Cosmologia
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La Materia Oscura nell'Universo di Emilia Palladino
Per molto tempo si è creduto che ogni oggetto presente nel nostro Universo fosse visibile e che quindi inviasse in tutte le direzioni luce propria (o riflessa a seconda della sua natura), che, raggiunta la Terra, conseguentemente potesse essere rilevata e studiata, cercando di ottenere da essa tutte le informazioni possibili sull'oggetto che la emette, oppure su proprietà generali del Cosmo. Questo è ancora vero, infatti il compito principale dell'astronomo non è solo quello di raccogliere luce, attraverso telescopi sia da terra che dallo spazio, ma è anche, e soprattutto, quello di ottenere da quanto è visibile informazioni su tutto quello che ancora non vediamo e non conosciamo del nostro Universo.
Proprio in seguito all'analisi della luce proveniente dal cosmo in 50 anni di osservazione, oggi sappiamo che il 90% della materia presente nel cosmo è composta da oggetti o da particelle che non possono essere viste: in altri termini, la maggioranza della materia cosmica non emette luce (o meglio radiazione), quindi può essere rilevata solo dagli effetti che essa provoca sulla materia visibile.
Questa "massa mancante" è chiamata materia oscura, un nome che tiene conto appunto della sua fondamentale caratteristica: l'invisibilità.
Perché la materia oscura deve esistere?
Storicamente ci sono due ragioni fondamentali che hanno costretto gli astronomi a ipotizzare l'esistenza di un quantitativo notevole di materia non visibile. Le vediamo relativamente all' "ambiente" cosmico che ha prodotto i fenomeni evidenziati; in entrambi i casi, la nostra conoscenza dei meccanismi di azione della forza gravitazionale impone l'esistenza della materia oscura per poterli spiegare in modo corretto.
Gli ammassi di galassie
(Zwicky & Smith, 1930)
Nel cosmo esistono moltissime galassie che nella maggior parte dei casi non si presentano distribuite in modo isolato l'una dalle altre, ma sono disposte in strutture più grandi che ne contengono anche numerose in uno spazio che possiamo definire ristretto, anche se copre distanze inimmaginabili, dell'ordine di centinaia di Mpc. Queste strutture sono gli ammassi di galassie e fra un ammasso e l'altro esistono immensi vuoti cosmici che occupano in realtà l'80% dello spazio conosciuto: la struttura della distribuzione della materia visibile si presenta "a nido d'api", dove le galassie sono prevalentemente disposte su piani bidimensionali che separano fra di loro regioni sostanzialmente prive di materia luminosa.
A causa della forza di attrazione gravitazionale, le galassie all'interno di uno stesso ammasso si muovono con una loro propria velocità. Studiando i valori di queste velocità, gli studiosi hanno stabilito che sono troppo alti, di circa un fattore da 10 a 100 volte superiore, rispetto a quelli che si otterrebbero se la massa dell'ammasso fosse solo quella visibile. Ne consegue che deve esistere un quantitativo di materia non visibile, ma "attivo" gravitazionalmente che giustifica quei valori di velocità misurati.
Le galassie a spirale
(Rubin, Freeman, Peebles, 1970)
Dall'immagine si nota che quelle galassie la cui forma è definita a spirale hanno un nucleo centrale molto denso e dei lunghi bracci avvolti intorno ad esso, che seguono il verso di rotazione dell'intera struttura. Ogni oggetto appartenente alla galassia ruota con una sua velocità intorno al centro; il valore di essa dipenderà abbastanza intuitivamente dalla distanza dell'oggetto dal centro della galassia e dalla massa che la costituisce.
Se la nostra comprensione della gravità è corretta, ad una massa galattica più grande corrisponderanno velocità maggiori. Studiando questi valori si trova che le velocità misurate sono troppo grandi per giustificare il quantitativo di materia luminosa presente nella galassia; ne segue, ancora, che deve esistere un quantitativo notevole di materia "attiva" solo gravitazionalmente che, aumentando la massa galattica, provoca il valore osservato delle velocità degli oggetti presenti.
Quanta materia oscura esiste?
Secondo la teoria della Relatività Generale di Einstein, che è oggi la teoria fondamentale attraverso la quale spieghiamo l' "aspetto" del nostro Universo fino alle distanze più lontane, esiste una quantitativo di materia prestabilito all'interno del volume cosmico, detto densità critica, che fa da discriminante fra le varie forme del Cosmo e il suo possibile futuro evolutivo. E' allora estremamente importante valutare (anche se non è affatto immediato, perché non basta "pesare" la materia che vediamo) la massa totale dell'Universo per conoscere se essa è maggiore, uguale o minore del quantitativo fissato dalle equazioni della relatività.
Per questo confronto, gli scienziati usano un numero fondamentale, detto parametro di densità (Omega), dato dal rapporto fra il quantitativo di materia reale misurabile all'interno dell'Universo e il quantitativo "critico" definito da Einstein nelle sue equazioni.
Se Omega è uguale a 1, allora la materia presente nel cosmo è esattamente uguale alla quantità prevista dalla relatività generale e la gravitazione fra le strutture permette una continua espansione dello spazio così come accade oggi e l'Universo è detto piatto; se Omega è minore di 1 significa che la quantità totale di materia non è sufficiente per permettere alla forza di gravità di agire fra le strutture e quindi il suo destino è un espansione eterna, l'Universo è allora aperto; se Omega è maggiore di 1, vale il discorso inverso, la massa totale cosmica presente è sufficiente ad innescare (in futuro) il meccanismo del collasso gravitazionale fino a ritornare ad una situazione analoga a quella del Big Bang iniziale (Big Crunch) e l'Universo è chiuso.
I fisici teorici prediligono un valore di Omega = 1, per una serie di ragioni che sono da ricercare nei modelli di formazione ed evoluzione del cosmo oggi più accreditati. Infatti, le conseguenze di un valore Omega = 1 sono che l'Universo è piatto e la geometria che lo descrive è quella euclidea. Tenendo presente che alcune considerazioni teoriche (si veda la pagina su inflazione), alcuni studi su dati osservativi (si veda la pagina che descrive l'importanza cosmologica dell'analisi della struttura a grande scala) e ultimamente i risultati di Boomerang sembra confermino questo valore, è necessario che i contributi a Omega provenienti dai diversi "tipi" di materia cosmica esistenti diano, sommati tra loro, proprio 1.
Misurando il contributo al parametro di densità dato dalla materia luminosa, e quindi visibile, si ottiene Omegamat.visibile = 0.05, che, come si vede, è un valore decisamente al di sotto della soglia data da 1. Allora un quantitativo cospicuo di materia deve essere invisibile; in realtà non sembra che ci siano evidenze sperimentali che giustifichino un valore di molto superiore a Omegamat.oscura ~ 0.35. Il restante 70% di massa sembra sia costituito da quella che alcuni scienziati chiamano energia oscura forse dovuta alla presenza della costante cosmologica Lambda, un famoso numero introdotto da Einstein nelle sue equazioni per ovviare ad un "inconveniente" (allora di difficilissima gestione): l'espansione dell'Universo.
La costante cosmologica dal punto di vista fisico è infatti una forza che "frena" l'espansione cosmica e, data la sua scomodità, da quando è comparsa lo scopo principale dei fisici è stato quello di dimostrare che sia uguale a 0. Il problema è che recentemente ci sono prove abbastanza convincenti (per, esempio lo studio delle esplosioni di quelle stelle denominate Supernovae di tipo Ia) del fatto che questo numero non sia nullo, ma che anzi contribuisca al valore del parametro di densità per un fattore dell' ordine do 0.6, 0.7. Esattamente quanto manca per raggiungere Omega = 1.
Dove si trova la materia oscura?
La maggior parte degli astronomi è concorde nel ritenere che esiste materia oscura intorno ai nuclei delle galassie, in un alone che si estende per circa il doppio delle sue dimensioni visibili. Questo accade per esempio anche nella nostra galassia, la Via Lattea, dove le Nubi di Magellano, due nostre galassie satellite di forma ellittica contenute nell'Emisfero Sud, hanno un moto influenzato dalla presenza dell'alone di materia oscura, tanto che è possibile ritenere che esso si estenda per oltre 30000 anni luce al di là di esse.
In generale possiamo dire che dove c'è materia visibile, c'è anche un certo quantitativo di materia oscura. Il problema è che se ci fossero sistemi celesti dove sia presente soltanto materia oscura, sarebbe impossibile individuarli direttamente a causa della loro invisibilità; possiamo solo sperare che siano vicini a sistemi visibili in modo da poterne osservare gli effetti su di essi. Ne consegue che il quantitativo di materia oscura dovuto a questi sistemi ci è del tutto sconosciuto.
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