Osserviamo i satelliti artificiali con il binocolo
Da Commissione Divulgazione - Unione Astrofili Italiani.
Osserviamo i satelliti artificiali con il binocolo |
Un po’ di storiaIl coinvolgimento degli astrofili in questo settore di osservazione data ad epoche pre-spaziali: negli Stati Uniti, prima che venisse lanciato il primo satellite artificiale (che nel pensiero degli organizzatori doveva essere per forza americano mentre in realtà fu lanciato dai Russi il 4 ottobre 1957) venne varato il Progetto Moonwatch.
Astrofili e volontari non erano l’unica risorsa osservativa, naturalmente, ma i sistemi ottici e fotografici professionali dovevano essere puntati con una discreta precisione nelle zone di passaggio previsto dei satelliti.
Naturalmente nessuno era pagato per questo lavoro e gli osservatori dovevano procurarsi da soli gli strumenti necessari, di solito binocoli e piccoli telescopi. Gli unici rimborsi erano quelli per i telegrammi e le telefonate che i coordinatori dei gruppi dovevano fare per inviare i dati al SAO subito dopo le osservazioni.
Dato che si stimava che il primo satellite (ovviamente americano) sarebbe stato piccolo e quindi poco luminoso, era necessario osservarlo almeno con un telescopio da 50 mm di apertura. E poiché era necessario sorvegliare una zona di cielo più ampia possibile, si formavano squadre di osservatori abbastanza numerose in modo da coprire un arco di meridiano il più ampio possibile, sovrapponendo su di esso i campi inquadrati dai singoli strumenti con una ragionevole sovrapposizione. Il passaggio di un satellite sarebbe stato visto da uno o al massimo due osservatori. Il coordinatore della stazione provvedeva alla registrazione dei tempi di transito segnalati dagli osservatori, utilizzando un registratore magnetico e una radio a onde corte sintonizzata su un segnale orario continuo, tempi che venivano prontamente comunicati al SAO.
In Inghilterra si impose un altro tipo di osservazione. Un gruppo di osservatori solitari, altamente motivati e qualificati (e supportati dall’aeronautica militare), compiva osservazioni in proprio, spesso dal giardino di casa, con binocoli. Trovato il satellite, si fissava il punto (o i punti) prendendo il tempo di passaggio rispetto a stelle conosciute con un cronometro. Per tornare ai volonterosi astrofili del progetto Moonwatch, le squadre collezionarono molte migliaia di ore di osservazione in tutte le parti del mondo ma, per quanti satelliti venissero avvistati, di UFO neanche l’ombra, per la delusione dei credenti. Dopo che furono messi in orbita i primi satelliti e affinate le tecniche di lancio e di controllo in volo, il contributo degli osservatori volontari passò rapidamente in secondo piano rispetto a sistemi più sofisticati e finanziati in maniera massiccia dall’apparato militare. I gruppi Moonwatch continuarono tuttavia le osservazioni e si distinsero, ad esempio, quando il 5 settembre 1962 il satellite Sputnik 4 si disintegrò al rientro sopra allo stato del Wisconsin: furono visti 24 frammenti diversi scendere la terra e le osservazioni guidarono il recupero di molti di essi. Il Progetto Moonwatch, a parte l’utilità pratica di cui si è detto, aveva una grandissima carica divulgativa e didattica: i “Moonwatchers” più esperti sapevano di ottica, di fotografia, di meccanica celeste, di geografia astronomica, di radiotrasmissioni, di missilistica. Moonwatch tenne legati a sé più di 5000 osservatori dilettanti e nel 1975, 18 anni dopo il lancio del primo Sputnik, al SAO era ancora operativo l’Ufficio Moonwatch che intratteneva rapporti e scambi di informazioni con migliaia di appassionati nel mondo. Fu chiuso per mancanza di fondi governativi ...
Quando il satellite era nel centro del campo del binocolo, l’osservatore spingeva il pulsante di scatto di una fotocamera 35 mm. La macchina non fotografava il satellite ma gli indici dei cerchi graduati della montatura, assieme a un orologio posto nella stessa zona e sincronizzato con il segnale orario. Questa foto, note le coordinate del luogo di osservazione, si rivelava una fonte molto precisa di informazioni per calcolare l’orbita del satellite.
Le risorse necessarieOggi, con alcune notevoli eccezioni, l'osservazione visuale dei satelliti artificiali è un'attività del marginale rispetto all'osservazione professionale, per cui l'astrofilo, se da una parte non trova una proposta di tipo scientifico a cui dedicarsi, dall'altra è libero di godersi l'aspetto più ludico di questo tipo di osservazioni. Le tecniche di osservazione sono di facile approccio per l’astrofilo con un minimo di esperienza. È necessaria anzitutto una buona dimestichezza con la volta celeste, intesa come conoscenza delle costellazioni e della loro posizione, e la disponibilità di un binocolo.
Il classico e diffuso 7x50 si può dire sia l’ideale, essendo il campo inquadrato dell'ordine dei 6-7°. Binocoli con ingrandimenti e diametri superiori possono essere molto utili, ma il loro uso richiede (dato il campo minore) una certa esperienza e una buona pianificazione delle osservazioni. La ricerca di un satellite e l’inseguimento con il binocolo comporta l’uso continuativo dello strumento per diversi minuti: è quindi opportuno assicurare il binocolo ad un supporto che consenta di orientarlo agevolmente in tutte le direzioni. Con un binocolo da 1 kg di peso, pochi minuti di osservazione continua a mano libera sono sufficienti a smorzare il primo impeto e a costringerci a una pausa. L’ingrandimento non è un fattore importante dato che di un satellite è difficile scorgere più di un punto luminoso: a parte le dovute eccezioni (Stazione Spaziale Internazionale in primis) quasi tutti i satelliti sono corpi di piccole dimensioni. Ad esempio un satellite di 4 metri di lunghezza e orbitante a circa 800 km di altezza sottende un angolo di circa 1”, dello stesso ordine di grandezza del diametro apparente dei dischi dei 4 satelliti principali di Giove. Non ci sono dubbi quindi che, anche con un binocolo operante a ingrandimenti medio-alti, l’aspetto del satellite rimanga puntiforme e di tipo stellare. Qualche tentazione potrebbe venire con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), grande come un campo da calcio e orbitante in orbita bassa: ci sono astrofili che seguono la ISS con telescopi a puntamento automatico e riescono a fotografarne le caratteristiche principali. E chi si arma del software di previsione adatto e di molta pazienza può riuscire ad osservare un transito della ISS sul disco del Sole o della Luna ... Oltre al binocolo, occorre un astrolabio per orientarsi in cielo, le classiche torce a luce rossa, ed è molto utile un orologio sincronizzato con il segnale orario (una sincronizzazione al secondo col l’orologio del Televideo è sufficiente).
Se l’orologio possiede anche le funzioni di cronometro, possiamo sfruttarlo per misure di velocità apparente (tempo per passare da una stella a un altra) o per misurare il periodo delle pulsazioni luminose nel caso in cui la luminosità apparente non sia costante. Queste variazioni di luminosità sono legate alla velocità di rotazione del satellite attorno al proprio asse e la loro misurazione sistematica consente, in certi casi, di prevedere la data di rientro nell’atmosfera.
I dati preliminari dei transiti
Il modo più semplice per procurarsi i dati per osservare un satellite è quello di collegarsi tramite Internet a un sito adatto, come Heavens Above
Soprattutto se il satellite è poco luminoso, questi punti ci consentono di aspettarlo e “catturarlo”: occorre naturalmente l’ora esatta e la certezza di inquadrare la zona di cielo giusta.
Cosa osservareFra la moltitudine di oggetti catalogati (oltre 8000), è utile selezionarne qualcuno, almeno per iniziare.
Il costo dei servizi e degli apparecchi risultò non competitivo e il progetto venne dismesso. Ormai sul punto di de-orbitare tutti i satelliti, subentrò il Pentagono che rilevò tutte le installazioni e tutti i satelliti per via dell’interesse strategico. I satelliti Iridium ci riservano uno spettacolo interessante in quanto all’osservazione diretta si presentano con una magnitudine visuale di +6 (il binocolo risulta indispensabile per localizzarli e seguirli). A volte capita di vedere il Sole riflesso nelle antenne, costituite da pannelli piani di dimensioni 188x86 cm e 4 cm di spessore. Questi pannelli sono rivestiti di alluminio altamente riflettente, e la loro superficie è ulteriormente trattata con argento e teflon per migliorarne il controllo della temperatura. La riflessione della luce solare su questi pannelli provoca un fascio di luce riflessa che si dirige verso terra e “spazza” la superficie terrestre durante il moto del satellite, come il cono d’ombra delle eclissi totali, anche se qui si tratta di un cono di luce. Se la nostra postazione si trova sulla traiettoria del raggio di luce solare riflesso, saremo allora testimoni di un “Iridium flare”, cioè per qualche secondo vedremo la luminosità apparente del satellite aumentare e poi diminuire, il tutto in un arco di traiettoria in cielo non superiore ai 10 gradi. Poiché le antenne vengono tenute in una posizione ben determinata rispetto alla superficie terrestre, questi flares si possono prevedere in anticipo e possono raggiungere la mirabolante magnitudine di –8, superando il pianeta Venere nelle migliori condizioni di osservazione. Unica avvertenza: il cono luminoso non è molto ampio, uno spostamento di 10 km riduce moltissimo l’intensità osservata, per cui bisogna far calcolare le previsioni con le coordinate esatte del luogo di osservazione.
Sono molto interessanti da osservare perché si vedono tre punti luminosi in movimento rispetto alle stelle, compresi in un campo di circa 5 gradi di ampiezza. Dato che man mano che si muovono la prospettiva di osservazione varia, si vede nel binocolo questo triangolo in movimento che cambia forma man mano che attraversa il cielo. In passaggi molto favorevoli e sotto cieli scuri, possono essere visibili a occhio nudo e, se non si sapesse che sono satelliti artificiali, potrebbero venire in mente le cose più strane ...
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