La natura della Materia Oscura
di Emilia
Palladino
Da cosa è costituita la materia oscura?
Data la sua invisibilità, non è molto semplice identificare le
particelle che costituiscono la materia oscura. I cosmologi non sanno ancora chi
è il componente fondamentale di questo tipo di materia, ma sanno con una certa
sicurezza cosa non è, nel senso che il candidato possibile deve obbedire a
quattro condizioni:
-
la quantità di materia oscura nel cosmo non è arbitraria: da
osservazioni sui moti delle stelle nelle galassie e delle galassie negli
ammassi (vedi paragrafo precedente), si può stabilire che ce ne debba essere
almeno un decimo del quantitativo critico di Einstein o al massimo 10 volte
tanto;
-
la materia oscura si concentra intorno ai nuclei galattici e quindi
deve essere capace di aggregarsi;
-
esiste da diversi miliardi di anni e quindi la particella che la
costituisce deve essere stabile;
-
non è materia luminosa e quindi non interagisce se non in modo
minimo (ossia trascurabile) con la radiazione elettromagnetica.
Dopo aver sottoposto tutte le particelle conosciute e/o ipotizzate
teoricamente, ma non ancora trovate, al filtro costituito dai precedenti criteri
che devono essere validi contemporaneamente, sopravvivono tre tipi di
particelle: i neutrini, gli assioni, i WIMP.
I neutrini
Il neutrino è stato ipotizzato negli anni '30 da Wolfgang Pauli ed
Enrico Fermi ed è stato scoperto in laboratorio nel 1953. E' una particella
neutra, cioè senza carica elettrica, ed è molto, molto piccola, almeno (non si
sa con precisione il valore, ma il seguente è un limite superiore) cinquantamila
volte più piccola dell'elettrone.
Essa si presenta come un valido candidato per la costituzione della
materia oscura, perché di neutrini è pieno l'Universo: sono infatti particelle
che vengono emesse in occasione di ogni reazione nucleare e nel caso di
decadimento radioattivo degli elementi. Il Sole per esempio, ne produce in
grandissima quantità ed esistono numerosi apparati sperimentali nel mondo
deputati alla ricerca e al rilevamento dei neutrini solari.
Il fatto è che se ne rilevano meno di quelli previsti, circa un
terzo. Questo si spiega tenendo presente che i rilevatori terrestri di neutrini
sono sensibili a un solo tipo di neutrino (quello elettronico, cioè
dell'elettrone) e non agli altri due tipi esistenti (quello tauonico,
della particella tau e quello muonico, della particella mu).
Ma, come spiegazione al conteggio rilevato sperimentalmente (cioè si
rileva circa 1/3 dei neutrini aspettati), potrebbe valere anche l'ipotesi che i
tre tipi di neutrini non siano in realtà tre particelle distinte, ma siano i tre
"vestiti" possibili di una stessa particella (teoria dei neutrini
oscillanti). Se fosse vera questa ipotesi, vuol dire che il deficit rilevato
a terra potrebbe essere dovuto al fatto che due volte su tre il neutrino si
"veste" da neutrino tauonico o muonico eludendo il conteggio sperimentale. Il
fatto è che per cambiare abito il neutrino dovrebbe possedere una massa, circa
un milione di volte più piccola di quella dell'elettrone, mentre nella teoria
usuale (quella secondo la quale i tre neutrini sono particelle distinte) il
neutrino ha massa nulla.
Supponendo allora che il neutrino abbia massa, possiamo "pesare"
tutti i neutrini contenuti nell'Universo, ottenendo un contributo alla densità
critica dell'ordine dell'1, 2 per cento. Questo valore è ancora insufficiente,
ma in ogni caso è importante sottolineare che è di più di quello ottenuto dalla
somma della massa di tutte le stelle messe insieme.
Ancora oggi non si ha una stima precisa della massa del neutrino e
non si ha una verifica sperimentale diretta della teoria dei neutrini
oscillanti, per cui sarebbe affrettato dire che la materia oscura è fatta da
neutrini, anche perché c'è un problema di difficile soluzione riguardante la
capacità dei neutrini di formare le strutture cosmiche, quali galassie e ammassi
di galassie. Infatti, durante la formazione delle strutture cosmiche, avvenuta
quando l'Universo aveva circa un milione di anni, un ruolo essenziale è stato
rivestito dalla materia oscura che, come abbiamo accennato, è attiva
gravitazionalmente, cioè deve essere in grado di creare un campo gravitazionale
sufficientemente forte per consentire la costituzione di regioni molto dense nel
cosmo; quelle stesse regioni che in seguito daranno origine alle galassie e agli
ammassi.
Il problema riguardo ai neutrini come possibili costituenti della
materia oscura è dovuto al fatto che sono particelle relativistiche, ossia
viaggiano a velocità molto prossime a quelle della luce, per cui è molto
difficile tenerle "ferme" in uno stesso luogo. La loro tendenza a disperdersi in
tutte le direzioni è un forte ostacolo alla possibilità di innescare il processo
di collasso gravitazionale che solo permetterebbe la successiva formazione di
una struttura.
Per questo motivo, cioè per la loro velocità, i neutrini fanno parte
di quella categoria di possibile materia oscura definita calda, dove si
usa il concetto di temperatura solo per comprendere l'entità delle masse delle
particelle in gioco: piccola massa, grande velocità, materia calda e, viceversa,
grande massa, piccola velocità, materia oscura fredda..
Gli assioni
Nessuno ha mai visto un assione, ma la sua esistenza è ipotizzata
dalla teoria delle interazioni forti, la teoria che descrive i processi
all'interno dei nuclei atomici e più ancora all'interno di protoni e neutroni,
costituenti del nucleo, tramite l'esistenza dei quark. Il problema sta nel fatto
che la stessa teoria che la predice non ne stabilisce la massa che, ai fini
della sua candidatura a costituente della materia oscura, è una proprietà
fondamentale.
Come i neutrini sono neutri, interagiscono pochissimo con la materia
e possono essere prodotti nelle reazioni nucleari per cui anche lo stesso Sole
dovrebbe produrre un vento continuo di assioni che investe la Terra. Per ora si
può solo stabilire che se hanno massa, questa deve essere molto piccola, ma,
rispetto ai neutrini, hanno il grande vantaggio che dato che non interagiscono
con la materia, non sono prodotti da processi termici, e quindi sono freddi. Da
quanto detto nel paragrafo precedente, questo è importante per permettere la
formazione di strutture cosmiche.
I WIMP
Sono particelle delle quali si conosce molto poco e il loro nome sta
per Weak-Interacting Massive Particle, cioè particella massiva a
interazione debole. In effetti di queste particelle si sa solo che hanno una
massa e sono debolmente interagenti con la materia.
I wimp sono predetti all'interno di quella teoria delle
supersimmetrie secondo la quale tutte le particelle esistenti hanno un loro
"specchio" supersimmetrico e la proprietà che caratterizza i partner
supersimmetrici è che essi sono tutti molto massicci. Quando una particella è
molto massiccia (in altre parole, più energetica), la sua produzione è più
difficile quindi facilmente essa decade in un'altra particella più leggera, fino
ad arrivare all' "ultima" particella. L'ultimi wimp è il neutralino, che
proprio perché è l'ultimo, è anche molto stabile (non decade) e se viene
prodotto nei primi istanti di vita dell'Universo (quando era molto caldo e
poteva formare particelle massicce) rimane nel cosmo indefinitamente.
Durante l'espansione dell'Universo, la velocità dei neutralini, che
già erano lenti nell' "officina primordiale" cosmica per via della loro massa,
diminuisce sempre di più (ricordiamo che l'Universo si sta sì espandendo, ma
contemporaneamente si sta raffreddando), tanto che al momento presente dovrebbe
essere molto inferiore a quella della luce; queste particelle fanno parte della
categoria della materia oscura fredda, un tipo di materia oscura più indicato,
proprio per la sua proprietà di "muoversi poco", per la formazione di strutture
cosmiche.
Molti sono gli esperimenti che tentano di trovare un wimp; tutti si
fondano sull'idea di aspettare che una di queste particelle collida con un certo
quantitativo di materiale in grado di rilevarla. Tra questi esperimenti, quello
a cui dedicheremo maggior attenzione è in corso da quattro anni nei laboratori
sotterranei del Gran Sasso ed è sotto la responsabilità di una scienziata
italiana che lavora all'Università di Roma "Tor Vergata", la prof. Rita
Bernabei. Il nome dell'esperimento è D.A.M.A.
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