una doppia stretta tende a mascherare la secondaria, meno luminosa, ed è richiesta una maggiore separazione per potere distinguere quest’ultima, soprattutto nel caso in cui il suo disco centrale cada proprio su uno degli anelli della primaria. L’effetto è particolarmente marcato con i telescopi a specchio, nei quali l’ostruzione centrale rinforza considerevolmente la luminosità degli anelli di diffrazione. Per questo motivo la misurazione delle stelle doppie visuali è più agevole con i telescopi rifrattori, nei quali ben l’84% della luce della centrica viene concentrato nel disco di Airy. Le stelle doppie sono utili per testare la qualità dell’obiettivo di un telescopio, ma occorre tenere presente che il fatto di riuscire a risolvere una stella doppia al limite teorico non sempre vuol dire che l’obiettivo è perfetto. Alcune deformazioni e irregolarità delle lenti e degli specchi che lasciano comunque simmetriche le immagini di diffrazione, intaccano pochissimo il potere risolutivo e quindi una prova di separazione su stelle doppie deve sempre essere integrata da un completo star test.